Il risultato come conseguenza, non come obiettivo: Dionisi e Zanetti indirizzano la B
ALESSIO DIONISI PAOLO ZANETTI – Sentenziare a marzo non è mai cosa giusta, ergo non bisogna deteriorare l’opinione portandola verso l’esagerazione. Detto ciò, opinare è legittimo e spesso necessario in un mondo che ha paura del confronto nonostante i mezzi a disposizione permettano di dibattere e accrescere il proprio bagaglio culturale e, in questo caso, […]
ALESSIO DIONISI PAOLO ZANETTI – Sentenziare a marzo non è mai cosa giusta, ergo non bisogna deteriorare l’opinione portandola verso l’esagerazione. Detto ciò, opinare è legittimo e spesso necessario in un mondo che ha paura del confronto nonostante i mezzi a disposizione permettano di dibattere e accrescere il proprio bagaglio culturale e, in questo caso, calcistico. Il core della seguente analisi è questa: l’Empoli e il Venezia sono le squadre che, per rendimento e proposta, meritano di condividere la medaglia d’oro dell’interesse in questa Serie B.
Due compagini con un organico giovane (uno, quello dell’Empoli, è il più giovane della Serie B con appena 24,7 anni di età media, come segnalato da Transfermarkt) e la freschezza cognitiva e attitudinale che le idee generano quando implementate con ritmi elevati. Non ce ne vogliamo le rispettive dirigenze, sapienti nei progetti e convinte nelle scelte, ma ci focalizzeremo sugli architetti di codeste bontà calcistiche: Alessio Dionisi e Paolo Zanetti.
I percorsi di questi due allenatori sono simili (ma non uguali): sono stati calciatori, hanno appeso le scarpette al chiodo e impugnato fischietto e lavagnetta. Dionisi è partito dalla D, Zanetti dalla C. Si sono conosciuti, affrontati e stimati in terza serie (Girone B: Dionisi arrivò terzo con l’Imolese, Zanetti sesto con il Sudtirol dove, tra l’altro, allenava Nicolò Casale, difensore ora in forza all’Empoli del collega Dionisi), per poi ritrovarsi in cadetteria con più esperienza e consapevolezza ma negando qualsiasi compromesso e patto per ridimensionare le proprie idee.
Due squadre, Empoli e Venezia, dotate di peculiarità ma con un’analogia che brilla per magnificenza: la volontà di proporre. I modi per fare ciò possono e devono variare, dato che le grandi squadre sanno che lavoro, analisi e responsabilizzazione portano a dover interpretare il gioco invece che codificarlo, ma le fondamenta sono solide sia per i toscani che per i lagunari. Dionisi e Zanetti sono due allenatori che valorizzano il materiale umano a disposizione e offrono spunti di riflessione. L’Empoli è meritatamente al primo posto e sta dimostrando (esempi sparsi) che una prima punta come Moreo può essere un ottimo trequartista, che Bajrami è un fulmine dal fragoroso talento e che il talento non conosce gabbie, motivo per il quale un giovane come Parisi può brillare ai vertici della cadetteria nonostante la prima esperienza.
Alessio Dionisi nella passata stagione si è fatto apprezzare proprio in quel di Venezia, preso dopo il ripescaggio e portato all’undicesimo posto con cinquanta punti. È romantico e allo stesso tempo razionale, in virtù della continuità dettata dai vertici del club, che il testimone sia stato raccolto proprio da Paolo Zanetti, che ha trovato la serenità e la solidità probabilmente mancata in quel di Ascoli, dove ha debuttato su una panchina in Serie B. L’allenatore classe ’82 ha alzato l’asticella dell’ambizione, elevato i rendimenti di diversi calciatori in rosa e, con l’attuale secondo posto, regalato la possibilità di sognare, che non è mai una fattispecie negativa indipendentemente dall’esito.
Due allenatori che stanno mostrando, settimana dopo settimana, un punto di rottura metodologico che una parte dell’opinione settoriale fatica ad accettare come tale: il risultato come conseguenza e non come obiettivo. Non è detto che questa sia la verità, dato che nel calcio quest’ultima non esiste, ma è errato negarne la profondità: creare un’identità, comunicare in una certa maniera con i calciatori, trasmettere principi di gioco e non codifiche che ripudiano alternative, vuol dire strutturare un gruppo coinvolto nel progetto e armato degli strumenti necessari per andare in campo e applicare tecnica, movimenti e relazioni tali da scombussolare le strutture difensive avversarie. In quest’ultima asserzione non c’è scritto vincere, perché ragionare con quest’unico mantra alla lunga può logorare, generare tossine, dilapidare il percorso e diventare un fattore ansiogeno quando il tabellino non dà le risposte sperate.
Creare vuol dire superare questi dogmi e, ancora una volta, gli esempi arrivano dai due allenatori qui citati. L’Empoli ha ritrovato il successo sul campo della Reggina dopo cinque pareggi consecutivi, ruolino che avrebbe potuto scombussolare menti e piani se non ci fosse stato il sacro fuoco dell’identità ad alimentare la percezione che il momento fosse solo passeggero, anche (se non soprattutto) in virtù di prestazioni che mai sono mancate. Stesso dicasi per il Venezia, che dal 14 dicembre (trionfo contro la Reggina) ha dovuto attendere il 23 gennaio per gioire nuovamente a seguito di una vittoria (contro il Cittadella). Nel mezzo 6 incontri senza raccogliere i tre punti, la zona playoff vacillava ma Paolo Zanetti si esponeva con la stampa rivendicando nel tragitto compiuto le risposte a chi palesava incertezze.
Lo status quo, come detto, recita Empoli al primo posto e Venezia al secondo: la Serie B ha insegnato che non esistono allori, bisogna rimettersi in discussione giorno dopo giorno ed eventualmente accettare la fatica di un periodo in attesa della venuta di settimane migliori. Empoli e Venezia non rinunceranno mai a sostenere le proprie idee. Vedere per credere.