Pordenone, l’ex Burrai: “Mi sarebbe piaciuto chiudere la carriera in neroverde. Ora la salvezza è troppo importante”
BURRAI PORDENONE SALVEZZA – L’ex capitano del Pordenone Salvatore Burrai ha rilasciato una lunga intervista al Messaggero Veneto in cui ha toccato temi legati al passato e al presente della società neroverde. “A Pordenone ho vissuto i migliori anni della mia carriera. Sono e sarò un tifoso dei ramarri. Che si salveranno: si affidino a Tesser e al gruppo storico. […]
BURRAI PORDENONE SALVEZZA – L’ex capitano del Pordenone Salvatore Burrai ha rilasciato una lunga intervista al Messaggero Veneto in cui ha toccato temi legati al passato e al presente della società neroverde.
“A Pordenone ho vissuto i migliori anni della mia carriera. Sono e sarò un tifoso dei ramarri. Che si salveranno: si affidino a Tesser e al gruppo storico. Nel 2018 avevamo gli stessi punti che hanno i neroverdi ora e dovevamo giocare con la Fermana. Il presidente Lovisa si rivolse a noi “vecchi” e disse: “Ora mi dovete tirare fuori da questa situazione”. Se avessimo perso, quel giorno, saremmo stati risucchiati nella zona calda. Dopo 2’ segnai l’1-0. Fu uno dei miei gol più belli. Vincemmo 2-0 e ci avviamo verso la permanenza in categoria. Fu un momento difficile, ne uscimmo fuori.
Nel 2016 ero reduce da una stagione col Siena in C. Ero in Sardegna e mi chiamò il mio procuratore, Matteo Roggi. Mi disse che il progetto era serio e l’allenatore, Tedino, giocava un calcio propositivo. Onestamente non conoscevo né la piazza, né il mister. Atterrai all’aeroporto di Venezia in una giornata caldissima, arrivai al De Marchi e la situazione era la stessa. “Dove sono finito?”, mi chiedevo. Ma dopo aver visto il centro sportivo, parlato con il mister e con la società, firmai e capii di aver fatto la scelta giusta.
Come squadra sfiorammo la promozione in B. Perdemmo la semifinale col Parma, nel modo in cui tutti sanno. Se fossimo saliti, con la stessa squadra, avremmo fatto benissimo anche tra i cadetti. Giocavamo benissimo ed eravamo un grande gruppo. Per tanti che non rimasero quello fu un treno perso. Io, con altri, continuai nella mia avventura. Posso dire che ci siamo tolti grandi soddisfazioni.
Ho sfiorato le 150 presenze ma è come se ne avessi disputate di più. Mi sentivo un punto di riferimento. E non ho mai giocato così a lungo in una piazza. La partita con la Giana, quella che ci diede la B, è ancora indimenticabile. Fu il picco di un processo di crescita. Partiti per fare un buon campionato, vincemmo a mani basse. Ora il Pordenone deve rimanere tra i cadetti. È un aspetto troppo importante per il club e la sua storia.
Basta affidarsi a Tesser e al gruppo storico per salvarsi. Il mister ha esperienza e ti fa stare bene. Ragazzi come Stefani, Misuraca, Bassoli, Barison e Ciurria, lo dicono i numeri, sono in neroverde da tanto e sanno cosa vuol dire lottare per quella maglia. Non bisogna farsi prendere dal panico: cinque punti di vantaggio sui play-out con una gara da recuperare sono un buon vantaggio. Manca lo sprint finale, con qualche vittoria si è salvi.
La mia idea era di chiudere la carriera in neroverde, poi sono state fatte altre scelte e lo dico col sorriso, senza polemica. Ringrazierò per sempre la famiglia Lovisa che mi ha dato la possibilità di rilanciarmi come calciatore. Il mio legame con la città, con i tifosi è sempre forte, altrimenti non avrei fatto certe scelte. Non so se tornerò a vivere per sempre lì, l’idea per ora è di farlo a fine carriera e per un periodo. Qui a Perugia ho ancora altri due anni di contratto, mi sento bene e voglio continuare a giocare.”