Empoli, Mancuso: “In questa società c’è una grande cultura del lavoro, i giocatori se ne vanno da qui migliorati”
MANCUSO EMPOLI – Leonardo Mancuso, attaccante dell’Empoli, si è raccontato alla Gazzetta dello Sport. Ecco le sue parole: «Cresciuto nel Milan, e con un passaggio alla Juve, non ha mai giocato in A, ma la gavetta gli è servita. Vero, perché è qualcosa che ti forma, se parti dal basso hai soltanto da imparare. Sto […]
MANCUSO EMPOLI – Leonardo Mancuso, attaccante dell’Empoli, si è raccontato alla Gazzetta dello Sport. Ecco le sue parole:
«Cresciuto nel Milan, e con un passaggio alla Juve, non ha mai giocato in A, ma la gavetta gli è servita. Vero, perché è qualcosa che ti forma, se parti dal basso hai soltanto da imparare. Sto facendo una crescita graduale, sono partito dai dilettanti e spero di arrivare in alto. Certo c’è chi ci è arrivato molto prima di me. Nessun rimpianto o invidia, si tratta di due situazioni diverse: ho fatto 10 anni di settore giovanile col Milan ma non ero pronto per la prima squadra. E la Juve è stata un’operazione di mercato: mi ha comprato dal Pescara per poi cedermi all’Empoli. Balotelli? Questa è una categoria tosta, difficile. Ma lui resta un valore aggiunto».
«Covid? E’ capitato anche ad altre squadre, non è un alibi. Però ci ha dato ancora più forza. Record personale a 19 reti col Pescara. Mancano 5 partite, compreso il recupero. Se vado avanti con questa media ce la posso fare. Il record è merito dell’effetto Zeman che l’aveva allenata l’anno prima? Direi di sì, Zeman è un maestro di calcio, mi ha insegnato molto. Sul ruolo. Ho cominciato a spostarmi al centro con Pillon al Pescara. E mi trovo bene. La filosofia dell’Empoli è un vantaggio anche per un allenatore nuovo che ritrova il suo modo di lavorare. Sfida a Coda? Non è una priorità, ma ci provo. E non dipende solo da me. Coda è più centravanti, io mi muovo più in orizzontale. Modello? Roberto Baggio da quando sono bambino, per la sua storia, il suo carisma. Ma ho tanti modelli».
«Empoli terra di grandi attaccanti, come Montella, Di Natale, Tavano. C’è qualcosa nell’aria che fa segnare tanto? Più che di aria, parlerei di cultura del lavoro, di società organizzata. I giocatori se ne vanno da Empoli migliorati. Sono 27 gare senza perdere: il segreto? Dionisi ha alternato tutti, si è creata una forte identità di gioco, ma non solo. Costruzione dal basso? La facciamo ma con giudizio. Gol più bello? A Ferrara: sono scattato sulla destra, mi sono accentrato segnando col sinistro a giro. All’Entella ne ha segnati 4 gol in 14’ e 32 secondi. In campo non me ne sono reso conto, ho capito dopo. I difensori più forti? Quelli dell’Empoli…».