Brescia, l’umiltà di essere una riserva: Nikolas Spalek
SPALEK BRESCIA – Il ruolo di riserva che gioca col contagocce non deve essere di certo una piacevole esperienza per un professionista, tuttavia il bene di un tifoso, del Mister e di tutto l’ambiente non dipende dai minuti giocati. L’essenziale è quello che metti in quegli sprazzi di gioco. Il riferimento non può che essere […]
SPALEK BRESCIA – Il ruolo di riserva che gioca col contagocce non deve essere di certo una piacevole esperienza per un professionista, tuttavia il bene di un tifoso, del Mister e di tutto l’ambiente non dipende dai minuti giocati. L’essenziale è quello che metti in quegli sprazzi di gioco. Il riferimento non può che essere a Nikolas Spalek, attaccante slovacco del Brescia, matchwinner del derby contro la Cremonese.
Prelevato nella stagione 2017/2018 dal campionato slovacco, il ragazzo si appresta a vivere la sua quinta stagione con le Rondinelle. Già dall’anno scorso il suo minutaggio è calato (1520′ divisi in 27 presenze, 2 gol e 3 assist) rispetto agli anni precedenti, ma Nikolas ha sempre risposto presente. Lo dimostra la straordinaria voglia con cui è entrato in campo contro i grigiorossi, decidendo la sfida nel momento clou: palla vagante in area calamitata sul destro e conclusione chirugica a battere il portiere. 1-0 finale e Rigamonti in festa.
Ancora più di impatto sono state le sue parole nel post-partita: “Cerco di fare sempre bene: stare fuori fa parte del calcio. Il lavoro duro ripaga sempre. So di avere il contratto in scadenza, ma sono cose che devono risolvere la società e il mio procuratore. Il campionato è ancora lungo, dobbiamo giocare partita dopo partita e crescere step by step. Quando sono arrivato a Brescia quattro anni fa ero esterno, poi Corini mi ha provato trequartista e sono diventato fisso in quel ruolo”. Tralasciando il resto, Nikolas dice che stare fuori fa parte del calcio, ma non bisogna abbattersi: il lavoro duro ripaga sempre. Aggiungendo poi che nonostante il contratto in scadenza, viene prima di tutto il Brescia, il gruppo, i compagni.
Il caso di Spalek, testimonianza di un professionista esemplare e di una persona seria, legata alla maglia che indossa, porta a tanti altri esempi, tra cui quelli di Samuel Castillejo e Danilo D’Ambrosio (decisivi in Milan-Hellas Verona e in Empoli-Inter).
Lo spagnolo, decisivo nella rimonta contro gli scaligeri con un rigore e un autogol procurati, ha messo a tacere i tanti insulti – anche gravi – piovutigli addossi per la mancata partenza estiva. Non si è dato per vinto e nonostante il ruolo marginale e le briciole concessegli, ha fatto ricredere uno spicchio di tifosi, lottando come un indemoniato su ogni pallone e scoppiando alla fine in un pianto liberatorio. Queste le sue parole, sicuramente significative: «Le mie lacrime dicono tutto per il periodo che ho passato e sto passando. Sono un ragazzo a cui piace lasciare l’anima in campo. Ieri non mi voleva neanche mia mamma e oggi posso esultare con i tifosi a casa mia».
Non da meno l’esempio portato dal difensore partenopeo dei nerazzurri che, proporzionalmente al povero minutaggio complessivo, risulta spesso decisivo anche in zona gol. Sua la rete che ha dato il vantaggio all’Inter qualche giorno fa al “Castellani”. Poi Danilo è corso ad abbracciare Dumfries, sfortunato protagonista contro la Juventus. Ai microfoni di DAZN, al termine del match, ha spiegato il suo momento: «Questa prestazione è la risposta di un giocatore che si allena sempre ed è a disposizione del mister. Dedica a Dumfries? Abbiamo raggiunto certi risultati ragionando con il noi, non con l’io. Non lasciamo nessuno indietro».
Ecco, questi pensieri racchiudono il sacro valore del calcio. Il “Noi” è più importante dell’Io e spesso una riserva può decidere un campionato. Il calcio ha bisogno di professionisti seri e umili come Spalek, Castillejo e D’Ambrosio.