Pordenone, il presidente Lovisa: “Il mio messaggio non era rivolto agli ultras, ma agli assenti”
LOVISA PORDENONE MESSAGGIO – Continua il botta e risposta tra Mauro Lovisa, presidente del Pordenone, e i tifosi neroverdi. Dopo che il numero 1 della società si era lamentato per la scarsa affluenza di spettatori allo stadio, gli ultras dei Ramarri hanno replicato chiedendo rispetto per chi sostiene da sempre la squadra. Lovisa, tramite un messaggio pubblicato sul sito ufficiale del […]
LOVISA PORDENONE MESSAGGIO – Continua il botta e risposta tra Mauro Lovisa, presidente del Pordenone, e i tifosi neroverdi. Dopo che il numero 1 della società si era lamentato per la scarsa affluenza di spettatori allo stadio, gli ultras dei Ramarri hanno replicato chiedendo rispetto per chi sostiene da sempre la squadra. Lovisa, tramite un messaggio pubblicato sul sito ufficiale del club, ha voluto precisare il destinatario della propria lamentela, sottolineando come la parte di tifoseria più calda non fosse assolutamente inclusa nel suo discorso.
Ecco di seguito il testo integrale con le dichiarazioni del presidente neroverde:
“Nessuno manca di rispetto o mette in discussione i tifosi neroverdi che ci sono sempre. Ho chiamato e chiamo in causa, invece, gli assenti. Non capisco perché i nostri ultras, e mi dispiace molto di ciò, si siano sentiti destinatari delle mie dichiarazioni post Brescia. Loro, il fanclub e gli altri sempre presenti, parliamo in questo momento (purtroppo) di 200-300 persone, sono da considerarsi dei “nostri”: hanno sempre dimostrato la loro fede neroverde, anche in trasferta. Tutti gli altri – e l’ho già evidenziato nelle scorse settimane – dovrebbero unirsi o riunirsi a loro, tifare insieme. E invece dove sono queste persone, teoricamente – visto il nostro storico di crescita passata e anche al netto di quelli propri impossibilitati a seguirci da logistica o età – alcune migliaia? Ben a loro mi riferivo, in un ragionamento generale in cui tanti di quelli che erano dei nostri o si dichiaravano tali sono letteralmente “scappati”, prima perché si gioca a Lignano (e magari a Udine erano sempre presenti) e subito dopo per i risultati di una stagione sì difficile, ma non certo iniziata oggi e che avrebbe meritato ben altra partecipazione. È nelle difficoltà che una fede si deve fortificare e consolidare, dimostrando attaccamento alla maglia e ai colori. Quella maglia che devono indossare e onorare non solo i calciatori, tecnici e i presidenti, ma anche i tifosi per potersi definire tali. Troppo facile e comodo criticare, pontificare o addirittura complottare nei bar, reali o ancor peggio virtuali, nascondendosi magari dietro pseudonimi social. Questi – gli assenti – hanno e avranno sempre torto. La squadra, che vinca o perda, va sempre sostenuta, tifata e anche criticata, a fine partita, se non si ritiene abbia dato tutto. Ma allo stadio, dalla curva, dopo averla incitata. Che titolo hanno di parlare gli assenti? La Serie B è un bene preziosissimo e “nuovissimo” per il Pordenone Calcio (3 anni in 101 anni di storia): oltre che sul campo, la categoria va difesa (è tuttora la nostra) anche sugli spalti. Anche se non a Pordenone, dove sappiamo perché oggi non possiamo giocare. Se chi quest’anno si è “abbonato” al divano o ai social fosse stato presente allo stadio qualche punto in più l’avremmo probabilmente fatto. Si badi bene: non è assolutamente un alibi per la squadra – che da gennaio in poi, comunque, se l’è giocata sempre a testa alta con tutte, corazzate comprese – e per la Società, che ha ammesso a più riprese i propri errori, ma una legittima constatazione dopo che il nostro progetto tanto ha dato al territorio, sul piano sportivo come su quello sociale”.