Brescia, Cellino: “Il club non rientra nella mia vicenda giudiziaria. Su Clotet…”
CELLINO BRESCIA – Massimo Cellino, presidente del Brescia, ha parlato nel corso di un lungo incontro alla stampa bresciana. Di seguito le sue parole riprese da bresciaingol.it. “Inizio la 32esima stagione da presidente nel calcio. A Cagliari dopo le salvezze dovevamo trovare sempre stimoli nuovi con campagna abbonamenti, rilanci, progetti ecc. Ora la ricominciamo dopo […]
CELLINO BRESCIA – Massimo Cellino, presidente del Brescia, ha parlato nel corso di un lungo incontro alla stampa bresciana. Di seguito le sue parole riprese da bresciaingol.it.
“Inizio la 32esima stagione da presidente nel calcio. A Cagliari dopo le salvezze dovevamo trovare sempre stimoli nuovi con campagna abbonamenti, rilanci, progetti ecc. Ora la ricominciamo dopo un finale di stagione ottimo, anche se resta un po’ di amaro in bocca per una mancata promozione che ci ha fatto indispettire. Inizio ad avere una certa età, ogni giorno mi arrivano brutte notizie, ma a volte le brutte notizie possiamo farle diventare positive, anche perchè bisogna pur sopravvivere. Ora ripartiamo. La squadra tranne 1-2 elementi è già ultimata. Non avevamo uscite da fare, le altre squadre si ed è per questo che sono bloccate prima di fare le entrate. Avevamo un piano A e un piano B. Volevamo tenere quelli che ci interessavano, gli altri non sono stati confermati per un motivo o l’altro. I due anni di Covid sono stati da incubo, ma quest’anno in A sarà anche peggio: giocheranno 9-10 partite poi si fermano due mesi e poi di nuovo ci saranno partite concentrate. Quindi quasi è meglio fare la B, giochiamo una volta alla settimana e abbiamo solo quattro infrasettimanali. Dopo tanto tempo non mi sembra vero, finalmente un campionato normale. Avremo qualche nuovo giocatore che ci può supportare con un modulo che conosciamo. Ripartiamo con ottimismo. L’ anno scorso mi hanno dato 8.5 per il mercato e io toccavo ferro per non dire altro, solo durante il campionato ci si accorge che squadra hai. Oggi sono solo parole e approssimazioni. L’anno scorso dicevano che era un campionato combattuto, io dico che è stato mediocre. Nessuna si è mai staccata: 10-12 squadre hanno lottato per la promozione. Il primo anno quando vidi mezza amichevole dissi “speriamo non ci facciano retrocedere in D per come era la rosa. Quella salvezza è stata l’impresa più grande”.
Cosa si rimprovera di questi anni?
“Si poteva fare meglio, ma anche peggio. L’anno che siamo retrocessi abbiamo tenuto giocatori importanti, ma tra infortuni e defezioni stavamo per andare giù. Ripercorrere i campionati, mi aiuta a programmare il prossimo”.
Con questo mercato diverso dagli altri anni ha cambiato filosofia cambiata o sta tirando i remi in barca per ridimensionare e vendere la società? Il suo progetto è ancora come l’aveva pensato?
“All’inizio stavo molto in ufficio poi col Covid sono diventato più presente. Non è un ridimensionamento. L’anno scorso non sono riuscito a fare quello che volevo forse per poca chiarezza. La dimensione del Brescia è come quella del Cagliari: o ci formiamo i giocatori da soli o non so come altro fare. L’anno scorso c’è stata la cessione di Tonali, ma abbiamo sprecato quello che abbiamo incassato, creando confusione, quei soldi non sono stati spesi bene. Ora c’è un Cellino più oculato. Il denaro va speso bene. Accendiamo la televisione e sentiamo parlare di bollette care, riscaldamenti accesi quando c’era la casa vuota, io accendo solo se serve. Mia mamma mi metteva la borsa dell’acqua calda per riscaldarmi. Non dormo con l’aria condizionata, questo non si chiama tirare i remi in barca. Io lo chiamo non sprecare. I proclami fatti in passato sono stati sbagliati, sarebbe stata meglio qualche corsa in più. Questo calcio di serie B mi ha insegnato che tra play off e play out ci sono cinque punti. Brescia merita la A, anche se ha fatto più B di tutti. Un giorno si può tornare in A, ma solo costruendo una casa solida. Basta casa posticce. La concretezza è la mentalità dei bresciani, Corini mi diceva che i bresciani si alzano e lavorano duro, il lavoro paga e io sono orgoglioso di far parte di questa città. L’anno scorso la gente non è stata attratta dal gioco anche se c’erano i risultati. La squadra di quest’anno per me è più forte dell’anno scorso, nell’ultimo campionato le punte hanno segnato 6 gol, se Ayè e Bajic ne avessero fatti 10 a testa non avremmo fallito la stagione. Abbiamo buttato 10 milioni per giocatori che non hanno mai giocati”.
Un giorno ci disse che il suo programma a Brescia era decennale, è ancora così? Non pensa di aver sprecato soldi ed energie cambiando continuamente allenatori e direttori sportivi?
“Lo vorrei centenario questo programma, ma non voglio fare come certi politici… Sono stati fatti sprechi con gli allenatori, l’anno scorso ne abbiamo pagati cinque. Di errori ne ho fatti tanti, troppi. Non do colpe a nessun altro se non a me. Per quello non mi presentavo alla stampa, avevo imbarazzo. Pensavo che qualche allenatore trovasse da allenare dopo gli esoneri e invece non è stato così. La moglie di Mazzone mi diceva “se lo porti a Cagliari presidente, che altrimenti mi spacca la casa”. H pagato allenatori e assistenti e guardando quei numeri dico che ho buttato soldi. Magari tornando indietro non ne prenderei qualcuno o partirei dalla fine. Quando ho visto che arrivava il burrone ho cercato di frenare. Dove trovate un presidente che si prende la responsabilità di cambiare un allenatore che era primo o secondo? Fu un senso di responsabilità. Con Inzaghi avevamo due visioni diverse. Ci siamo capiti male. Sapevo che le responsabilità mi avrebbero esposto al massacro. So che molti non comprendono, ma se faccio il presidente devo prendere anche decisioni sofferte per il bene della società. Io meno penso e meno sbaglio”.
In quali ruoli state cercando ancora per rinforzare la squadra? Ci sono belle novità dalla Primavera?
“La Primavera ha fatto risultati e così anche altre squadre giovanili, ma al di là del risultato bisogna formare i calciatori. A volte bisogna sacrificare dei risultati per far crescere i giocatori. Se non lo facciamo nel settore giovanile, come facciamo a farlo in prima squadra? La ha Primavera fatto un bel risultato, ma nessuno ha mai giocato in prima squadra e hanno perso un anno. Qualcuno ha anche giocato fuori ruolo”.
Per lei sono momenti pesanti anche per vicende extra giudiziarie, la stanno condizionando nelle scelte? Ha mai pensato di mettere in vendita la società?
“Dal 2020 a oggi per me sono stati anni pesanti, non li elenco perchè sarebbe molto elaborato e triste. Meglio che non faccia trasparire le mie tristezze, non posso nemmeno permettermi il lusso di ammalarmi. A volte ho avuto l’istinto di nascondermi e scappare, ma sono riuscito a combattere. Mi hanno provato questi anni, ma il Brescia calcio non appartiene ai miei problemi fuori dal calcio. Siamo una società sana, siamo ricchi perchè non abbiamo debiti se non una parte della vecchia gestione, abbiamo sempre rispettato i nostri impegni. Come imprenditore ho la coscienza a posto. Soffro, ma non posso portare i miei stati d’animo svendendo il Brescia. Farei un danno a tutta la città. Non ho mai pensato di scappare. Vado ogni giorno al lavoro con la massima positività. Sono indagato per una cosa che non ho commesso, mi difenderò come farebbe ogni cittadino. Ma non dovete preoccuparvi, il Brescia sta bene. Non ho urlato “porto la squadra al sindaco” sono qui e ci metto la faccia, mi trovate in Via Solferino 32. Non voglio imbarazzare i bresciani con relazioni poco oneste: non l’ho mai fatto e non lo farò”.
Ndoj è di nuovo un giocatore del Brescia?
“Gli ho fatto il contratto mezzora fa (era scaduto, ndr). Dopo il Covid ha avuto problemi personali, questo virus ha toccato la psiche delle persone. Ora sta meglio, ma starà davvero bene solo quando prenderà la patente, altrimenti non ci parlo più. Può essere un giocatore importante. Siamo qui per aiutarlo per tornare ad alti livelli, se c’è una possibilità è qui, a casa sua”.
Cosa si aspetta da Clotet?
“Quest’anno almeno so con che modulo giochiamo, Clotet alcuni giocatori li conosce già, meglio averne pochi, ma buoni: 28 che fanno confusione non vanno bene. Dopo il ritiro faremo un’altra scrematura”.
Ma il Brescia è in vendita?
“Ho comprato il Cagliari e poi l’ho venduto, ho preso il Leeds e l’ho risanato. Brescia non è nelle condizioni devastanti del Leeds, ma era in difficoltà. A me piace risanare le aziende, ho lavorato tanto, ora inizio a vedere i giusti collaboratori e quindi voglio godermela questa azienda. Ho fatto tanti errori, ma sempre per il bene del club, per la sua sopravvivenza. Se devo andare in pensione me lo deve dire il calcio, mi metto in discussione ogni giorno. Non ho intenzione di svendere. C’è stato qualche corvo o sciacallo che ha cercato di prendere il club, un paio li ho visti girare e penso anche voi. Non mi auguro mai che il Brescia finisca in mano a certi condor. Cagliari e Leeds li ho ceduti in mano a persone serie. Non sono uno che deve scappare di notte. In questi anni ho fatto tanto, ma non avevamo nemmeno un ufficio. Ora faremo una bella sede qui al campo di Torbole, una Club House con un ristorante per far entrare tutti e stare insieme. Per fare questa casa ho subito denunce e indagini”.
Pensa ci sia poca gente allo stadio?
“Non lo penso. La gente viene se c’è uno spettacolo. Gli spettatori non vengono con il fantacalcio. I bresciani sono responsabili, li vedo migliorati, più vicini alla squadra. Vedo cultura e civiltà. Voi vi apprezzate molto meno di quanto potreste. Brescia cerca la serie A, il nome, ma ci sono io, potevo essere da altre parti, ho vissuto nelle città più belle, ma se sono qui è perchè vedo la vostra serietà e laboriosità. Sarei onorato se venissi ricordato come un presidente che dice che Brescia merita molto di più e che riesce ad ottenerlo. Voi non avete bisogno di titoli, ma di articoli”.
Al Rigamonti si può fare ancora qualcosa per migliorarlo?
“Il Comune è disposto ad affrontare il problema. Ne abbiamo sussurrato… Per la categoria che sogniamo sono fondamentali i progetto. Avevo progetti anche per rifare la tribuna, era tutto pronto, vorrà dire che rimandiamo di un paio di mesi. Covid e inflazione che galoppa non aiutano, ma il mondo è stato peggio anche di oggi, io nel 1986 rientravo dall’Australia dopo 5 anni di emigrato, ero già vecchio… Non era facile. Quando c’è inflazione i soldi vanno solo alle banche, vuol dire che c’è più domanda che offerta. Bisogna lavorare e pagare le tasse. Il Rigamonti è già più bello di quando l’ho preso. Ora piove in tribuna e bisogna intervenire, lo faremo e faremo anche una nuova sala stampa, in modo che siate più comodi. Il Comune credo sia felicissimo di questi lavori che faremo”.
Riuscirà a portare fino alla fine della stagione un allenatore?
“Il mio sogno è portarlo avanti per anni. Ci sono riuscito con Mazzone e Allegri poi sono andati a Roma e Milan. Se trovi equilibrio con un allenatore poi te lo portano via. Mi sono fatto psicanalizzare sugli allenatori, ho capito che è un trauma di anni. Un volta ho tenuto un allenatore per il pubblico e si sono creato disastri. L’errore non è quando mandi via l’allenatore, ma quando lo prendi. Ora c’è Pep, ma non è da solo: c’è un gruppo di lavoro con Sciuto, Gastaldello, Vitrani. Clotet si abbassa lo stipendio per accontentare suoi collaboratori. Lui viene dall’estero e ha concetti innovativi, anche noi dobbiamo fare qualcosa di diverso dagli altri. Pep è il calcio innovativo. Farà calcio con 18 giocatori a referto e non 23, con un lavoro fisico altissimo, poco video e poca tattica. Ho visto troppe cose così negli anni. Abbiamo snaturato il calcio in Italia con la tattica. Vedevo nello spogliatoio magliette non sudate, potevamo usarle una settimana. L’anno scorso siamo stati la squadra meno ammonita. Non ho nulla contro i gay, forse lo sono anche io, ma il calcio non è per signorine. Se il Perugia vinceva con noi andava in A per il lavoro che ha fatto e la determinazione se lo meritava proprio. Le squadre che mi sono piaciute di più sono state Frosinone e Perugia. Grosso e Alvini sono stati bravissimi”.
Ci fa l’identikit del suo allenatore ideale?
“Non c’è, come non c’è il presidente. Pensavo Lopez e invece no… Io cerco di trasmettere un senso di responsabilità. Pep è andato via perchè temeva di deludermi. Ha allenato alla Spal per 80.000 euro, qui guadagnava quattro volte di più. Certo che qualche lacuna ce l’ho anche io, sarei da camicia di forza se pensassi di non averne. Voglio bene a Pep, può darci un bel calcio. Gli allenatori soffrono le pressioni, qui a Brescia ce ne sono, nemmeno a Leeds cosi tante. Quando si va in campo con la paura diventa tutto più difficile. Non dico che non voglio andare in serie A, ma serve l’abito giusto, non bisogna andare in A per poi dover cambiare il guardaroba. Brescia merita la Champions League, ha mangiato tanto fango perchè non si sente tale e sbaglia”.
Ha sfidato la piazza con la “paura di vincere” nello slogan degli abbonamenti?
“Gli esami li passa chi li dà, è più facile passarli tutti insieme. Quello che incassiamo con gli abbonamenti in B non ci pago un giocatore, non è una questione economica, ma di sentirci vincenti. Siamo onorati di rappresentare Brescia, non sono i soldi che fanno la differenza. Se un giocatore è sbagliato sono il promo a rinunciarci. Daniele Conti l’ho aspettato 6 anni, Suazo 7, O’Neill, Francescoli, Deli Valdes, Dario Silva all’inizio non erano nessuno. Tanti miei colleghi presidenti lavorano in modo vecchio, per fare la serie A bisogna ogni giorno scoprire l’acqua calda. Brescia non può competere con Milan e Inter, ma con le altre sì. Quando torneremo in serie A sarà perchè è giusto. L’ anno scorso non è stata una stagione buttata del tutto. Huard, Karacic, Van de Looi, Bertagnoli hanno più esperienza, Bisoli sta acquisendo personalità da capitano come suo papà a Cagliari. Abbiamo Ayè e Olzer che speriamo stiano bene, Bianchi che può farci vedere belle cose: l’anno scorso l’ho preso proprio in prospettiva. Dovevo prendere Coda, 34 anni, con 7 anni di contratto? Allora riprendiamo anche Caracciolo… Spero che le incertezze si trasformino in certezze”.
Cistana è in vendita?
“Non abbiamo bisogno di fare uscite”.