25 Maggio 2023

Benevento, Vigorito: “Pensavo a Carli già qualche anno fa. Dobbiamo tornare ad essere una sana squadra provinciale”

Il pensiero del patron dei sanniti

Photo by Francesco Pecoraro/Getty Images - Via One Football

Oreste Vigorito, presidente del Benevento, ha rilasciato alcune dichiarazioni a margine della conferenza stampa di presentazione di Marcello Carli nelle vesti di direttore tecnico del club. Di seguito le dichiarazioni riportate da “Ottopagine.it”:

“Ringrazio Carli per la disponibilità data in maniera estremamente semplice. Siamo tornati a parlare una lingua che è la nostra, questo tipo di lingua sarà utilizzata – non solo da me per tutto l’anno – ma anche imparando da persone che negli anni hanno lavorato altrove. Mi auguro che tutti possiate dare la massima collaborazione per cominciare, non per ricominciare. Cominciamo con uno spirito nuovo, facendo tutti un esame degli errori che ci sono stati. Diamo una mano a questa società, questo pubblico e a questo direttore che ci ha messo la faccia e che mi auguro possa dare vita a un percorso bello e ricco di soddisfazioni. Quella di Carli è una idea già da qualche anno. Mi ha colpito una sua intervista, sono sempre stato curioso di conoscerlo. Pensavo di poter realizzare questa idea già da qualche anno, poi come al solito sono lento nel prendere le decisioni. Nelle ultime interviste ho dato delle spiegazioni e sono alla base del rapporto con il direttore: dissi che dobbiamo tornare a essere una sana squadra provinciale, dobbiamo ritrovare il piacere di ascoltare il rumore dei passi nei vicoletti. L’euforia della serie A, giustificatissima, l’arrembaggio al Benevento società solida ha causato una crepa nella diga. A un certo punto abbiamo dimenticato. La nostra discesa è cominciato quando abbiamo battuto la Juventus. Ho avuto modo di dire che amo il calcio della serie C perché è fatto ancora di valori e di ragazzi che hanno ancora il sogno di fare qualcosa di bello. Un giorno un uomo di calcio mi disse di prendere calciatori che non hanno soldi in banca, perché loro sognano di fare i soldi. Io sono uno dei responsabili di certe scelte. Negli ultimi tempi, a partire dall’anno dei record, ho smesso di fare il presidente, affascinato dal fatto di aver raggiunto certi risultati. Mi sono messo un po’ più dietro, sbagliando. Mi auguro di non fare più gli errori di prima. Carli è un uomo che ama il suo lavoro. Mi ha detto che pagherebbe per fare ciò che più gli piace e io faccio la stessa cosa perché mi piace e perché mi dà calore umano. Questo è un po’ mancato negli ultimi tempi. Dobbiamo fare gli spettatori, ma non possiamo sostituire Carli né chi verrà che credo sarà la scelta giusta. La stampa deve dare un grosso contributo, non dovete mentire per difenderci ma evitare di mentire per fare scoop”. 

“Il direttore tecnico è una necessità che avanzo da 17 anni, mettendo insieme i direttori della prima squadra e della seconda. Tutte le volte che è arrivato qualcuno, mi ha promesso che sarebbe andato nel settore giovanile senza farlo. Carli ha dato la sua disponibilità”. 

Dovremo scegliere l’allenatore il prima possibile. Le parole di Carli sono la garanzia della volontà di voler scegliere l’uomo giusto. Oggi la società è contenta di avere una persona che lavora dieci ore al giorno per preparare le cose da fare nelle altre dodici ore. Avremmo raggiunto l’accordo che Carli avrebbe cominciato il primo luglio, ma già sta qui. Non ha chiesto nulla. È una situazione che va affrontata adesso. La squadra la costruisce Carli di intesa con l’allenatore, parlandone anche con il presidente”. 

Non ho detto che non si può competere con i fondi, ma che si deve cambiare strategia. La presenza di oltre venti proprietà straniere dovrebbe far riflettere un po’. Il calcio non è un investimento. Mi fa sorridere questa cosa. Se facessi gli stessi investimenti nelle altre aziende che dirigo, non potremmo fare neanche l’Eccellenza. Dobbiamo investire nell’animo originale del calcio, entrando nella comunità della città che ci ospita, interpetrandone gli umori. È l’anima di una città che deve arrivare a un presidente di calcio. Una società dovrebbe togliere un calciatore di talento dalla squadra e crescerlo, portando poi ad avere uno zoccolo duro. Non possiamo fare i miliardari sul calcio perché non è un investimento. Io non faccio spettacolo, altrimenti mi divertirei a fare le opere dei pupi. Il calcio è comunità, partecipazione, solidarietà. Legato a una filiera che deve darli un futuro, nel calcio come nella scuola. Altrimenti non avrie ragazzi a convitto pieno da 17 anni. Bisogna costruire la fabbrica dei calciatori. Questa città può farlo, deve solo convincerli che anche quando la partita è brutta devono sudare la maglia. Qua se sudano la maglia e perdono è la stessa cosa. Agli atti c’è la volontà di fare una riforma del calcio. Se non si cambiano le regole di un sistema calcio che cammina sulla base di leggi vecchie da 30 anni, la competizione non ci sarà mai. Non perché gli altri hanno più soldi, ma perché ci sono interessi diversi. L’arrivo di dirigenti che rappresentano proprietà di cui non ne conosciamo la paternità, significa rompere il filo dell’anima. Questo toglie la regolarità”. 

“Non si arriva alla mia età se non capisci che colui che hai di fronte è un uomo o non lo è. Si fanno contratti perché hai capito che hai un rapporto di uomo, tecnico e di giovanile entusiasmo. A Perugia sono andato a prendere l’ultima umiliazione sportiva, era mio dovere. Riconosco a tutti il diritto di criticare, perché così ho il diritto di farlo anche io”.