10 Agosto 2023

ESCLUSIVA PSB – Maschio: “Reggiana ambiente con pochi eguali in Italia. Benevento? Ecco cosa potrebbe non aver funzionato”

Oggi allenatore, fino a pochi anni fa apprezzato centrocampista: parla Maschio

Più di quattrocento presenze tra i professionisti, che l’hanno visto competere dalla progenitrice C2 – prima che diventasse Lega Pro Seconda Divisione – alla Serie B, vissuta con la Salernitana dell’iconico Zdeněk Zeman. Antonio Maschio, oggi allenatore, ha giocato, vinto e convinto in tante piazze, dove ha costantemente lasciato un ricordo positivo ed energico, com’era il suo modo di intendere il calcio e il ruolo da centrocampista. Raggiunto in esclusiva dai nostri microfoni, il tecnico ha raccolto e ordinato una parte dei propri ricordi.

Antonio Maschio è oggi un apprezzato allenatore, con diverse esperienze in piazze dalla storia che riecheggia, ma in un passato non troppo lontano è stato un calciatore con tante e meritate presenze tra i professionisti. Numeri alla mano, il suo nome è legato alle cinque stagioni vissute con la Reggiana, che nella stagione oramai alle porte affronterà nuovamente la Serie B. Che ricordi ha di quel periodo?

“Ricordi indelebili. A Reggio ho conosciuto persone incredibili e lavorato per una società che, a mio avviso, meritava e merita la Serie B. Vedere la Regia nel campionato cadetto è motivo d’orgoglio. Ai miei tempi ci siamo andati molto vicini, partecipando per tre anni ai playoff senza però riuscire a staccare il pass per la B, questo è l’unico rammarico che ho di quell’esperienza”.

Lei in quegli anni aveva il punto di vista del calciatore, oggi quello dell’allenatore. Indossando quest’ultimo abito, come si lavora a Reggio Emilia?

“È un ambiente stupendo, caratterizzato da tifosi molto intelligenti, che capiscono i momenti. Devo essere sincero, con la Reggiana forse ho vissuto il mio unico capitolo da calciatore dove i campionati sono sempre stati positivi, dunque non ho praticamente mai sperimentato la convivenza con la piazza in momenti negativi. Detto ciò, ribadisco che il supporter della Reggiana è raziocinante, sa stare vicino alla squadra, cerca il confronto con tranquillità. Quello di Reggia Emilia è un contesto con pochi eguali in Italia e, ora che sono un allenatore, mi rendo conto di quanto ciò sia importante”.

Dopo la Regia, la compagine che ha maggiormente ospitato il suo talento è stato il Benevento. Altri tempi, l’inizio dell’era Vigorito, la stessa tradizione ma meno successi rispetto all’attualità, situazione che di conseguenza ha ulteriormente danneggiato gli umori per la retrocessione. Dall’esterno, ma forte della conoscenza della piazza e della proprietà, che impressione ha avuto dell’ultima annata?

“Questo, per me, è un tasto molto importante. Alla Reggiana ho vinto, dunque posso assorbire questa come parte della spiegazione dell’affetto provato nei miei confronti, mentre a Benevento non ho mai alzato alcun trofeo, eppure i tifosi stravedono per me, ed è un vanto che custodisco gelosamente, perché vuol dire è stato apprezzato quanto ho fatto in campo per questi colori. Vedere il Benevento in C mi porta alle lacrime, perché conosco la società e so il lavoro fatto per poter arrivare nelle categorie superiori. La proprietà è solida, ha disponibilità economiche importanti ma forse l’inesperienza di qualcuno ha fatto sì che il club non sia riuscito a stazionare per tanti anni ai vertici del calcio italiano. Noto che ci sono tifosi propensi a prendersela con Vigorito, quando secondo me è l’unica persona che non c’entra nulla con il crollo. Il presidente ha dato tanto al club e sta facendo ora sforzi ancora maggiori, purtroppo quando non metti persone competenti nei settori giusti puoi fare fatica. Forse il problema è stato questo, ma ovviamente bisogna vivere determinate dinamiche dall’interno per poter comprendere il tutto. Ad ogni modo, sono veramente triste per la doppia retrocessione”.

Mister, lei da calciatore aveva grande corsa e, al contempo, ottime possibilità tecniche, caratteristiche palesate dal fatto che abbia ciclicamente alternato i ruoli di centrocampista centrale ed esterno su entrambe le fasce. C’è, oggi, un calciatore della cadetteria nel quale si rivede?

“Non è una questione di scegliere un singolo elemento, perché le mie caratteristiche le rivedo in tanti calciatori, anche nelle categorie inferiori. Mi piace essere sempre aggiornato e capire, infatti mi capita spesso di vedere anche partite di Promozione, perché oggi è possibile che ci sia un salto da una categoria come questa alla Serie C. Il calcio è cambiato, prima per approdare tra i professionisti bisognava fare 3-4 campionati di D e guadagnare un certo status. A me piacciono tantissimo i giocatori che si inseriscono, come facevo io, e che hanno grande gamba. Modi di intendere e giocare che trasmetto anche alle mie squadre, dove soprattutto nei centrocampisti ricerco l’essenza del mio credo: inserimenti, corsa, personalità, ricezione del pallone anche con tempi di scelta ridotti, assunzione di responsabilità. Mi rendo conto, visionando tante partite, quanto mescolare tutto ciò ad alti livelli sia difficile e, tra l’altro, oggi si convive con dei casi in cui alcuni profili militano in categorie che non meritano. Pesco un esempio dal passato: Michele Menolascina, un calciatore che se giocasse adesso arriverebbe a fine carriera ad avere 300 partite in Serie A, dato che per caratteristiche e qualità oggi sarebbe un elemento importante della massima serie”.