ESCLUSIVA PSB – Reggiana, l’osservatore Ferrarello: “Goretti molto competente, il confronto con Nesta è quotidiano. Ecco la nostra metodologia”
L'osservatore della Regia in esclusiva ai nostri microfoni
Il folkore che accompagna il calcio, spettacolarizzato come ogni contenitore di pareri che alimenta il mondo, in determinate circostanze evita che il merito ascenda alla cima e sia elogiato per quello che è, ovvero ciò che realmente andrebbe premiato e applaudito. In un settore dalle dichiarazioni fumose, la preparazione con tante crepe e un’asticella della passione schiacciata, spesso spezzata, dall’intenzione di rivelarsi proni alle banalità e non estimatori dello studio, sono presenti delle piacevoli eccezioni, da scovare e salvaguardare perché celate dietro questa patina di superficialità dai più alimentata. Un discorso, quello appena fatto, che ci porta a Reggio Emilia, dov’è presente una gemma dello scouting del Belpaese, ovvero Tommaso Ferrarello, giovane osservatore al servizio della prima squadra della Reggiana, ma con diversi anni passati a studiare e sognare, con gli occhi e i pensieri orientati su tanti campionati e altrettanti (due, in particolare) continenti. Intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni, sono stati diversi gli argomenti toccati.
Il tuo percorso nel mondo del calcio è certamente capillare, dato che hai indossato diversi abiti, ma possiamo identificare il ruolo di osservatore come quello al quale hai dedicato gran parte dei tuoi studi. Ti va di sintetizzarci il percorso che ti ha portato a lavorare oggi con la Reggiana?
“Sono sempre stato un grandissimo appassionato di calcio, fin da quando ero bambino, ma ho iniziato a interessarmi al settore nello scouting in età adolescenziale, tra il 2014 e il 2015. Inizialmente avevo deciso di focalizzarmi su una nicchia ben precisa, l’Argentina, una zona di mondo che mi aveva ininterrottamente incuriosito ma di cui, in realtà, non sapevo quasi nulla. Sono stati tanti i calciatori provenienti da un Paese così lontano, tra l’altro capaci di lasciare un segno indelebile in questo sport. Oltre a ciò, capii di essere un grande estimatore del prototipo del calciatore argentino, che ho nitidamente legato all’essenza più pura e ludica del calcio: fantasiosi, molto tecnici, amanti del dribbling, caratteristiche che all’epoca legavo a incredibili declinazioni di divertimento e spensieratezza. Partendo da quanto appena detto, ho deciso di iniziare in maniera totalmente autonoma e autodidatta, vedendo parte su partite del calcio argentino, che tra l’altro all’epoca erano in chiaro su Youtube. Poco a poco conobbi squadre, calciatori e la tendenza più o meno accentuata dei vari club a far fiorire talenti di un certo tipo, dunque anche in ottica calcio europeo. In parallelo iniziai a comprare i primi libri riguardanti lo scouting, così da avere una visione più tecnica e conoscenze più ampie per comprendere i segreti celati dietro questo mestiere. Avviai la stesura di diverse relazioni sui talenti che ritenevo più esaltanti e, fatto tutto questo lavoro, decisi tramite Facebook di ricercare degli agenti FIFA da contattare per stringere contatti e segnalare qualche profilo visto durante i miei monitoraggi, in modo – tra i vari obiettivi – da poter avere feedback su come stesse procedendo il mio lavoro. Inizialmente l’interesse non era particolarmente alto, ma gradualmente percepii la curiosità degli addetti ai lavori italiani nei confronti delle gemme argentine, dando quindi maggiore considerazione al lavoro del sottoscritto. A un certo punto di questo percorso furono loro a cominciare a contattarmi, per chiedermi pareri e valutazioni su determinati giocatori, consentendomi dunque di collaborare con diverse persone. La svolta vera e propria voglio datarla nel 2020, dopo quasi cinque anni di sostegni occasionali e di formazione, grazie al contatto stretto con un agente e intermediario, con il quale ho avuto a che fare per quasi tre anni, che aveva notato in me potenzialità grezze, sulle quali lavorare. Mi ha dato un metodo di lavoro chiaro e, in aggiunta, formato da un punto di vista tecnico: prima guardavo il calciatore senza sezionare analiticamente la parte tecnica, tattica, morfologica e fisica, mi lasciavo guidare dalle sensazioni, cosa di per sé non sbagliata ma abbastanza cruda, istintiva. Abbiamo passati tanti pomeriggi al computer, così da analizzare giocatori su giocatori, comprendendone le sfumature più ampie, e questo per me è stato davvero utile. Ho creato il mio primo database, che poi avrei sfruttato successivamente. Proseguendo la camminata sulla linea del tempo, a un certo punto, grazie ad alcuni contatti curati nel percorso, perché ancora una volta grazie a questo ho gente ho cominciato a girare sui campi e a presenziare a cene con direttori sportivi, è emersa – parliamo del finale della passata stagione – la possibilità di approdare alla Reggiana come osservatore per la prima squadra. Un’opportunità che ho ovviamente colto al volo, per la quale ringrazio la società per la fiducia concessami. È stato un cammino molto lungo, iniziato oramai dieci anni fa, pieno di ostacoli perché ho capito sulla mia pelle quanto quello del calcio sia un mondo del complicato. La mia passione mi ha portato a non fermarmi mai, nemmeno dinanzi alle porte sbattutemi in faccia, perché volevo ardentemente realizzare il mio sogno”.
Rispetto ai tuoi inizi e/o a ciò che hai avuto modo di studiare, quant’è cambiato il ruolo dell’osservatore?
“Non ritengo che sia cambiato particolarmente. Già una decina di anni fa c’era un ampio uso della tecnologia grazie a software che permettevano alle società di lavorare frequentemente con i video. Ovviamente questa è una possibilità implementata maggiormente nel corso del tempo, grazie alla diffusione più ampia di strumenti sempre più specifici per analizzare fattispecie sempre più specifiche. Al giorno d’oggi c’è di tutto, ma parlando specificamente del ruolo in sé, ribadisco, non vedo grandi cambiamenti. Il reale ribaltamento, ma andiamo un pizzico indietro nel tempo, c’è stato per l’appunto con la tecnologia, perché l’osservatore doveva viaggiare molto di più, mentre ora la riduzione – ad esempio – dei costi di viaggio. Inutile precisare come anche al giorno d’oggi ci si sposti, ma la prima scrematura adesso avviene solitamente a video, e la presenza fisica sui campi è una fase successiva, quando sono stati già individuati gli obiettivi da prendere o che comunque interessano. L’analisi dal vivo fa la differenza sull’esito finale delle intenzioni su un determinato calciatore”.
Seguendo questo filone argomentativo, ti va di raccontarci il tuo metodo di lavoro?
“Ho trovato un mio equilibrio operativo guardando in media 3-4 partite al giorno, soprattutto a video. Nel momento in cui devo analizzare i campionati il numero è questo, e cerco di vedere le squadre almeno due volte a testa, così da avere una visione più approfondita di tutti i giocatori. Specifico, inoltre, che per ogni match prendo informazioni su ognuno dei ventidue in campo, anche quelli che non ci interessano, mentre ovviamente approfondisco la descrizione per quelli che sono più intriganti. Una volta terminata questa terminata questa prima fase di monitoraggio, creo un campo virtuale in cui inserisco i nominativi di tutti i profili che mi hanno stuzzicata. Dopo averli visti due volte, come dicevo poc’anzi, passo alla scrematura singola: utilizzo Wyscout e, giocatore per giocatore, ne analizzo singolarmente le caratteristiche. Vado, dunque, maggiormente nel dettaglio, distillando ogni aspetto riguardante fase offensiva e difensiva. Da lì emerge un’ulteriore scrematura, perché magari in partita certi calciatori possano attirarti per poi farti cambiare idea quando l’analisi diventa individuale. Quelli che mi convincono anche dopo questo punto andranno a confermare questo campo virtuale che diventa poi l’oggetto del nostro lavoro. Tutto ciò va ad alimentare il database, dove non ci sono solo i top ma anche gli elementi che ritengo interessanti in prospettiva futura, e che riguardo dopo qualche mese per comprenderne eventuali miglioramenti, così da trattenerli nel database oppure passare alla rimozione. A mio avviso questo metodo di lavoro mi ha dato buoni risultati: mi piace valutare i calciatori in base a tante caratteristiche, per quanto io sia un fanatico della tecnica. Guardo moltissimo le posture del corpo, gli appoggi dei piedi, la protezione palla e la tecnica di base, per me tratti fondamentali: la postura dice tantissimo sulla pulizia coordinativa, che aiuta a visionare come un calciatore si rapporta tra protezione della sfera e capacità di tenere lontano l’avversario per fare poi la giocata successiva. Aspetti, questi, per me vitali e legati alla tecnica applicata, che infatti rientrano nella mia metodologia di scouting. Un calciatore, secondo me, deve essere pulito a livello tecnico e coordinativo: ci sono tante altre cose da analizzare, ma le prime cose che guardo sono queste. Bisogna dare tanta attenzione anche alla parte atletica: gamba, frequenza di passo, strappo, altre caratteristiche importanti”.
Qual è, invece, il contesto operativo che hai trovato a Reggio Emilia? Come “funziona” la vostra metodologia e che tipologia di confronto hai con il Direttore Sportivo Goretti?
“Ho trovato un contesto molto funzionale, nel quale mi sono subito riuscito a calare sfruttando anche la mia metodologia. Ritengo di essermi ambientato molto bene. Siamo in quattro: direttore sportivo, capo-scout, il sottoscritto e un Data Analyst, che fa una prima scrematura con i dati e al contempo ci dà una mano con lo scouting di campo. A seconda delle direttive del DS abbiamo delle indicazioni sui campionati da monitorare, chiaramente con delle scadenze, entro le quali dobbiamo avere pronti i top di quei tornei, incrociando ciò con la compatibilità anche economica e tecnica con la nostra realtà. L’obiettivo è conoscere più calciatori possibili, perché così facendo si hanno sempre alternative quando operazioni terminano con una fumata nera. Con il Direttore ho un confronto periodico, grazie a riunioni nelle quali ci confrontiamo, alla presenza anche del capo-scout: analizziamo i profili appetibili e cerchiamo di capire i ruoli in cui bisogna intervenire con più urgenza o comunque necessità. Orientiamo, di conseguenza, i pareri verso il mercato. Sono occasioni sempre costruttive, mi trovo molto bene con il Direttore, sto crescendo tanto perché partecipare a queste riunioni con una persona così competente sta portando grandi benefici in me. Riprendendo qualche punto sollevato anche nella precedente risposta, aggiungo inoltre che il mio lavoro, al momento concentrato sul calcio italiano, deve essere poi concretizzato nel weekend: durante la settimana vedo calciatori per me interessanti, che poi analizzo dal vivo nel weekend. In questo momento ho totale libertà nel vedere i calciatori in base alle mie richieste: mi viene concesso di proporre i profili da andare a seguire dal vivo in base ai miei monitoraggi infrasettimanali. Mai mi è stato detto di lasciar perdere questo o quel calciatore e di concentrarmi su altro. Durante il fine settimana, mediamente, vedo 2-3 partite live, dovendo per forza di cose incastrare orari e geografia”.
Quanto e come vi relazionate con lo staff tecnico guidato da mister Nesta?
“Faccio un lavoro che mi vede maggiormente dietro le quinte, dunque mi relaziono poco con lo staff tecnico di mister Nesta, in quanto la mia è una mansione che mi porta a lavorare lontano dalla squadra. Il Direttore, ovviamente, ha invece un confronto assolutamente quotidiano, perché bisogna capire le esigenze dell’allenatore sotto un aspetto tanto tecnico quanto tattico, così da comprendere le necessità sul mercato per migliorare la rosa”.
Avete delle aree e dei campionati che privilegiate nella ricerca di calciatori funzionali al progetto oppure i parametri sono differenti?
“Non abbiamo aree né campionati esclusivi, ma chiaramente l’Italia per noi è una priorità per una questione geografica e di adattabilità del calciatore. Essendo una squadra di Serie B abbiamo dei noti limiti per quanto concerne le liste, dunque non possiamo valutare né prendere extracomunitari, anche se comunque un’infarinatura non è esclusa, riprendendo quanto detto prima circa la necessità di conoscere un gran numero di calciatori. I tornei comunitari, generalmente, sono tutti di nostro interesse, dunque non escludiamo assolutamente profili che giocano all’estero e che rispondono alle nostre esigenze. Il Direttore non ha assolutamente timore di pescare al di fuori dei nostri confini, questo lo reputo molto interessante, perché in Italia ho percepito in qualche occasione un po’ di reticenza a fare ciò. È giusto che uno straniero venga preso in considerazione nel caso in cui possa apportare un contributo tangibile alla causa. Guardiamo tutto quello che si può guardare, dando – ribadisco – priorità ai campionati comunitari, in modo da avere un ventaglio di scelta ampio e variegato. Uno che fa questo lavoro sa riconoscere le fette d’Europa dove ci sono più talenti, anche solo per una questione meramente statistica: la Francia, ad esempio, è un Paese dove anche nelle serie minori il livello è molto alto. Detto ciò, è funzionale avere una panoramica generale di tutte le leghe, così da aumentare la possibilità di pescare calciatori interessanti e da poter valorizzare”.
Chiudiamo così: dove credi che la figura dell’osservatore, nel prossimo futuro, si aggiornerà maggiormente?
“Credo che la figura dell’osservatore, in futuro, sarà sempre più legata ai dati. Già in questa fase storica si sta cercando di spulciare ogni aspetto, anche il più nascosto, della struttura complessiva di un calciatore. Si darà, a mio avviso, ancora più importante al dato, la direzione è quella. Ci sono già delle società in Italia dove la prima selezione viene fatta esclusivamente dall’intelligenza artificiale, e l’ultima parola viene dall’occhio umano. È probabile che il percorso verso il futuro possa essere questa, per ridurre inoltre costi e impegno lavorativo in questa situazione, così da destinare le forze nell’analisi finale del calciatore. Ciononostante, per quanto mi riguarda sono legato alle vecchie maniere: i dati sono importanti, ma fino a un certo punto, in quanto possono prime indicazioni ma non possono né devono sostituire l’occhio umano, così come per quanto riguarda l’intelligenza artificiale. Altra questione: lo scouting vive anche di emotività, un calciatore può emozionare per come gioca e/o come tocca il pallone, questa è l’essenza del mestiere, e non ci sarà mai alcun algoritmo che potrà sostituire ciò. In futuro, dunque, mi auguro che si cercherà di aveva un’ulteriore mano da questi strumenti, pur conservando nelle mani e negli occhi dell’osservatore la maggior parte del lavoro, a video o sul campo”.