Fedele al Calcio – Modena, che privilegio: Palumbo è un’eccellenza
Un centrocampista che merito di salire al piano superiore
Il calcio, negli invisibili ma presenti fili che lo legano alle peripezie della quotidianità, occasionalmente subisce – o avalla – degli incastri strani, incomprensibili, certamente immeritati. Situazioni che in maniera lampante dovrebbero essere diverse, ma che sono soggiogate da non si sa quale forza superiore che impedisce agli eventi di seguire la strada che sembra essere stata appositamente battuta.
È altresì legittimo dover accettare gli imprevisti, le evoluzioni indesiderate, le domande senza rispettive risposte: lo sport, ergo anche il calcio, è pieno di what if, che in un certo senso alimentano quella fascinazione che le cose non realizzate portano con sé. Filosofeggiare, ad ogni modo, è noioso, così come pontificare è errato, eppure il seguente è un interrogativo, tangibile, inevitabile, doveroso da trattare, tra i vari spunti offerti dalla cadetteria: com’è possibile che Antonio Palumbo abbia giocato appena 6 minuti in Serie A (2 ottobre 2020, Fiorentina-Sampdoria 1-2, Claudio Ranieri in panchina per i blucerchiati)?
Salire in cima alla torre è difficile, arduo e faticoso per tutti, ma è davvero rispettoso asserire che il calciatore cresciuto nel Comune di Mugnano di Napoli abbia un livello di calcio da 360 secondi di Serie A? La risposta è nella domanda ed è negativa in maniera incontrovertibile.
Ora al Modena dopo un secondo mandato da leader del centrocampo della Ternana, club che con intuito e visione l’ha accolto da ragazzino e ritrovato da magnifico interprete della mediana, Palumbo è un giocatore dalla sconfinata comprensione del gioco: scaltro nelle letture, massiccio nelle intenzioni difensive e al contempo con i gradi dell’artista quando sugli spalti bisogna far scricchiolare il sediolino dopo un improvviso sobbalzo. Sono state le versioni che il classe ’96 ha offerto di se stesso: quella di diga, di rifinitore, di voluminoso possessore dei ritmi della squadra, perché spesso – tanto a Terni quanto ora in gialloblu – la manovra seguiva il suo pentagramma.
L’esperienza canarina sta confermando e completando il discorso, perché alla comprovata tecnica – che con le Fere ha dato sfoggio di notevole qualità (a titolo di esempio: rimarcabili le connessioni con un esteta come Partipilo) ed esaltato la parte qualitativa del suo gioco, pur non venendo mai meno alle responsabilità quando bisognava difendere la cinta muraria della squadra.
Una costante evoluzione che l’ha portato, tornando nuovamente al presente, ad avere padronanza dell’essere centrocampista in ogni suo aspetto: focalizzandoci unicamente sulla stagione in corso, il campo ha offerto un Palumbo tanto operaio (in particolar modo, a detta di chi scrive, contro Pisa e Bari) quanto raffinato (scintillante – in un curioso, ma non troppo, scherzo del destino – la sua prova contro la Ternana). Non c’è una foglia, nella mediana della compagine allenata da Paolo Bianco, che non si muova su indicazione del classe ’96, dotato di una padronanza dei momenti che è senza timore di iperbole di un livello differente. Una completezza tecnico-tattica che confermano i dati: Palumbo (fonte fbref.com) è il terzo giocatore del Modena per numero di passaggi completati; al contempo, il protagonista dell’articolo è il quarto canarino per tiri tentati, secondo per cross e – statistica, questa, che certifica ulteriormente il suo essere camaleontico – primo sia per tackles tentati che riusciti.
Un elenco di informazioni probabilmente asettico se letto e non assimilato come cavallo di Troia verso l’ottenimento della giustizia calcistica. Chiudendo il cerchio aperto dalle osservazioni introduttive avanzate, Antonio Palumbo è un calciatore dal valore importante, fragoroso, meritevole dei palcoscenici più luccicanti: quelli che ha saggiato per appena 6 minuti.