ESCLUSIVA PSB – Di Nunzio: “Il Südtirol è un modello, vi racconto la mia esperienza. Catanzaro? Club che pensava al futuro. Su La Mantia e Fiordilino…”
Il noto difensore centrale in esclusiva ai nostri microfoni
Una carriera lunga, prolifica, costernata di racconti da incidere e diffondere, come in un bagaglio senza limiti di peso pronto ad accogliere costantemente vita dalla forma del rettangolo verde, dove ha battagliato in ogni categoria, toccando i vertici della Serie B. Oggi in Eccellenza, dove difende i colori dell’Afragolese, Francesco Di Nunzio, coriaceo difensore classe ’85 ex – tra le altre – Südtirol, Catanzaro e Cosenza, è intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni.
L’anno scorso Capitano in C, ora perno in una delle più affermate società campane, seppur attualmente in Eccellenza. Che cambiamento è stato?
“Quella che sto vivendo è un’esperienza con la quale mi sono messo in discussione. Ho trovato squadre attrezzate con ottimi calciatori. L’Afragolese ha un progetto importante, che ho percepito sin da subito, per il quale darò tutto me stesso”.
La tua è una carriera che ha percorso l’Italia intera e attraversato tanti modi di fare e intendere il calcio. Volendo toccarla per punti, è doveroso sottolineare la tua esperienza con il Südtirol. Hai vissuto l’epoca Baumgartner, che ha decisamente creato le fondamenta per quanto di pregevole ottenuto dal club. Che società è e che periodo è stato?
“Già da quegli anni la società stava costruendo quello che poi si è realizzato. È stata una delle esperienze più belle che ho avuto: era un club ambizioso, ben strutturato, che faceva le cose con criterio e ambiva a salire di categoria. Durante la mia permanenza cominciarono i lavori al centro sportivo, che mi hanno raccontato essere risultato davvero un grande prodotto. Il Südtirol, a mio avviso, è un modello, perché hanno reso presente il futuro che immaginavano”.
Avevi compiti dirigenziali nella retroguardia, e tra i tuoi compagni c’era un giovane Tait, ora Capitano. Ti aspettavi un simile percorso per lui?
“Assolutamente sì. All’epoca aveva diverse offerte provenienti da categorie superiori, gli diedi alcuni consigli sulle carte che si sarebbe dovuto giocare e le occasioni da cogliere. Non immaginavo che il Südtirol in così poco tempo avrebbe vinto il campionato in così poco tempo, ora indossa la fascia e gli auguro le migliori fortune, perché oltre a essere un calciatore molto forte è al contempo un bravissimo ragazzo”.
Da Bolzano a Catanzaro: che annata fu?
“Fu una stagione un po’ travagliata, ma riuscimmo comunque a raggiungere una salvezza tranquilla, che era l’obiettivo societario. Anche in questo caso parliamo di un club che stava programmando il futuro in una certa maniera. Ovviamente il contesto rispetto a quello di Bolzano era differente, perché il Südtirol è una società dove non si gioca subendo le pressioni, mentre Catanzaro è una piazza che ha il calcio nel DNA: per un calciatore vivere ciò può essere molto bello quando le cose vanno bene, altrimenti la situazione è preoccupante (ride, ndr)”.
Hai assaggiato altri sapori calabresi in quel di Cosenza, dove nei 6 mesi – oltre alla solita titolarità – hai lottato per i playoff, poi svaniti per appena tre punti. La considerazione che ti chiedo è doppia: una sull’annata, l’altra su La Mantia e Fiordilino, con i quali condividevi lo spogliatoio e che ora difendono i colori della Feralpisalò.
“Fiordilino era un giocatore di prospettiva, personalità, si intravedeva già all’epoca. In merito al bomber La Mantia, onestamente non mi aspettavo una carriera del genere: immaginavo potesse restare in un contesto di alta Serie C, ma quando gli attaccanti cominciano a segnare prendono il volo. Andrea quell’anno giocava poco, infatti quando sono arrivato a gennaio lui voleva andare via. Le cose si svilupparono diversamente, rimase e fece gol importanti: da lì, probabilmente, è partita la sua carriera. È un ragazzo eccezionale. Porto gran rammarico con riferimento a quel Cosenza, perché la squadra era buonissima, non aver fatto i playoff è stata una delusione”.
In questa fase del tuo viaggio nel mondo del calcio cambia, inevitabilmente, l’atteggiamento nei confronti del tempo e del gioco. Cosa cerchi ora?
“Tranquillità e la possibilità di giocare ancora. Sono sceso di categoria perché con mister Fabiano c’è un grande rapporto, non a caso gli dissi che in questa stagione lo avrei seguito ovunque fosse andato. Il calcio mi aveva stancato, è un ambiente con troppi squali, dunque desideravo trovare una realtà seria per vivere i miei ultimi anni da calciatore”.