7 Dicembre 2023

Modena, Rivetti: “Obiettivi? Preferisco raggiungerli non fare proclami. Siamo indietro per il centro sportivo”

Rivetti sul Modena

Carlo Rivetti, Presidente del Modena, ha parlato alla Gazzetta dello Sport nel corso di una lunga intervista. Di seguito le sue parole.

“Sono sempre stato appassionato di calcio, mio nonno è stato presidente del Toro, io sono interista ma mi sarei abbonato alla Juve se avesse preso Maradona. Ma dopo Italia-Brasile 1982 sono cambiato. Sono diventato molto… zen».
Cosa accadde?
«Eravamo sponsor della Nazionale, in tribuna esultavo in maniera… plateale. I brasiliani accanto a noi erano più composti e alla fine si sono voltati per darmi la mano e fare i complimenti. Una lezione che mi è servita».
Dal giallo del Brasile a quello del Modena.
«Abbiamo un progetto chiaro: settore giovanile, centro sportivo e prima squadra. Sugli obiettivi non faccio proclami, preferisco raggiungerli. La squadra cresce, il settore giovanile sta dando grandi soddisfazioni: abbiamo anche la Primavera in testa».
Manca il centro sportivo.
«Siamo indietro. Senza non possiamo fare il salto di qualità e attirare giocatori importanti. Il problema è la burocrazia».
Lei da imprenditore ha pianificato con cura l’operazione Modena, ma nel calcio non è facile realizzare i progetti.
«Vero, è più difficile. Però sono soddisfatto. Volevo rendere qualcosa al territorio dove lavoro da 40 anni, aiutando i ragazzi anche a livello sociale».
Come fece Squinzi a Sassuolo.
«Evidentemente questo è un territorio che ispira. Io uso la parola focus: restare concentrato su poche cose per farle funzionare. Quando cercavamo una squadra ce ne hanno offerte tante, ma l’unica che aveva un senso prendere era il Modena».
Perché nel calcio italiano investono di più gli stranieri?
«Gli esempi italiani virtuosi sono pochi: Sassuolo, Atalanta, Udinese. Gli stranieri sono attratti dallo spettacolo, sono più legati alla finanza che all’imprenditoria e vengono qui perché le nostre
squadre costano meno».

Dal made in Italy nella moda a quello nel calcio. Giusto?
«Ho sempre ragionato così, anche nel Modena preferisco puntare sui giocatori italiani, meglio
se cresciuti nel nostro vivaio»

Come dovrebbe cambiare il sistema calcio?
«Parlo di ciò che conosco. Bisogna migliorare la vivibilità degli stadi, con servizi adeguati. Sono
favorevole a un salary cap e a un maggior controllo sui costi».

Non crede che nel calcio si pensi troppo al business e un po’ poco allo spettacolo?
«Assolutamente, sono d’accordo con De Laurentiis. Oggi c’è un business che valorizza poco i giocatori italiani, non compatibile con il lavoro fatto nei vivai».
La moda è un’eccellenza italiana: come vedrebbe i suoi colleghi nel calcio?
«Li vedo più legati al tennis, uno sport individuale. I nostri stilisti sono uomini soli che coordinano
le loro squadre e non fanno squadra con gli altri».

Dice una sua biografia che lei in azienda ragiona più da allenatore che da presidente. Paolo Bianco si deve preoccupare?
(ride)«Nel calcio ovviamente no, non ho le competenze e comunque non ho mai bypassato un mio collaboratore. Io ho idee molto decise, ma se mi convinci cambio opinione. L’anno scorso
abbiamo fatto un brutto avvio con Tesser, ma non mi sono mai permesso di metterlo in dubbio.
Oggi sono felice non solo per i risultati, ma per come sono maturati. Io farei dell’allenatore un
manager all’inglese, che possa lavorare nel lungo periodo»
.
Bianco è un emergente: e se un domani lo portano via?
«In quel caso dovrà venir fuori la qualità dell’uomo. C’è chi va in Arabia e lascia la Nazionale e chi si sente parte integrante di un progetto. E’ la risposta al calcio business: con le persone giuste si può dare un volto umano».
Come vive l’entusiasmo ritrovato in città?
«Me lo godo sapendo che se le cose non andranno bene il clima cambierà, anche se un po’ di credito l’abbiamo maturato. Il Modena aveva un pubblico anziano oggi ci sono più ragazzi e più gente della provincia. Non vogliamo essere giudicati per i risultati, ma per il lavoro. Sa cosa penso?».
Prego.
«Modena è la città che, nel post Covid, in percentuale è più cresciuta come turismo straniero:
pensiamo a un museo per entrare nel circuito dei musei del territorio, come quello della Ferrari e
di Pavarotti, dando al club una visione internazionale».

Lei punta sull’eleganza senza formalismi. E nel calcio?
«Nel calcio serve un’eleganza più intellettuale, oltre che nei comportamenti. Anche per questo
non esulto ai gol. Sono zen…».
Ma se un giorno ci sarà Inter-Modena, ci terrebbe a sedersi accanto a Zhang?
«Mi piacerebbe stare vicino a Marotta, uno che di calcio mi insegnerebbe tante cose».