ESCLUSIVA PSB – Perpetuini: “Cremonese? Squadra attrezzata anche per la promozione diretta. Su Tuia, Iannarilli e Forte…”
Le parole di Perpetuini ai nostri microfoni
Riccardo Perpetuini, ex giocatore della Cremonese, è stato raggiunto in esclusiva dai nostri microfoni per parlare del momento dei grigiorossi e di diversi suoi compagni che militano oggi in cadetteria. Di seguito l’intervista completa.
Partiamo dalla Cremonese in lotta per la promozione. Dopo l’esonero di Ballardini, i grigiorossi si sono affidati a Mister Stroppa, autore di memorabili cavalcate nel recente passato. Sfruttando il suo impatto, possono i lombardi aspirare anche alla Serie A diretta?
«Sicuramente la squadra è attrezzata per vincere e arrivare direttamente in Serie A senza passare dai play-off. La Cremonese la seguo con affetto per il mio trascorso ma anche perché adesso è arrivato Alessandro Tuia, mio carissimo amico, quindi sarei felice se riuscissero a salire direttamente in massima serie. Già all’epoca si vedeva una certa organizzazione societaria, a livello di strutture dove allenarsi, di centro sportivo: parliamo di una realtà che può ambire alla A per restarci in pianta stabile. Faranno di tutto per centrare la promozione. Poi la Serie B è talmente lunga che può accadere, magari nel girone di ritorno, di recuperare quei punti che ti separano dalle prime della classe».
Che ricordi conservi del periodo trascorso a Cremona?
«Sono arrivato alla fine del mercato da svincolato, in seguito all’ennesimo infortunio al ginocchio; feci un test di prova e fui preso. Entrai in un gruppo forte con grandi valori, infatti la base di quel gruppo l’anno successivo vinse la C. C’erano ragazzi ottimi e avevamo proprio il piacere di stare insieme sia in campo che fuori. Ho ricordi veramente ottimi, peccato per come si è conclusa la stagione anche per via di un percorso un po’ altalenante, frutto di bei risultati accompagnati da sconfitte o pareggi con squadre di qualità inferiore rispetto alla nostra. Poi i valori sono usciti fuori l’anno successivo, grazie anche all’innesto di altri calciatori molto bravi. Quindi conservo ricordi piacevoli».
Nel corso della tua carriera hai condiviso lo spogliatoio con tanti compagni che attualmente militano in B. Oltre al già citato Tuia della Cremonese, penso anche a Iannarilli della Ternana e Marconi del Palermo. Ti aspettavi il loro percorso?
«Con Ivan Marconi ho giocato a Cremona: parliamo di un difensore solido, sbagliava poco, in allenamento era sempre uno dei primi, quindi si vedeva che mentalmente era un giocatore predisposto a fare un’ottima carriera. Già all’epoca era un giocatore forte, è uno di quelli che si è guadagnato, meritando, la promozione. In merito a Iannarilli e Tuia, ho un affetto particolare nei loro confronti perché siamo praticamente cresciuti insieme, veniamo dallo stesso settore giovanile.
Antony, secondo me, era un portiere di grandissima prospettiva che ha trovato la sua consacrazione un pochino tardi, legata anche al fatto che molte volte uno ha un’etichetta addosso difficile da eliminare: era un portiere alto, ma non molto piazzato e aveva subito qualche infortunio. Ricordo che a Salerno rischiò addirittura l’asportazione della milza. Tutte situazioni che lo hanno un po’ bloccato. Poi per merito è riuscito a consacrarsi a Terni e qualitativamente sta dimostrando di essere uno dei portieri più forti della Serie B, di sicuro uno dei più continui a livello di rendimento.
Per quanto riguarda Tuia, la stima calcistica che ho nei suoi confronti è illimitata, sono cresciuto con lui e ho visto la sua crescita. Credo che sia un giocatore sottovalutato, per quello che era il suo percorso giovanile doveva essere un giocatore che sarebbe rimasto in pianta stabile in Serie A. Purtroppo siamo arrivati alle porte della A in un’epoca in cui alla Lazio era appena cambiata la società e la prima squadra andava male, di conseguenza puntare su un giovane era più complicato. Quindi ha iniziato un giro di prestiti, per poi trovare continuità a Salerno dove si è messo in mostra, salendo da lì a poco a poco le categorie fino ad arrivare in Serie A. Ha dimostrato che poteva starci tranquillamente. Per la Cremonese è un acquisto ottimo, di esperienza, ha vinto diversi campionati tra C e B. Resto comunque dell’idea che il palcoscenico che avrebbe meritato già da tanto tempo, sarebbe stata la Serie A».
Ti cito poi due attaccanti, Sau e Forte, bomber esperti di categoria. A livello di spessore umano e leadership, cosa portano alle rispettive squadre?
«Sau era l’attaccante del Foggia, io arrivai a gennaio con Zeman e mi sono rotto il ginocchio dopo 20 giorni, quindi la mia esperienza con Marco è durata veramente poco, forse abbiamo fatto una partita insieme. Lui è un po’ un leader silenzioso, nel senso che, da quello che mi ricordo, va in campo, fa gol, dà tutto per il compagno. Alcune volte rimane dietro le quinte, ma è una persona che con l’esempio fa di sè un leader. Poi ha sempre fatto tanti gol, ora non so come stia andando quest’anno, ma resta uno degli attaccanti più prolifici della cadetteria.
Con Francesco ho un rapporto di amicizia, nato a Cremona e rimasto negli anni. Secondo me, lui è un attaccante fortissimo che probabilmente meriterebbe qualche opportunità in Serie A per le qualità che ha: è una punta solida, fisica, tecnica, sa proteggere palla, sa giocare a calcio, cosa non così scontata; è uno di quegli attaccanti che quando sono in campo si sentono, tanto è vero che poi dopo l’esperienza alla Lucchese, dove andò molto bene, è riuscito a consacrarsi e a rimanere in Serie B. È uno che ha carisma e personalità, quindi lo reputo un attaccante completo da questo punto di vista».
La scelta del ritiro dal calcio deve essere stata molto sofferta; nella vita di un atleta gli infortuni incidono tanto a livello fisico e mentale. Da dove nasce questo atto di coraggio? A posteriori, quanto sei soddisfatto per la svolta che hai dato alla tua carriera professionale?
«La decisione è stata sì sofferta, ma molto ragionata perché poi alla fine sono arrivato a questa conclusione quasi un anno prima rispetto a quando la presi. Dopo l’ennesimo infortunio al ginocchio, giocavo nell’Aquila in Serie C e pur avendo un altro anno di contratto, la società, per problematiche a livello economico, mi chiese la rescissione perché ero tra quelli con l’ingaggio più pesante. In virtù del fatto che non avevo giocato mai perché mi ero infortunato dopo 4 giornate, avevo deciso di rescindere, rimanendo svincolato; e vedevo che il mercato degli svincolati era molto lento, c’erano delle società che mi cercavano, ma la loro perplessità era relativa alla tenuta delle mie ginocchia. Quindi ho passato un’estate ad aspettare la proposta giusta, avevo rifiutato qualche opportunità all’inizio del mercato in attesa di qualcosa di migliore.
Poi alla fine, mentre stavo rivedendo le mie cose, arrivò la chiamata della Cremonese per fare un test e vedere come stavo con le ginocchia. Il provino andò bene e lì si è un po’ riaccesa la scintilla. Quell’anno ho giocato abbastanza i primi sei mesi poi i secondi sei mesi sono andato a Mantova, dove ho giocato praticamente sempre, però a poco poco notavo che si stava spegnendo il fuoco, l’entusiasmo verso il calcio e quindi in maniera del tutto onesta con me stesso, mi sono guardato allo specchio e ho deciso di dire basta perché vedevo che era difficile ritornare ad un certo livello di continuità. Per questo motivo probabilmente mi ero un po’ disinnamorato del calcio. È stata una decisione ragionata, ma comunque sofferta: andai in ritiro col Mantova e dopo 2-3 giorni decisi di rescindere il contratto e tornare a casa. Ero abbastanza spento da quel punto di vista.
Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, sì sono molto contento per il cambio di vita, mi sento realizzato. Se tornassi indietro, probabilmente rimanderei la decisione di un paio d’anni: in quella finestra di mercato arrivò un’offerta dal Leyton Orient, squadra di Serie C inglese, a cui dissi no perché mentalmente avevo già staccato la spina, però col senno del poi ci sarei andato più che altro per un’esperienza personale, mi piaceva molto il discorso dell’estero, forse quella chiamata è arrivata un po’ tardi. Alla fine indietro non si torna indietro e se uno analizza quelli che sono i risultati, ad oggi sono molto soddisfatto del percorso intrapreso».