Fedele al Calcio – Era solo questione di tempo: Sebastiano Esposito è diventato grande
Che rendimento per il classe 2002
Quello di talento è certamente uno status ma, al contempo, un contenitore da riempire con tante cose. Un passaggio, quest’ultimo, che la letteratura del calcio ha dimostrato essere stato in alcuni casi poco considerato, data la pressante necessità di soffocare il tempo in modo da non tirarne in ballo l’importanza. Un modus operandi, questo, che ha generato bagliori fragorosi ma deflagranti, apparsi e dissoltisi a una velocità tale da non poterne quasi apprezzare l’apparizione. Calciatori con gli strumenti per incidere, finiti in un imbuto che ne ha deformato i sogni e le ambizioni fino a convertirli in amara e inaspettata realtà.
Non era ancora questo il caso, eppure su Sebastiano Esposito qualche mugugno stava cominciando a rumoreggiare. Dominante nel settore giovanile, lanciato da Spalletti e valorizzato da Conte con la prima squadra dell’Inter a meno di vent’anni: gli ingredienti per l’oramai nota storia del Predestinato c’erano tutti. Il tempo già menzionato, che la società dei consumi – come già lasciato intuire – fatica a considerare, per quanto sottovalutato è in realtà parte inscindibile dell’esistenza e, checché se ne dica, ha un’importanza sacerdotale.
Ogni storia ha tappe, necessità e attese differenti, da vivere e respirare con un approccio tanto attivo quanto consapevole che tutto e subito sono termini slegati, che quando il viaggio comincia porta a inevitabili aggiornamenti (Fernando Pessoa, poeta e scrittore portoghese che come pochi altri ha approfondito il rapporto tra l’essenza e l’esistenza, scriveva “cerco di non essere lo stesso per più di tre minuti di fila“) e che – soprattutto – non bisogna spegnere le sensazioni.
Ecco, la comparsa di Sebastiano Esposito sulla scena italiana e internazionale ha poco a poco cominciato a duettare – nelle opinioni di una fetta della famelica opinione pubblica – con il dubbio che questo fosse un altro dei casi esposito in apertura. A onor del vero, i tanti chilometri percorsi dal ragazzo, che dall’inizio della stagione 20/21 a oggi ha indossato 6 maglie differenti, davano una superficiale ma tangibile sensazione di inquietudine sportiva, come se fosse lui stesso a cercare un posto in cui poter brillare e smentire gli scettici. Nel corso di queste parentesi c’è stata una ripetuta conferma di qualità tecniche finissime e indiscutibili, oltre che di una connaturata capacità di saper orientare il corpo in maniera sempre funzionale. L’intelaiatura da campione, dunque, è propria del classe 2002.
Serviva qualcosa di diverso? Un altro allenatore, un nuovo ambiente, altri compagni? Forse, così da proseguire su questo filone narrativo, era (ed è) unicamente necessario tempo. La versione di Sebastiano Esposito tinta del blucerchiato della Sampdoria restituisce visibile euforia calcistica, perché il rendimento dell’ex Bari è difficilmente contenibile in una mera certificazione di merito.
Attaccante e tanto altro: sacrificio (Seba è il quarto giocatore della Doria – fonte fbref.com – per tackles riusciti), gioco associativo, calci piazzati, sgroppate, invenzioni pittoresche, scelte intrise di genio, lucidità, dinamismo (basti notare la heatmap qui immessa: Esposito predilige giocare sul centro-destra della trequarti ma è davvero complicato arginarne le intenzioni) e numeri, che nel calcio non risolvono ma supportano: capocannoniere assieme a Borini con cinque gol, rinforzati da tre assist (solo Verre, con quattro, ha fatto finora meglio), primo (con riferimento unicamente alla rosa della Doria) sia per tiri nello specchio che per tiri totali, così come per “successful take-ons“, indice che raccoglie il numero di dribbling riusciti che conducono poi alla conclusione.
Una compagine, quella ligure, che poco a poco sta trovando la strada da seguire per competere nelle zone che una tradizione così rigogliosa merita (alla nona giornata la Samp era terzultima, mentre dalla decima oggi ha raccolto diciannove punti, appena due in meno del Parma capolista, miglioramento che ha generato il decimo posto attuale): in quest’ascesa non è possibile non riconoscere i meriti del propro numero Sette, che sembra essere diventato grande.