ESCLUSIVA PSB – Celar: “Cittadella scelta sbagliata, non era un club per giovani. Con Bisoli la mia crescita si è bloccata, mentre Pecchia…”
L'attaccante in esclusiva ai nostri microfoni
Originario di Kranj, città definita la Capitale delle alpi slovene, tanto elegante quanto strategica grazie a una posizione che favorisce visite e vedute sulle Alpi. Ricca di una storia di circa 6000 anni, Kranj vive nel ricordo e nell’eredità di France Prešeren, considerato il principale poeta sloveno e uno dei più fini testimoni del Romanticismo. In questa mescolanza di ordine, armonia, natura e orgoglio secolare, Zan Celar è venuto al mondo e ha cominciato a girarlo per inseguire il suo sogno. In Italia l’abbiamo visto indossare le maglie di Roma, Cittadella e Cremonese, ma oggi è il Lugano a valorizzarne il talento. Compagine con l’ambiziosa e percorribile intenzione di diventare un punto di riferimento tanto in Svizzera quanto negli italiani interessati al calcio elvetico, quella del Ticino è una realtà che sta lavorando in maniera alacre in termini di crescita infrastrutturale e prettamente tecnica, il tutto avvalorato da un certosino lavoro di comunicazione. È in questo ecosistema che l’attaccante classe ’99, intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni, ha trovato fiducia e fatturato.
Zan, in quel di Lugano hai trovato fiducia, continuità, gol e la Nazionale: cosa ti sta dando quest’esperienza tanto umanamente quanto calcisticamente?
“Mi sto trovando bene qui a Lugano, ho trovato continuità, dopodiché è arrivata anche la chiamata della Nazionale. Tutto ciò è molto importante per me e la fiducia che necessito di avere. Devo continuare così, il resto verrà da sé”.
Il Lugano è un club in netta espansione sportiva, organizzativa e infrastrutturale: considerando la fase della carriera che vivi, ovvero di ricerca della consacrazione, concordi nel dire che sia il posto giusto al momento giusto per te?
“Sì, secondo me sono pronto per fare uno step in avanti, grazie alla continuità che poco fa ho menzionato. Detto questo, non devo pensare troppo a questa cosa, perché devo canalizzare l’energia verso il Lugano e il lavoro quotidiano”.
La tua carriera viene associata anche all’Italia e, in particolare, alla Serie B. Sono due le compagini che hai difeso in questa categoria. Partiamo dalla prima, ovvero il Cittadella: eri molto giovane al momento del approdo alla corte di Venturato, tra l’altro contrassegnato da un gol alla tua seconda presenza in campionato. Che periodo è stato?
“Fu un periodo un po’ difficile, perché ero molto giovane: guardando all’esperienza nel suo insieme, forse fu uno step sbagliato, in quanto per un ragazzo appena uscito dalla Primavera non è forse la cosa più utile andare in Serie B, mentre ora capisco che avrebbe potuto essere formativo cercare una squadra all’estero propensa a lavorare con i giovani e con un progetto”.
Il sistema di gioco del Cittadella, e i principi comunque propositivi di mister Venturato, sembravano essere adatti alle tue caratteristiche, dato che giocavate con un trequartista e un attaccante mobile a fare da supporto alla tua importante presenza: avresti desiderato più tempo e continuità in granata?
“Anche se avessi avuto più tempo le cose sarebbero andate alla stessa maniera, almeno secondo me. C’erano tanti attaccanti, non era un club per giovani, dove crescere grazie a fiducia e opportunità. Questo è il mio pensiero”.
Nel gennaio della stessa stagione – l’annata 19/20 – passi alla Cremonese. Quei mesi furono purtroppo segnati dalla macabra comparsa della pandemia: quanto è stato complicato vivere quel periodo e giocare senza pubblico quando si è successivamente ripartiti?
“Era difficile giocare senza pubblico, perché siamo abituati a competere con la gente sugli spalti. Tutto ciò era davvero strano, ma dopo tante partite ci abituammo, l’importante adesso è che tutto sia passato e che le cose siano tornate com’erano prima”.
Torniamo immediatamente a parlare di calcio: in quel di Cremona trovi col passare delle settimane un discreto minutaggio e un allenatore, Bisoli, che ti dà fiducia e ti fa tra l’altro giocare anche come ala. Cosa vuoi dirci dell’esperienza in grigiorosso?
“Sinceramente con Bisoli penso che la mia crescita calcistica si sia bloccata, perché giocare ala voleva dire schierarmi in un ruolo non mio, ma ad ogni modo sono stati momenti importanti nel mio percorso di crescita calcistica”.
Nell’annata successiva resti a Cremona e vivi l’avvicendamento in corso d’opera tra Bisoli e Pecchia, ma con quest’ultimo il tuo rendimento è condizionato da un infortunio al piede che fa praticamente terminare ad aprile la tua stagione. Che annata fu quella per te?
“Fu un periodo davvero difficile, perché all’inizio non sì riuscii a capire la tipologia di infortunio: il calvario durò quasi due mesi. Dopo aver capito il tutto, sono tornato a casa e mi sono curato là, ma la fase per me fu molto difficile”.
Soffermiamoci proprio su Bisoli e Pecchia, con i quali hai per l’appunto lavorato: sono due allenatori dai principi molto differenti, che opinione hai di entrambi?
“Bisoli aveva un carattere molto esplosivo, menetre Pecchia secondo me è un grande allenatore, come ha dimostrato in questi ultimi due anni: ha idee precise, sulle quali costruisce decisamente bene il lavoro”.
La più classica delle conclusioni: a 24 anni sei giovane ma hai già accumulato esperienza tale da poter comprendere le intenzioni per il futuro. Quali sono gli obiettivi di Zan Celar?
“Desidero in primis fare molto bene qui, voglio vincere ancora qualcosa qui e finire più in alto possibile in classifica. Non dimentico, ovviamente, la Nazionale: ci saranno gli Europei, punto a giocare, fare gol e aiutare la squadra, così da andare avanti nella competizione”.