Fedele al Calcio – Cosenza, con Caserta non è mai stato vero amore. Il dibattito sul tecnico resta aperto
Nonostante fosse preventivabile, perché è finita tra Fabio Caserta e il Cosenza?
L’ufficialità della notizia l’ha irrimediabilmente e rapidamente gettata nel contenitore del passato, ma l’esonero di Fabio Caserta – che in quel di Cosenza è stato già sostituito dal secondo mandato di William Viali – ha acceso i riflettori su un tema che l’ininterrotto flusso degli eventi da inizio stagione a oggi ha portato molto spesso a toccare ma mai, realmente, a vivisezionare per comprenderne le sfaccettature.
Com’è possibile, dunque, motivare la netta increspatura di un rapporto che sembrava effettivamente destinato a concludersi, fattispecie che ha dunque contribuito ad attendere il comunicato con la costante sensazione che il tempo stesse indugiando nonostante l’epilogo già trascritto nel copione?
Posto l’interrogativo, fioccano i temi per ambedue le facce della medaglia: si potrebbe partire con un’impenetrabile analisi dei numeri, che vedono nel Cosenza di Caserta la terza miglior versione dei rossoblu dal ritorno in B (media punti 1,17), dietro unicamente a quanto fatto da Braglia nel 18/19 (1,21) e dall’impareggiabile Occhiuzzi del 2020 (2,2). Tre lunghezze di distacco dai playoff, quattro di vantaggio sui playout, una proiezione da salvezza diretta, ergo una netta – e aritmetica – possibilità di plasmare l’annata in multiformi maniere.
Il Cosenza di Caserta, dunque, aveva dunque avanti a sé ancora possibili chilometri da percorrere. Ciò non avverrà e – nelle possibili interpretazioni che ovviamente bisogna accogliere – a detta di chi scrive ha un peso specifico, nella decisione, la zoppicante proposta portata in campo dalla squadra. Nonostante un tasso tecnico senza alcun dubbio ragguardevole, raramente si è avuta la sensazione che l’undici in campo fosse in grado di dominare il gioco, fare propria la partita, imporre un determinato ritmo, conferire – dunque – una complessiva percezione di solidità.
Spesso costruita sugli strappi e l’implacabile esplosività di Tutino, la manovra del Cosenza ha mostrato con preoccupante continuità delle lacune in termini di relazioni, combinazioni, capacità di tessere le qualità dei singoli con l’uncinetto delle idee. Sprazzi, diversi (come la consacrazione del già menzionato Tutino, la fioritura di Zuccon oppure l’interessante abito da trequartista cucito su Voca); coralità, poca; domande, altrettante (necessario sottolineare la discutibile gestione di Florenzi), in quello che è dunque diventato un appiattimento che lo stesso tecnico, dopo il pareggio contro il Cittadella, ha così descritto: “Abbiamo avuto paura di perdere”. Rigurgiti di passività – e di rivedibili letture strategiche delle situazioni – che i dati contribuiscono ad alimentare: il Cosenza – per rinforzare il discorso – ha raccolto appena tre punti dalle quattordici situazioni di svantaggio in cui è finora incappato (tre pareggi e undici sconfitte), statistica dove peggio ha fatto solo l’Ascoli (due punti).
Una questione tattica che si è mescolata a quella mentale, dunque. Potrebbe essere raccontato così il declino, e il definitivo spegnimento, di un progetto tecnico cominciato con entusiasmo, dopo annate davvero complicate per una piazza tornata, ad ogni modo, a poter sperare e sognare (ed è probabilmente anche per questo che i tifosi non hanno mai pienamente digerito la flebile intensità performativa della propria squadra).
Su Caserta, dunque, il dibattito resta aperto: la sua carriera parla di una netta supremazia in Serie C (1,85 punti di media a partita nel Girone C; 2,08 nel Girone B), mentre gli scricchiolii in cadetteria sono evidenti (1,31), dati che assumono una certa concretezza in virtù del numero di partite (111 in B, 110 in C, in entrambi i casi playoff esclusi). Planando per ragioni di tempo sulla singolarità di ogni evento, e riconoscendo al contempo le doti umane e tattiche di un allenatore che sa rivelarsi umanamente (una buona parte dei senatori del Cosenza non ha tardato nel salutarlo, menzionando tra l’altro lo staff, dimostrazione social non scontata) e che è indiscutibilmente in possesso di principi interessanti, la percezione è che – ad oggi – la trasmissione delle sue idee in contesti di un certo tipo/livello vada perfezionata. Un processo che non accadrà in quel di Cosenza, dove le storie viaggeranno su binari non più comuni.