Sampdoria, Darboe: “Pirlo con la sua tranquillità è l’ideale. Sogno il primo gol a Marassi”
Le parole di Darboe
Il centrocampista della Sampdoria Ebrima Darboe ha parlato ai microfoni del Secolo XIX della sua scalata nel calcio e del suo entusiasmo con i blucerchiati.
Queste le sue dichiarazioni:
“Questa settimana non ho forzato per una leggera distorsione alla caviglia rimediata in allenamento ma nulla di serio, ci sono. Sono nel mese del Ramadan ma niente scuse, riesco a gestirlo e quel che perdo sul piano fisico, lo recupero con la forza dell’anima. Esultanza contro il Cosenza? L’ha inventata Rashford ma con un dito solo, io ho raddoppiato. Celebro la forza della mente, l’importanza di non mollare mai. Quel gol significa tanto, ho avuto un brutto infortunio, delle ricadute, è stata dura riprendersi ma sono contento di aver resistito. In confronto a quanto ho vissuto un infortunio non è
niente. A volte peró soffri lo stesso, sei giù, ti manca il campo, la possibilità di dimostrare
quello che sai fare. Ma guardandomi indietro non poteva essere questo a fermarmi. Con la palla, sempre. Giocavo scalzo per ore. Studiavo, facevo i tornei tra le scuole. Il
Gambia ha tanti talenti, pure piú forti di me, ma non hai sbocchi nel calcio, il paese è piccolo, povero. Ho creato un’Academy
per dare agli altri la chance che non ho avuto io. Sono orgoglioso di essere gambiano, ma per il mio sogno dovevo partire. E ringrazio l’Italia. Il calcio mi ha dato la forza. Mia madre non voleva farmi giocare, giustamente. Io le chiedevo le scarpette, lei doveva pensare a come farci mangiare e studiare. Ho due sorelle e un fratellino che ora è nella Roma U16. L’unico che ci credeva
come me era mio zio, sono partito con lui. Per i giovani è piú facile, ho sofferto meno, non mi hanno fatto nulla di male ma ho visto
cose brutte, verso i piú grandi e le donne. E solo dopo, quando ci hanno salvato, ho capito quanto abbiamo rischiato in mare e sulla terra con quel che ti possono fare in Libia. Sono tra i fortunati. E appena in Italia ho pensato al calcio. A Catania finii in una casa-famiglia attaccata allo stadio. Pensai giocheró nel Catania. Cosí quando mi trasferirono a Caltagirone non volevo andare, ero disperato, lí c’erano poche
squadre. Riuscii a farmi spostare vicino a Roma, a Rieti. E lí c’è stata la svolta. Entrai nella Young Rieti. E incontrai la mia procuratrice, Miriam Peruzzi. Le dissi, vieni
a vedermi, sono forte eh. Rideva: “Ma dove vai con quelle gambine sottili?”. Poi mi vide giocare, cambió idea: “Non capisco, sono scarsi gli altri o tu troppo forte?. Iniziai con i provini. Con l’Entella feci due gol al Genoa. I miei agenti mi dissero: “Dai, andiamo alla Roma”. E io: “Ma quella vera?”. Era quella vera. Massimo Tarantino mi volle a tutti i costi anche se all’inizio non avevo i documenti a posto, non potevo giocare. Poi mi ha adottato la famiglia di Mi-
riam, con l’ok di mia madre, mi hanno trattato da figlio. Devo tanto ad Alberto De Rossi, un padre. E a due tecnici speciali,
Fonseca e Mourinho. A Marassi ho esordito in A. E poi c’è Colley, un fratello,
ho giocato con lui in Coppa d’Africa, mi ha parlato del calore del tifo. “Ti vuole la Samp? Vai, senza pensarci”. L’ho ascoltato
e ora sono felice. Devo migliorare tanto, fare meno errori e Pirlo con la sua tranquillità è l’ideale. Seguo lui e i compagni esperti, ho legato con Piccini. E con Depaoli, Murru, Ka-
sami. Gruppo super, con tanti giovani forti.
Obiettivi nella Samp? Continuare come stiamo facendo, lavorare duro, gara dopo gara, per giocarci la chance di riportare la Samp dove merita. E sogno il primo gol a Marassi, per esultare ancora di più
con i nostri tifosi”.