Fedele al Calcio – Palermo, dove risiedono i problemi? L’analisi tattica dei rosanero
L'analisi dei rosanero
Il Palermo, giunti oramai nella fase più calda della stagione, quella dove il pallone pesa qualche chilogrammo e la tensione ha una corporeità che solo un’affettatrice è un grado di sfilacciare, è probabilmente la compagine – tra quelle con determinate aspettative – che più ha fatto e fa discutere. Tanto si è detto e scritto sui rosanero, centrali in un inquantificabile numero di discussioni portatrici di diversi e multicolori punti di vista.
Posto che sentenziare sull’annata dei rosanero sarebbe frettoloso, perché l’ambizione deve restar quella della promozione, seppur – questo è possibile pronosticarlo con ragionevole certezza – raggiungibile unicamente attraverso i playoff (l’attuale quinto posto a otto punti dal Venezia secondo dice questo), le zone d’ombra nel percorso restano, ed è inevitabile chiedersi, e al contempo provare a spiegare, come abbiano fatto questi discorsi a nidificare nell’apparato rosanero.
Partendo da una constatazione banale, ovvero il riconoscibile livello qualitativo della rosa, lo stupore per lo status quo aumenta (o potrebbe aumentare) notando i dati offensivi (fonte fbref.com) dei siciliani: terzo miglior attacco (cinque gol in meno del Parma, primo anche in questa speciale classifica), seconda squadra per Expected Goals (dietro al solo Venezia) e terza per Non-Penalty Expected Goals (in questo caso il dato non tiene conto del contributo proveniente dai rigori), prima per numero di tiri in porta da inizio campionato e per numero di tiri in porta ogni novanta minuti. Da un simile fatturato, dunque, ci si aspetterebbe – pur essendo consapevoli della possibile approssimazione – molto di più rispetto al tono dei commenti che oramai accompagnano da mesi Brunori & co.
I numeri, come noto, supportano la spiegazione ma non ne esauriscono la portata, in quanto bisogna costantemente sia completarli che incastrarli con discorsi più ampi rispetto a una mera elencazione. Compagine poco propensa alla gestione del pallone (la percentuale media ondeggia, in base alle fonti che si consultano, tra il 50,6% e il 50,9%), il Palermo che – come da principi di Corini – cerca di difendere in avanti, evitando di abbassarsi troppo.
Più aggressività, transizioni e verticalità che palleggio, dunque. Una predisposizione – almeno nelle intenzioni – molto energica, che necessita di compattezza, sacrificio, coralità, spirito collettivo e la giusta mescolanza di coraggio e serenità. È qui, a detta di chi scrive, che si sono solidificati i problemi di questa squadra.
Nei tentativi di giocare un certo tipo di calcio, il Palermo ha portato alla costante emersione di crepe che, difficoltosamente coperte dal tappeto del talento dei singoli, così validi da avere costantemente il colpo in canna, hanno portato a questi saliscendi così vorticosi.
Quella rosanero è una compagine poco amalgamata, dove i reparti non riescono a muoversi all’unisono e la tessitura mostra una certa approssimazione, come un capo dal colore sgargiante ma svalutato dalle tante sollecitazioni cui viene sottoposto. Nonostante la brillantezza dei dati offensivi prima evidenziati, quelli che portano all’attenzione la capacità di contenimento risultano essere decisamente più opachi: quinta peggior difesa del campionato, tredicesima per Expected Goals Against (ovvero il dato che quantifica la produzione avversaria, in ordine crescente – nella speciale classifica – da chi patisce meno a chi fatica invece maggiormente) settima squadra per numero di tiri in porta subiti, quintultima per percentuale di parate (qui, ovviamente, il riferimento è eminentemente al rendimento del portiere Pigliacelli), quartultima per intercettamenti, dodicesima per contrasti vinti.
Il Palermo, dunque, concede tanto, troppo, agli avversari, ed è pressocché visibile che questa squadra sia lacunosa in termini di gestione di un determinato modo di intendere il gioco, che i dati raccontano come sprezzante del pericolo, quasi spregiudicato, quando invece il racconto dell’annata dei ragazzi di Corini – che va inevitabilmente inserito a pieno titolo nel discorso – restituisce la sensazione opposta, ovvero di un contesto mentalmente permeabile, con il potenziale per esondare ma tante, troppe incertezze che ne hanno minato il cammino.
La sintesi di tutto ciò, dunque, porta a descrivere il Palermo come entità instabile, ondeggiante, in un certo senso ipersensibile agli eventi. In virtù di questa struttura, dunque, è complicato comprendere come terminerà il corso degli eventi, perché la percezione è che la linea di demarcazione tra l’esaltazione e il crollo sia davvero sottile.