ESCLUSIVA PSB – Feralpisalò, Di Molfetta: “Cambiato rotta con Zaffaroni, ma non era colpa di Vecchi. Questa è una seconda famiglia, spero nella salvezza”
Il classe '96 in esclusiva ai nostri microfoni
Davide Di Molfetta, per chi qualche anno fa si lasciava inebriare dalla passione per i talenti del domani, è stato una folgorazione: numero dieci, capitano, funambolo e trascinatore, leader e diamante, una sommatoria di meriti a comporre un talento che brillava di una luce rossonera, quella del Milan, con cui è anche arrivato a comprendere la bellezza e l’irresistibile attrazione dei sogni che si realizzano, manifestazione provata con l’esordio in Serie A datato 30 maggio 2015. Dopodiché tanti chilometri macinati, un percorso in cui ha raccolto soddisfazioni di vario titolo e assaggiato anche sapori più acri, in ogni caso mai venendo meno alla propria essenza rilucente, quella che tocca e riveste i più brillanti interpreti del Gioco. Il Davide odierno è un perno della Feralpisalò, ha tanta esperienza e altrettanta ambizione, mescolanza che a ventisette anni è probabilmente al più alto punto di equilibrio. Raggiunto in esclusiva dalla nostra Redazione, sono stati diversi i temi toccati con quello che oramai è un calciatore offensivo lato sensu.
Davide, otto partite al termine della regular season, dunque ventiquattro punti a disposizione e la possibilità di poter ancora scrivere la storia che la Feralpisalò desidera. Come hai visto la squadra al rientro dalla sosta, considerando la dinamica positiva in termini di prestazioni che stavate attraversando?
“Come hai giustamente detto, le prestazioni non sono mancate. Da quando è arrivato il mister abbiamo cambiato rotta, ci sono state tantissime performance di livello, purtroppo tante volte abbiamo peccato per quanto concerne la concretezza, di conseguenza durante il percorso abbiamo buttato via qualche punto, ma vedo la squadra come sempre carica, non vediamo l’ora di giocare lunedì, la Cremonese è una grande squadra, sarà una partita bella e stimolante per entrambe”.
Parlavo, appunto, di dinamica positiva, e la motivazione risiede nello spirito di una squadra che sarebbe davvero miope vessare per la posizione in classifica. Eravate senza alcun dubbio consapevoli delle difficoltà che avreste dovuto attraversare, ma con l’arrivo di mister Zaffaroni avete costruito e consolidato un’identità tattica fatta di compattezza, personalità collettiva, una proposta verticale, ben definita, uomo contro uomo, con i reparti stretti e ben amalgamati.
“Partirei da un presupposto: non si può attribuire a Vecchi la colpa delle difficoltà iniziali, quando viene esonerato un allenatore è una sconfitta per tutta la squadra. Detto ciò, è inevitabile che chi subentra porti nuove idee, principi e moduli. Mister Zaffaroni ha cambiato quelle 2-3 cose che, secondo me, siamo stati bravi a fare nostre, come accaduto al sottoscritto, schierato in una posizione nuova. Qualcosa, dunque, è cambiato: lui è uno che gioca a tutto campo, uomo contro uomo, e la fase difensiva viene prima della fase offensiva, tutti devono partecipare, i primi sono proprio gli attaccanti. Abbiamo subito capito cosa volesse metterci nella testa e a proseguire sul percorso tracciato, ma non abbiamo fatto ancora nulla, siamo sempre lì. Le prestazioni, come dicevamo poc’anzi, sono praticamente sempre positive, ma ciò non ha sempre portato a fare punti, abbiamo sprecato troppo all’inizio. Dobbiamo cercare di fare sempre qualcosa di più fino al termine della stagione”.
Davide, vorrei ora spostare il focus su di te. Il primo riferimento sul tema non può che essere tattico, perché il tuo spostamento da mezzala nel 3-5-2 è stata probabilmente l’intuizione più interessante, in quanto così facendo si è mescolata in una maniera più associativa la tua tecnica, il tuo dinamismo e la tua efficacia offensiva. Come hai vissuto e stai vivendo questo coinvolgimento in zone più interne di campo?
“Non sono state queste le prime volte che ho giocato da mezzala, ma non l’avevo mai fatto con continuità. Il mister è stato bravo a intuire tale possibilità, come dicevi le mie qualità restano le stesse, indipendentemente dalla posizione. Bisogna sempre cercare di inserire le proprie caratteristiche nelle richieste del tecnico, e in un calcio come il nostro è fondamentale lo spirito di sacrificio: giocando a uomo non bisogna mai perdere il proprio riferimento, dunque ribadisco l’importanza della fase difensiva. Tutto parte, secondo me, dal desiderio di non prendere gol, mentre in fase offensiva, che sia da mezzala o da trequartista, i compiti non sono cambiati eccessivamente”.
Sei alla terza stagione con indosso questa maglia, e la percezione che si ha dall’esterno è che la Feralpisalò ti abbia dato quella stabilità umana e professionale che nella prima fase del tuo percorso tra i professionisti è probabilmente mancata, dato che dalla stagione 15/16 a quella 20/21 hai cambiato ben sette volte casacca. Cosa rappresentano, per te, i Leoni del Garda?
“Una seconda famiglia. Non smetterò mai di ringraziare il presidente e il direttore che mi ha portato, così come gli allenatori che si sono succeduti e tutte le persone che lavorano dietro le quinte. Non mi era mai capitato di avere continuità in una società, ritengo di essere stato bravo a guadagnarmi costantemente la fiducia, sia con i comportamenti che con le prestazioni: spero di riuscire a raggiungere l’obiettivo comune, la salvezza, così da poter restare in Serie B anche l’anno prossimo”.
Mi permetto di andare maggiormente in profondità. Eri indiscutibilmente uno degli elementi più fulgidi e talentuosi di una nidiata di talenti nati tra il ’96 e il ’99 protagonisti con il settore giovanile del Milan. Numero dieci, funambolico, incontenibile e con notevole continuità durante la partita. L’esordio in Serie A con Inzaghi, la Nazionale dall’Under 16 all’Under 19, dopodiché l’inizio del percorso tra i professionisti che per te e una discreta parte dei tuoi compagni non è stato pianeggiante, come prima ricordavo. Sei tra i pochi di quella generazione, escludendo le eccezioni come Donnarumma, Locatelli, Calabria, che oggi giocano e incidono in Serie B, in quanto una discreta parte sgomita in terza serie, nei dilettanti oppure in opinabili campionati esteri. Un discorso che tocca un ambito, quello della salvaguardia della componente mentale e di conseguenza la gestione delle pressioni, che fino a 4-5 anni fa non era dibattuta come adesso. La tua costante propensione al sorriso, sotto questo punto di vista, è una virtù ragguardevole, ma che opinione hai di questo tema?
“Bella domanda. È normale che quando si arriva dalla Primavera del Milan con un determinato status, ovvero numero dieci, Capitano, l’esordio in Serie A già avvenuto, ci si aspetta di trovare a mani basse squadre in Serie B. Così non è stato, ma non ho mai mollato, pur avendo girato e giocato tanti anni in Serie C. Ho sempre lavorato, e questo alla fine ripaga. Magari sono arrivato in cadetteria più tardi rispetto agli altri, ma questa è una cosa di cui vado fiero, perché dico sempre che ognuno ha un percorso e determinati tempi, dunque ciò significa che è stato premiato il sacrificio. Sento di essere maturato tanto, magari subito dopo la Primavera non ero pronto sotto diversi aspetti, poco a poco mi sono un po’ perso, ma non ho mai mollato. Costanza e dedizione sono stati gli ingredienti ai quali non ho rinunciato, così da raggiungere determinati contesti”.