Alvini a PSB: “Ambisco a tornare in Serie A. Ghion e Sibilli straordinari. Su Spezia e Cremonese…”
Le parole di Mister Alvini ai nostri microfoni
Massimiliano Alvini, ex tecnico di Spezia, Reggiana e Cremonese, è intervenuto ai nostri microfoni nella trasmissione in live su Twitch “La fiera del calcio”. Ecco le sue parole.
Che momento umano e professionale stai vivendo?
“Uso una parola forte: un momento di delusione. Arrivi da un buon percorso enorme e lontano e all’improvviso hai delle battute d’arresto. Un esonero o certe situazioni non sono così facili, a volte, per chi vive molto emotivamente la sua professione. Da questi periodi si cerca di migliorare per farsi trovare pronti in futuro, ciò serve per un’ulteriore crescita: ho tanta voglia ed entusiasmo di ripartire, lasciandomi il passato alle spalle. Da adesso in poi guardo sempre in avanti. Attendi con trepidazione le nuove sfide”.
Secondo te le scelte professionali degli ultimi anni hanno contribuito a complicarti la vita?
“Devo dire la verità: quando ti arriva una possibilità come la Cremonese e vieni da un percorso lungo di 24 anni, e c’è l’opportunità per te di andare in Serie A, la prendi in considerazione. Io ancora oggi, alla luce della forza di quella società (Giacchetta con cui ho lavorato ad Albinoleffe, il direttore Braida, Armenia, il cavalier Arvedi), reputo quella scelta sicuramente positiva. Ce la giocammo con tutte, penso alle gare con Napoli, Milan, Atalanta e Juventus, solo gli episodi ci hanno condannato. Quest’anno, invece, con lo Spezia non è andata bene: potevo fare una scelta magari diversa, meno affrettata e ponderarla meglio. Queste cose però magari vieni a saperle dopo e un allenatore deve essere anche bravo a buttarsi dentro certe storie, dando il massimo”.
Offerta dall’estero, ci penseresti?
“Uno dei miei più grandi errori è di aver studiato poco l’inglese, ciò mi ha portato delle difficoltà nei primi mesi a Cremona, un deficit che ammetto sinceramente, visti i tanti stranieri arrivati lì, di cui tanti alla prima esperienza. Fino a quel momento pensavo di non averne così bisogno, è stata una leggerezza. Adesso, con gli opportuni aggiormenti fatti in questi 5 mesi in cui sono rimasto fermo, penso di poter accogliere tale opportunità qualora si presentasse e son pronto anche a reggere la comunicazione. “.
Su Karbo. “Ha margini di miglioramento, piacevole da allenare, è un giocatore da cui qualsiasi tecnico può trarre delle risorse. Quest’anno si è ritrovato a Cesena. Non nego che l’ho rincorso anche in questi anni perché conosco le sue potenzialità. Può dare tanto alle società che avranno la fortuna di usufruire delle sue prestazioni. Augustus è forte, ha dei valori importanti e questo fa la differenza; penso che possa crescere ancora”.
Hai sempre messo davanti il contesto alla punta dell’iceberg. È così?
“A me piace lavorare in un contesto univoco dove si può far bene e creare armonia. Non mi interessa il blasone. Allenare Perugia, Reggiana e Spezia con piazze che ti trascinano è stato davvero importante. La simbiosi tra squadra, società e città è fondamentale. Quando arrivi in un posto dove la società è contestata ecc., diventa pesante allenare. A me piace allenare le città e i paesi prima di tutto”.
Sulla rottura rispetto al passato dei tanti ex giocatori che allenano bruciando subito gli step, senza tanti meriti oggettivi.
“Parliamo di un tema profondo. Gli allenatori in Italia sono molto forti, parliamo della scuola migliore. Quella tedesca, dopo il Mondiale 2006, si è aggiornata molto e ha fatto progressi. Per me però gli allenatori italiani sono i migliori e l’ho sperimentato anche seguendo dei corsi; forse sono anche i giornalisti che offrendo un servizio qualificato, permettono ai tecnici di dare qualcosa in più.
Purtroppo, per chi viene dalla gavetta, su una carriera di 801 panchine e con tante vittorie nelle categorie minori, si guarda agli ultimi risultati negativi (una vittoria nelle ultime 31 partite) e ti prendi l’etichetta di tecnico che non fa risultati da due anni, di non vincente. Poi magari esce fuori un ex calciatore e vince quattro gare di A e viene considerato un top. Io guarderei nel mezzo, andando ad analizzare il percorso fatto. Il mio obiettivo è tornare in Serie A e l’unico campionato che non ho vinto è la B, quindi ambisco anche ad arrivare in A vincendo la B”
Ghion, per personalità e maturità, sembra un decano del ruolo, già pronto per la A. Cosa pensi di lui?
“Andrea Ghion merita la Serie A già da quest’anno. È forse uno dei palleggiatori in mezzo al campo tra i più forti in Italia, a Perugia l’ho avuto e lì c’era anche Burrai, che ha fatto una stagione straordinaria a Mantova. La carriera di Sasà parla da sola. Vista la compresenza dei due, facevo fatica a giocare col doppio mediano e Andrea è stato più sacrificato, ma con me ha fatto comunque 21 presenze e lo stimo enormemente. Vivarini, con cui sono in buoni rapporti, mi chiamò per informazioni e io gli dissi: “È un ragazzo straordinario. Gioca corto, ha una visione incredibile”. E si è visto nel Catanzaro. È taciturno, ma lavora alla grande. Gli auguro il meglio”.
Hai fatto esordire Sibilli, esploso definitivamente al Bari. Che idea hai di lui?
“Beppe è stata una grande invenzione di Giacchetta, che voleva prendere e mi chiese di fidarsi di lui. Sibilli ebbe un grave infortunio appena arrivò da noi dalla Sicula Leonzio. Oltre a capitan Di Cesare, al quale faccio i complimenti per quanto detto e per l’esempio dato in campo, Sibilli è stato il protagonista della salvezza del Bari. Il primo anno lo mandammo a giocare per via dell’infortunio poi l’abbiamo ripreso. Ne parlai bene a D’Angelo quando Sibilli andò a Pisa. È un giocatore forte, ma anche simpatico. Dinamico, può ricoprire tutti i ruoli dell’attacco (ala, prima punta, seconda punta, trequartista), ha una sterzata improvvisa che ti lascia lì, ha un tiro preciso”.