Good(b)ye 2016 – Perugia, la classe media può sognare in grande?
Stabilità inquieta. Non esiste espressione migliore di un ossimoro per cogliere la paradossalità del 2016 del Perugia, per portare alla luce la coesistenza della stazionarietà rassicurante espressa sul campo dai calciatori e delle vertiginose ambizioni di una società e di una piazza mai domate, ma mai appagate. Da Taddei a Brighi, da Ardemagni a Bianchi, da Bisoli a Bucchi, le modifiche apportate nella sessione di […]
Stabilità inquieta. Non esiste espressione migliore di un ossimoro per cogliere la paradossalità del 2016 del Perugia, per portare alla luce la coesistenza della stazionarietà rassicurante espressa sul campo dai calciatori e delle vertiginose ambizioni di una società e di una piazza mai domate, ma mai appagate. Da Taddei a Brighi, da Ardemagni a Bianchi, da Bisoli a Bucchi, le modifiche apportate nella sessione di mercato a cavallo tra le due stagioni di Serie B dal patron Santopadre ai settori nevralgici della rosa e dello staff tecnico sono state sostanziali ed hanno prodotto un, seppur lieve, livellamento verso l’alto: al decimo posto ottenuto nel campionato precedente si contrappone il settimo conseguito al capolinea di questo girone d’andata. Il Grifo naviga, dunque, perennemente in acque d’alto rango e la sua struttura si connota come adeguata per solcare ogni mare, ma necessita di un altro tipo di continuità per prendere il largo, quella dettata dalla fame; alla costanza di piazzamento dovrà sostituirsi quella di rendimento, finora un tallone d’Achille non arginato, ma soltanto gestito, poiché a momenti di grande esaltazione sono sempre succeduti altri di altrettanto grande depressione: come una moderna Penelope, il Perugia fa e disfa la propria tela, quasi scanzonato nei confronti della cadetteria, ma, a differenza della fedele moglie di Ulisse, ha nella volontà lo strumento adatto per determinare il futuro, nella concentrazione quello per ancorarsi alla zona play-off e saziare, finalmente, gli appetiti di un ambiente saturo del clima di normalità troppo a lungo respirato.