ESCLUSIVA PSB – Bellinazzo: “Palermo, i dubbi sono enormi. La Serie B non è sostenibile”
MARCO BELLINAZZO PALERMO – Giornalista de “Il Sole 24 Ore“, oltre ad essere tra i principali conoscitori degli aspetti economici e finanziari del calcio, Marco Bellinazzo è intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni per parlare del Palermo, la cui situazione continua ad essere poco chiara. Il condizionale resta d’obbligo, ma Arkus Network pare essere in […]
MARCO BELLINAZZO PALERMO – Giornalista de “Il Sole 24 Ore“, oltre ad essere tra i principali conoscitori degli aspetti economici e finanziari del calcio, Marco Bellinazzo è intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni per parlare del Palermo, la cui situazione continua ad essere poco chiara.
Il condizionale resta d’obbligo, ma Arkus Network pare essere in procinto di acquistare l’intero pacchetto azionario del Palermo Football Club SPA. Parliamo, come apprendiamo dal sito ufficiale, di un gruppo polifunzionale che offre il proprio know-how per il raggiungimento degli obiettivi di business, operando quindi in diversi settori. La prima riflessione è questa: nel calcio moderno le società vanno guidate come aziende. Che peso devono avere, secondo lei, la componente emozionale e l’appartenenza che hanno contraddistinto il passato?
“In questa fase storica, a mio avviso, bisogna distinguere tra quello che è il mecenatismo, che va rimosso e che a certi livelli può fare solo danni, in quanto si basa su un approccio non manageriale, dannoso sia per il mecenate che per la società in questione, e il senso di appartenenza. Quest’ultimo riguarda i tifosi, definibili, non in termini giuridici ma in termini emotivi, gli stakeholders di un club. A loro va dato il merito di rendere viva la passione. Parliamo di un ruolo che va tutelato e che non dovrà essere ridotto in misura tale da parlare di meri clienti/consumatori. Il tifoso è anche ma non solo questo, è colui che dà senso al calcio”.
È arrivato, per i rosanero, il deferimento da parte della Procura Federale che, stando alle ultime indiscrezioni, chiederà ai giudici di primo grado la retrocessione all’ultimo posto in classifica del campionato di competenza per irregolarità finanziarie negli ultimi esercizi. Questo dei rosanero è l’ennesimo caso di malfunzionamento che lei definisce “Calcio italiano Spa”. La domanda, ripetitiva, ovvia ma senza risposta, è: perché non vengono modificati i parametri valutativi e i meccanismi di controllo delle società calcistiche?
“Bisogna dire che i parametri valutativi sono stati modificati qualche anno fa dalla FIGC di Tavecchio e Uva come direttore generale, rendendoli più rigidi e selettivi. Questo è stato fatto nell’ambito di un percorso di graduale applicazione degli indicatori introdotti, a partire da quello di liquidità. Il problema, nel caso del Palermo, è che parliamo di un’elusione, se non violazione, delle regole. Stando alle accuse, ci troviamo di fronte ad una vera e propria frode, un’alterazione di bilancio. Possono esserci i più vari parametri e criteri, ma la vera domanda, semmai, è questa: come mai chi ha controllato i bilanci del Palermo in questi ultimi tre anni non ha effettuato delle verifiche ulteriori, lasciando passare questi documenti, sulla cui veridicità c’erano ombre e discussioni? Sono anni che anche la stampa specializzata si occupa di questo caso, ma il Palermo è sempre rimasto indenne da qualsiasi rilievo per ciò che concerne i controlli federali. La COVISOC, ancora una volta, ha dimostrato di intervenire quando i buoi sono già scappati dalla stalla, in quanto potremmo citare anche il caso delle plusvalenze del Chievo, dove per anni e anni sono state effettuate iscrizioni al campionato con una sistematica alterazione della veridicità dei bilanci. Tornando al Palermo, mi riferisco anche al collegio sindacale che ha certificato quei bilanci nonostante la presenza di dubbi tali da portare il proprietario agli arresti domiciliari, con le Procure della Repubblica chiamate a indagare per ipotesi di reato da falso in bilancio e riciclaggio, bisognava operare diversamente. I punti interrogativi, oggi, sono enormi e si sono palesati in maniera ancora più chiara negli scorsi mesi con quelli che possiamo definire dei passaggi di proprietà fittizi, aventi come protagonisti pseudo-compratori inglesi. Sarebbe stato opportuno prendere provvedimenti e non limitarsi a occasionali critiche alla gestione Zamparini. Le norme ci sono, ma quando un soggetto acquista una società, e non ottempera all’obbligo di mostrare la propria solidità finanziaria e patrimoniale entro trenta giorni, senza che accada nulla, vuol dire essere dinanzi l’ennesima prova che ci sono notevoli problemi sotto l’aspetto dei controlli”.
Quello di Arkus pare essere un nuovo tassello di quella che possiamo definire una strategia di crescita esterna, ovvero un percorso che ti porta ad entrare in un settore per te nuovo, accelerando i tempi di inserimento dato che è presente una struttura già avviata, in questo caso il Palermo. Un limite di tutto ciò può essere dettato dalla mancanza di competenze ed esperienza per poter far bene sin da subito. Quanto sarà importante, quindi, affidarsi a dirigenti dalla comprovata esperienza calcistica?
“Ritengo sia opportuno fare un’importante premessa: non abbiamo la certezza che l’operazione alla fine vada in porto e, visto tutto quello che sta accadendo, i dubbi crescono di ora in ora. Da questo punto di vista, bisogna prendere tutto con grandissimo beneficio di inventario. Le premesse, anche questa volta, non mi sembrano le migliori, perché non so quanto il Palermo sia staccato realmente da Zamparini in questi mesi, personalmente non credo molto. Detto questo, dico che i fondi di investimento, vedi Elliot-Milan, debbano essere i benvenuti nel mondo del calcio, previa la condizione che abbiano storia, identità e serietà. È altresì ovvio che un determinato tipo di operazione ti porta a cimentarti con un tipo di aziende con determinate specificità e che ti impongono di avere dei manager qualificati. Riprendiamo il caso del Milan, dov’è stato scelto Ivan Gazidis, un amministratore delegato che ha queste caratteristiche, mentre per il ramo sportivo ci si è affidati a professionalità riconosciute nel calcio italiano. Maldini potrebbe non avere esperienza in questo ruolo, mentre Leonardo ha trascorsi significativi, ma bisogna dire che si nota la volontà di affidarsi per l’appunto a manager qualificati, cosa che ritengo indispensabile sotto tutti i punti di vista”.
Non sarà York Capital, ma Arkus con molta probabilità si affiderà proprio ad alcuni fondi di investimento. Dato che la presenza di questi ultimi è sempre più presente nel mondo del calcio, non crede che gli organi competenti dovrebbero effettuare dei controlli più specifici, dato che l’area finanziaria di una società sportiva è tra la più importanti, se non la più importante, ai giorni nostri? Ad esempio istituendo uno specifico ramo della COVISOC volto a seguire passo dopo passo quella che è una vera e propria dispersione societaria.
“Mancano, in particolar modo in Italia, strutture preposte al controllo di determinate dinamiche. La COVISOC ha commesso molti errori, ma è anche vero che ha poteri di indagine abbastanza limitati, non è la CONSOB, per cui ritengo che si debba fare uno sforzo per adeguare quello che è il sistema di monitoraggio. Il primo passo da fare, però, è ammettere che ci sono stati dei problemi e che c’è un’incapacità importante nell’affrontare queste nuove situazioni. Bisognerebbe quindi aspettarsi un bagno di umiltà da chi è chiamato ad attuare questa funzione di controllo, solo così si può capire come intervenire. Continuare a far finta di niente è inutile, forse manca la volontà”.
Chiudiamo con una considerazione generale: sotto l’aspetto infrastrutturale e normativo, la Serie B, pagando anche colpe non sue, è parso un campionato in difficoltà. Cosa bisognerebbe fare, secondo lei, per permettere alla seconda divisione italiana di poter tornare ad essere un bacino contenente società sane e con rilevanti prospettive?
“La separazione tra Lega A e Lega B ha reso realmente fragile la cadetteria, senza dimenticare la Serie C. Abbiamo a che fare con delle leghe dove, fondamentalmente, non esistono ricavi, e quei pochi che ci sono non sono in grado di coprire i costi che il percorso sportivo necessita. La situazione subisce un netto peggioramento quando parliamo di progetti che puntano alla promozione o comunque ad un miglioramento e che, quando falliscono, portano al collasso della società, non a caso negli ultimi 15 anni i fallimenti sono stati oltre 150. Credo che questo dato sia stato enormemente sottovalutato. In Serie B non esiste alcuna proporzione tra entrate e uscite, quindi è evidente che condanni ulteriormente la base della piramide ad auto-eliminarsi. L’ideale sarebbe il modello di calcio professionistico sarebbe quello tedesco, con un minor numero di squadre, almeno nella fase di lancio, e con una maggiore solidarietà, come avviene tra Bundesliga e Zweite Liga. Solo questo potrebbe permettere di creare una struttura equilibrata, cosa che oggi non c’è. La povertà del sistema finisce per togliere spazio e possibilità agli investimenti oppure ai settori giovanili, difatti oggi vediamo come si punti soprattutto a far crescere i giovani delle grandi squadre, sono rari i casi di talenti coltivati in casa propria e, quando ciò accade, c’è la necessità di vendere per salvaguardare i conti. Tutto ciò non permette ad una realtà di crescere. Reggere ottanta squadre sotto la Serie A è insostenibile, mi sembra lapalissiano, anche chi non vuole vederlo per ragioni politiche dovrebbe ammetterlo”.