Benevento, Vigorito: “Ripresa un bene per il sistema. Inzaghi? C’è un feeling che va oltre il calcio”
VIGORITO BENEVENTO – Il patron del Benevento, Oreste Vigorito, ha parlato alle colonne della Gazzetta dello Sport, soffermandosi sul futuro immediato del suo club e sul suo rapporto con Pippo Inzaghi: «Sono a casa a Napoli. Posso fare pasti regolari e ginnastica. Serie A? Prima capiamo dov’è. Ci sono troppe incertezze. Sono abituato a concentrarmi […]
VIGORITO BENEVENTO – Il patron del Benevento, Oreste Vigorito, ha parlato alle colonne della Gazzetta dello Sport, soffermandosi sul futuro immediato del suo club e sul suo rapporto con Pippo Inzaghi:
«Sono a casa a Napoli. Posso fare pasti regolari e ginnastica. Serie A? Prima capiamo dov’è. Ci sono troppe incertezze. Sono abituato a concentrarmi sulle cose che dipendono da me, non dagli altri. La A l’abbiamo meritata sul campo, quindi conquistarla a tavolino non mi farebbe sentire in colpa. I 23 punti sulla seconda non sarebbero mai stati colmati. Riprendere sarebbe un bene per il sistema e nessuno potrà obiettare ai verdetti. Annullare la stagione? Sarebbe un’ingiustizia con ripercussioni su tutti i campionati. Meglio finire per la regolarità. La sicurezza si troverà tra qualche anno e non tra qualche mese. E attenzione: il calcio è un’azienda, con un indotto e migliaia di dipendenti. Monte ingaggio più alto? Non sempre abbiamo vinto. L’anno scorso abbiamo perso la semifinale col Cittadella che aveva gli stipendi più bassi: in campo vanno giocatori, non assegni. In A è fondamentale la coesione: come dice il nostro ds Foggia, la squadra è un insieme di corpi che si attraggono, una piramide dove l’uno aiuta l’altro. Inzaghi? Avevamo un accordo per il rinnovo da novembre ma per scaramanzia abbiamo aspettato. Pippo ha portato la mentalità vincente, la ferocia di quando giocava, e la concentrazione fuori dal campo. Inzaghi potrebbe girare in Ferrari e campare di rendita e d’immagine. Invece la sua famiglia ha gli stessi valori della mia e c’è un feeling che va oltre il calcio. Mi era accaduto con De Zerbi. Mi piacciono entrambi perché vogliono gratificare i loro sogni. Obiettivi? Dobbiamo essere come il Padova di Rocco, temuto da tutti. O come l’Avellino dei 10 anni di A. Non ci deve essere un solo traguardo ma più traguardi, uno dopo l’altro. Prima cercheremo la salvezza, poi di assestarci e crescere ancora. Cosa è cambiato rispetto alla prima A? Abbiamo 70 dipendenti come allora. Ma è cambiata la mentalità. Ci manca un centro sportivo, ma siamo migliorati in tutto il resto. Errori da non ripetere? Dopo 8 anni di C, e la A in 12 mesi, pensavamo che quella fosse casa nostra. Sono stato riconoscente con chi aveva meritato la promozione ma questo ci ha fregato. Abbiamo buttato via i mesi da agosto a dicembre. Quando a gennaio con De Zerbi abbiamo preso Sandro, Sagna, Diabatè e Guilherme è cominciato il nostro campionato. Sarebbe stato più comodo risparmiare milioni e tornare in B tranquilli, invece abbiamo lottato, ci siamo presi gli applausi e l’anno dopo abbiamo aumentato il numero degli abbonati. Riforme? In primis il calcio deve unire e non dividere. La gente guarda le partite per staccare un paio d’ore. Discute e sogna, non dimentichiamocelo. A e B sono facce della stessa medaglia, serve interscambio. Al calcio serve una riduzione delle disuguaglianze economiche, dando da mangiare al figlio più grande e a quello più piccolo».