Cosenza, Guarascio: “Non si può passare in un giorno dal cimitero allo stadio. B a due gironi? Mi convince”
GUARASCIO COSENZA – Eugenio Guarascio, presidente del Cosenza, ha detto la sua circa i temi più attuali che riguardano il calcio italiano. Ecco quanto raccolto da tuttomercatoweb.com: “La situazione economica è disastrosa, perché attraverso il gioco abbiamo gli introiti, che significano pubblico e sponsor. Fermandoci, c’è stato un danno enorme, in generale al calcio ma […]
GUARASCIO COSENZA – Eugenio Guarascio, presidente del Cosenza, ha detto la sua circa i temi più attuali che riguardano il calcio italiano. Ecco quanto raccolto da tuttomercatoweb.com: “La situazione economica è disastrosa, perché attraverso il gioco abbiamo gli introiti, che significano pubblico e sponsor. Fermandoci, c’è stato un danno enorme, in generale al calcio ma anche alla nostra realtà. Il tutto è un po’ surreale, era inimmaginabile e ci troviamo di fronte a una pandemia che ha colpito diversi giocatori, dirigenti, miei colleghi… Siamo stati costretti a non pensare al calcio, non si può pensare di essere pronti ad una partita e a gioire quando ci sono persone che stanno soffrendo e situazioni del genere. In fondo il calcio è gioia, un gioco che può servire solo in momenti in cui si sta bene, non con i lutti. Giusto fermarsi un attimo e programmare il futuro con tranquillità, pensando alla salute e a un nuovo modo di fare calcio: senza pubblico diventa completamente diverso. Possiamo anche farlo, ma è un’altra cosa.
Il protocollo definitivo? Siamo interessati, perché la nostra posizione è tale che con 30 punti disponibili potremmo uscire da una situazione di classifica non bellissima. Ben venga il protocollo, ma da quanto mi dicono non sarà comunque a rischio zero: nel gioco il contatto ci può essere. Anche per rispetto di chi ha sofferto, non si può passare in un solo giorno dal cimitero allo stadio. Vero che abbiamo una serie di scadenza, ma pure dovessimo giocare a settembre e non ad agosto, non succederebbe nulla. Tutelare la salute e creare anche una cultura italiana tramite il calcio ci può evitare di creare problemi: abbiamo una grande responsabilità, ma bisogna anche aspettare che arrivi il momento giusto. Qualcuno diceva di accorpare le due annate, o fare queste dieci partite in due mesi. Comunque anche sul prossimo campionato ci saranno gli stessi problemi, a meno che non spunti un vaccino: se non abbiamo l’assillo, la ripartenza la possiamo fare con più serenità.
Noi presidenti abbiamo responsabilità sociale verso il territorio, e nel momento in cui subentra una crisi non è più possibile: il senso etico che tu avevi dato all’appartenenza territoriale, e a creare un momento di gioia che il calcio sa dare, fai fatica ad averlo. Ci dobbiamo aspettare un grande cambiamento, a meno di sovvenzioni che però vedo difficili perché semmai andranno ad altre aziende ed attività produttive prima, com’è giusto.
Rischio di ricorsi? Credo di sì, dobbiamo pensare il calcio e la vita nel rispetto delle regole e quelle attuali dicono che una partita la inizi e dura 90 minuti più recupero: alla fine si stabilisce chi vince e chi perde. Se invece un campionato lo fai durare 50 o 60 minuti, ditemi cosa possiamo decretare. Qualsiasi cosa verrà fuori non rispetta le regole, e se queste le facciamo in corso d’opera tutti sono autorizzati a fare i ricorsi. Questo sarà un ulteriore danno per il calcio: i ricorsi ci saranno senz’altro e saranno anche fondati.
La Serie B, economicamente, è troppo distante dalla Serie A: loro fatturano circa 1,3 miliardi, noi circa 120 milioni. Il rapporto è neanche di uno a dieci, siamo troppo lontani e questo non aiuta il sistema. Si potrebbe creare un livellamento andando verso il basso. Anche se faccio parte della B, darei sostegno alla Serie C e ad altre realtà minori. Noi pensiamo troppo agli stranieri, e i procuratori hanno un giro d’affari solo in Serie A di 192 milioni. Bisogna avere il coraggio di fare riforme che garantiscano la sostenibilità su ricavi certi, che arrivano da sponsorizzazioni, incassi e diritti tv. Pensiamo alla nostra Rai: riuscirebbe a trasmettere il calcio pure nei paesini più sperduti, e lì potremmo avere diritti più genuini ed omogenei.
La B a due gironi da venti squadre? Sì. Se ci si riesce, e credo fosse un vecchio progetto di Gravina, può aiutare tantissimo. Fare due gironi intanto permetterebbe di non prendere aerei e fare un torneo un po’ più di prossimità, aiutando anche a livello economico. Ci sono un gruppo di squadre di C che di fatto sono di B, sono talmente avanti come strutture, e penso a Bari, Catania oltre ad altre piazze… Il discorso che faccio è: guardiamo a strutture, stadi e bacini di utenza. Senza nulla togliere ma alcune squadre arrivano in Serie A e devono giocare in un altro stadio. Chi aggrega più tifosi è giusto che abbia la possibilità di guardare un calcio di livello. Pensiamo che la Serie A si ferma a Napoli, Lecce al massimo. Questo secondo voi è un calcio omogeneo? C’è troppa concentrazione verso il nord, e dalla mia posizione dico che non è possibile, se contiamo che al sud abbiamo tanti appassionati.
La scelta di Pillon? Mi state facendo venire la pelle d’oca perché è stato un momento difficile ma nello stesso tempo di grande umanità: non conoscevo Pillon, ma c’è stato un momento in cui ho visto l’uomo che si è spogliato dalle vesti di mister. Io ero abituati ad allenatori che non si dimettono neanche in ginocchio, mentre lui era combattuto: voleva affrontare la nostra sfida, era convinto che ce l’avrebbe fatta, ma purtroppo quando siamo andati a Verona, è subentrato l’aspetto di due calciatori nostri, tra cui il capitano, che in quel momento clou non se la sono sentita di andare. Lui ha fatto la partita, abbiamo anche perso ma sono certo che in altre condizioni non sarebbe mai successo. Alla fine ci siamo sentiti, e si può dire che in pochi secondi abbiamo capito che per lui era più importante il valore della famiglia, in tutto ciò che comporta questa pandemia. Non ci ha pensato un attimo e così ci siamo lasciati, un po’ di rammarico ce l’ho perché con lui avremmo fatto bene, se non benissimo, nel prosieguo, ma sono d’accordo con lui. Nel calcio ci sono anche uomini che pensano“.