ESCLUSIVA PSB – Perpetuini: “Foggia merita la Serie A. Su Bollini e sul mio addio al calcio…”
Riccardo Perpetuini è una di quelle persone che nel calcio, ed in generale nella vita, ha le idee chiarissime su cosa fare. Una scelta coraggiosa e ragionata quella che, lo scorso anno, l’ha portato a lasciare il calcio a 26 anni per seguire la strada del suo sogno: quella di fare il dentista. Cresciuto nella […]
Riccardo Perpetuini è una di quelle persone che nel calcio, ed in generale nella vita, ha le idee chiarissime su cosa fare. Una scelta coraggiosa e ragionata quella che, lo scorso anno, l’ha portato a lasciare il calcio a 26 anni per seguire la strada del suo sogno: quella di fare il dentista. Cresciuto nella Lazio, è proprio col club capitolino che esordisce in Serie A ed in Europa League. Subito dopo a Salerno arrivano le maggiori soddisfazioni per poi proseguire con Foggia, Cremonese e Mantova prima di appendere gli scarpini al chiodo. Contattato in esclusiva dalla redazione di pianetaserieb.it, Perpetuini ha detto la sua sulle sue ex compagini e si è soffermato sull’addio al calcio. Ecco l’intervista completa:
Riccardo nei tuoi trascorsi alla Lazio sei stato allenato da Mister Bollini, attuale tecnico della Salernitana. Che tipo di allenatore è? Quanto incide, secondo te, il passaggio da una Primavera ad una prima squadra?
“Sicuramente il passaggio c’è e si sente. Quando mi ha allenato il Mister era un allenatore molto esigente che occupava parecchio tempo in campo per spiegarci al meglio le cose. Credo sia cambiato, nel passaggio alla Salernitana, come tempistica in campo perché quando si allena una prima squadra i tempi richiesti sono maggiori. Credo che anche nella sua avventura attuale, seppur dovendo cambiare qualche aspetto, abbia rimasto intatte le caratteristiche comportamentali che lo contraddistinguono”.
Nella tua carriera hai anche giocato a Foggia. Che ricordi hai di una piazza così calda come quella pugliese?
“Foggia è un ambiente molto caldo, è la classica città in cui si vive di calcio e tanta gente ti segue allo stadio. Il mio primo anno lì fu sfortunato perché arrivai a gennaio nell’anno del ritorno di Zeman ma mi ruppi subito il ginocchio: c’era molto entusiasmo perché col ritorno del tecnico boemo, che lì è un’istituzione, e con la squadra che avevamo, cito il tridente Insigne-Sau-Farias, ci si aspettava molto. Nel secondo anno, invece, il tutto è stato caratterizzato dai guai societari che infine hanno portato al fallimento: l’obiettivo erano i playoff ma nella seconda parte di stagione in seguito a fattori esterni siamo caduti in basso in classifica. Foggia è una di quelle realtà che merita di stare assolutamente in Serie B ed in Serie A perché è uno di quei posti in cui la tua professione è valorizzata; ovviamente le pressioni da gestire sono alte ma quando le cose vanno bene giochi con una spinta in più”.
Riccardo una domanda più personale: cosa ti manca del calcio e cosa, invece, non rimpiangi?
“Sostanzialmente non sento in generale la mancanza del calcio perché la mia è stata una scelta ragionata ed arrivata solo da me stesso ed è diverso rispetto a chi smette perché non ha squadra o a causa di un grave infortunio. La parte che mi manca è quella dello spogliatoio, viverlo nel quotidiano o magari la spinta della gente. L’aspetto che non rimpiango affatto è quello delle società poco serie che prendono in giro calciatori creando false illusioni e speranze perché bisogna comunque ricordare che le persone che ci sono nel mondo del calcio vivono con ciò: c’è chi ha una famiglia da mantenere o chi, a 20 anni, si allontana per la prima volta da casa e con gli stipendi delle società ci deve campare”.