30 anni di VeneziaMestre
Avevo tre anni quando è nato il grande amore della mia vita. All’epoca non lo potevo ancora sapere, ma la mia città stava cambiando per sempre, ed il frutto di quel cambiamento avrebbe colorato di arancio e di verde lo sfondo della mia esistenza. Erano gli anni in cui si affievoliva lo spirito del sessantotto, […]
Avevo tre anni quando è nato il grande amore della mia vita. All’epoca non lo potevo ancora sapere, ma la mia città stava cambiando per sempre, ed il frutto di quel cambiamento avrebbe colorato di arancio e di verde lo sfondo della mia esistenza.
Erano gli anni in cui si affievoliva lo spirito del sessantotto, in un paese che vedeva spegnersi poco a poco la spinta industriale del dopo guerra; il primo grande processo alla mafia segnava l’inizio del percorso verso la seconda Repubblica ed i video musicali imperversavano tra le preferenze dei più giovani. L’Italia calcistica era al vertice del panorama planetario, in attesa di un mondiale che si sarebbe organizzato con il favore dei pronostico. A Venezia e Mestre invece, le due principali squadre locali galleggiavano navigando a vista nei bassifondi della quarta serie nazionale, con la compagine insulare martoriata da costanti difficoltà economiche e fallimenti.
A dare la svolta ad un movimento stanco e con cieche prospettive fu un “foresto”, quel Maurizio Zamparini oramai ricordato più per la sua clamorosa fuga del 2002, che per i suoi anni migliori.
Come tutte le rivoluzioni, quella in salsa veneziana del 1987 fu accolta con grandi timori ed accese polemiche; unire due tifoserie rivali era forse troppo audace persino per mister Emmezeta, nonostante il progetto fosse intrigante ed ambizioso.
Il primo passo fu comprare la metà neroverde veneziana, il secondo spingere la dirigenza mestrina a vendere. Ultimo ma non ultimo, convincere la cittadinanza che fosse la cosa migliore da fare, non certo una passeggiata di salute all’epoca.
Venezia e Mestre. Due città in una. Decisamente più uniche che rare. Legate a doppio filo dalla storia, dal popolo e dalla politica. Mestre è tutt’oggi la più grande frazione d’Italia, parte fondamentale del comune di Venezia, insieme all’area di Marghera e di Favaro. I confini non così definiti, in continua evoluzione, come la marea che entrando ed uscendo dalle bocche di porto mescola costantemente l’acqua del mare a quella della laguna. Mestre nel medioevo racchiusa tra le sue mura, da sempre fiera alleata della Serenissima ed estremo scudo alle incursioni da occidente. Negli ultimi trent’anni il versamento sempre più frequente di abitanti dai sestieri alla terraferma non ha fatto altro che cementificare il rapporto tra le due città, nonostante le richieste sempre meno convinte di autonomia politica avanzate dai “nostalgici”, per motivi essenzialmente campanilistici. Richieste rispedite al mittente per tre volte negli ultimi venti anni, chiaro segnale di due città che si riconoscono sotto lo stesso leone alato di San Marco e di cui sono orgogliosamente portatrici di storia e tradizioni. “Campagnoli”, “Vongolari”, si sentono ancora oggi nelle dispute linguistiche tra i due lati del ponte, ma sono sempre più epiteti di scherno, a simboleggiare una rivalità che ormai non esiste più. E non potrebbe essere altrimenti quando le famiglie che non hanno sangue condiviso tra terra e mare si contano, forse, sulle dita di una mano.
La storia, la nostra storia, inizia in un pomeriggio di settembre, esattamente il 27, il teatro è lo stadio Baracca, sito in terraferma. Per dovere di cronaca, l’esordio in campionato per il neonato Veneziamestre c’era già stato sette giorni prima, con il successo sul campo della Pro Patria, ma per tutti gli appassionati, il vero battesimo fu quella sfida contro il Telgate. I presenti raccontano di un’attesa snervante, la gente in fila sotto una pioggia torrenziale, lo strano cocktail di colori e facce nuove, gli sguardi diffidenti di chi non sapeva quale fosse ancora il proprio posto. Inizia il match, il primo incontro casalingo della storia dell’ “Unione” ed in pochi istanti il sole s’impossessa del terreno di gioco ed inizia a squarciare le tribune; sembra poesia, ma è solo calcio..
La curiosità per le sorti della sfida fa a gara con quella per le reazioni della curva. Partono timidamente i primi cori “Venezia,Venezia”, seguono altrettanto decisi incitamenti al Mestre, fino a quando la fusione inizia a prendere corpo anche nelle menti e negli spiriti, ed al primo “c’è solo VeneziaMestre” si inizia ad intuire la portata dell’evento storico. I neo arancioneroverdi sotterreranno gli ospiti sotto un poker di segnature, la prima pagina è stata scritta.
Delle due formazioni originali dell’anno precedente resteranno solo un paio di elementi, salomonica decisione per non scontentare nessuna delle due fazioni, comprensibilmente grottesco sarebbe stato il dover incitare giocatori odiati solo pochi mesi prima.
La stagione risulterà trionfale, con la promozione in c1 centrata al primo tentativo, un successo fondamentale per le sorti di questa fusione, che ha facilitato la cementificazione di tutta la provincia attorno alla nuova creatura sportiva.
Ma proprio nei giorni in cui l’amore per la nuova squadra stava prendendo il volo, la scelta del magnate friulano di ricambiare la denominazione sociale in “A.c. Venezia 1907” mise a dura prova i cuori più puri; con questa contestatissima operazione di autentico marketing, Zamparini si manifestò per la prima volta come l’affarista senza scrupoli né passione di cui in questi giorni anche i tifosi palermitani stanno venendo a conoscenza.
Ma il germoglio unionista era già nato, ed i tre colori arancioneroverdi sarebbero rimasti lì per sempre a simbolizzare il matrimonio tra le due realtà sportive ed a sancire l’unione dell’intero territorio. Mentre nascevano piccole, meste, nostalgiche realtà arancionere e neroverdi, il resto della provincia si raccolse intorno al neotricolore, riuscendo a coalizzare anime diverse delle precedenti tifoserie, e ponendo i presupposti per una grande squadra ed una grande curva che settimana dopo settimana riuscì a superare le rispettive posizioni per arrivare al sogno più importante, il VeneziaMestre.
Tornati al glorioso Penzo, sull’isola di Sant’Elena, il settore più caldo del tifo veneziano fu occupato dai neonati Ultras Unione, mentre una piccola frazione chiamata “Vecchia guardia” inizialmente continuò a sostenere la parte neroverde della società, prima di migrare in curva nord, per poi sciogliersi pochi anni più tardi.
Nelle tappe epiche della storia unionista diversi sono i momenti che rimangono indelebili sulla pelle e sulla mente. Il primo ricordo è ovviamente il leggendario spareggio di Cesena, il 16 giugno 1991, quando oltre 7000 veneziani e mestrini spinsero la squadra lagunare verso la promozione in serie b. Il primo vero esodo unionista invase l’a13 e la provincia romagnola, instaurando in tutti i presenti il gene arancioneroverde.
La mia prima stagione da abbonato coincise con il secondo, indescrivibile flashback del passato lagunare, con la doppia sfida contro la Juventus in coppa Italia. Al pareggio dell’andata a Torino seguì un’inspiegabile 4-3 veneziano al ritorno, in un Penzo che superò di gran lunga la capienza massima.
Negli anni successivi le vittorie si fecero più frequenti, e nel 1998 arrivò la promozione in serie A, per il calcio Venezia la prima dopo 35 anni, per il calcio Mestre e per il neo VeneziaMestre la prima in assoluto. In città fu delirio, isole e terraferma furono ammantate di arancioverde per settimane, il sentimento unionista raggiunse la sua massima espressione, il progetto di Zamparini era arrivato a compimento, nonostante tutto.
Ma nel luglio 2002 Mr Mercatone uno, dopo la seconda retrocessione in serie cadetta, decise da un giorno all’altro di trasferire più di metà squadra, compreso ds ed allenatore, dal ritiro veneziano a quello del Palermo, società appena acquisita dallo stesso. Nel silenzio generale dei media nazionali andò in onda la più squallida commedia del calcio moderno, con un’intera rosa costretta a seguire le sorti del padrone, anziché quelle del team di appartenenza. L’alibi del presidente fu mettere al suo posto in laguna il classico fantoccio prestanome, che come fu chiaro fin da subito, non fece altro che accompagnare il VeneziaMestre verso il suo primo fallimento. Ma la reazione della città fu sorprendente, ed il risultato fu di stringersi ancora di più attorno a quei colori ed a quei giocatori rimasti fedeli alla bandiera. La salvezza dell’anno successivo, condita dalla vittoria esterna proprio a Palermo, fu festeggiata come uno scudetto.
La storia recente del nostro club racconta di un quindicennio passato attraverso tre fallimenti ed una sfilza di effimere promozioni e rinascite. Una narrazione fatta di personaggi inquietanti o addirittura inventati, pronti a lucrare sopra questa maglia, una cronaca di anni passati a girovagare per paesini dispersi del Triveneto, spesso irrintracciabili persino dalle mappe, conditi da sconfitte imbarazzanti e giocatori improbabili.
Ciò nonostante, la passione e l’amore dei propri sostenitori non venne mai meno, ma anzi, si riuscì a ricucire con ancor più vigore alcuni strappi interni al fronte unionista, rinsaldando una curva ed una tifoseria che aveva incontrato diversi ostacoli dopo lo scioglimento degli UU. Il prezzo da pagare però, fu l’aver perso una generazione di giovani veneziani e mestrini, che si affezionò naturalmente più ai top club della serie A piuttosto che ad una compagine che navigava negli inferi dei campionati dilettanti.
Fino ad oggi, quando un allegro manager d’oltreoceano ha deciso di scommettere nuovamente su queste città e su questa gente. Un presidente che ha riacceso l’entusiasmo di una piazza romanticamente legata al proprio passato, portando un progetto finalmente concreto ed avanguardista, capace di trascinare nuovamente la comunità allo stadio destandola dal proprio malinconico torpore. Con una curva sud che sabato dopo sabato sembra riacquistare i fasti di un tempo, ed un seguito sempre più ampio e convinto pure in trasferta, i presupposti ci sono tutti, nella speranza di trasmettere anche ai più giovani la stessa passione.
Questi sono i primi capitoli della nostra favola, molti altri saranno da scrivere e da vivere, augurandomi un giorno di vedere mio figlio con la stessa sciarpa arancioneroverde, proprio come mio nonno e mio padre (cuori neroverdi prima, convinti unionisti poi), fiero del suo passato movimentato e combattuto, fiero del suo territorio e delle sue origini, dovesse nascere in isola come in terraferma, orgoglioso di rappresentare l’amore per una maglia e dei colori che rappresentano un intero popolo, alla faccia delle nicchie nostalgiche ed anacronistiche che fomentano una divisione che esiste solo nelle loro ristrette logiche da quartiere. Per noi questi colori, questa maglia, esprimono e sempre esprimeranno il VeneziaMestre 1987, degno erede della storia di due società gloriose, come l’ Ac Venezia e l’ Ac Mestre. Ci possono chiamare arlecchini, ibridi, impuri, si potrà disquisire per l’eternità sul nome del nostro amore, si potrà chiamarlo come si preferisce, ma la sostanza non cambierà mai, perché la passione non conosce ragione alcuna, e va ben aldilà di sterili polemiche e definizioni. Più continueranno a volerci divisi e più i nostri cuori marceranno raccolti. L’anima della Curva Sud “Michael Groppello”, dell’intero stadio Penzo e ci si augura, pure del nuovo stadio, resterà legata ai nostri tre colori, simboli di fratellanza, di orgoglio veneziano e mestrino, simboli di UNIONE.