Fedele al Calcio – Gilardino, il Genoa e una proposta incantevole
Che squadra quella rossoblu!
Il 6 dicembre, nell’analisi della stagione del Genoa, deve essere inevitabilmente associato alla Resurrezione calcistica (in questo periodo è – tra l’altro – un’espressione che trova tangibile corrispondenza). L’esonero di Alexander Blessin, l’approdo in panchina ad interim di Alberto Gilardino, una sensazione di confusione che disorientava coloro fortemente convinti della qualità del Grifone. Incertezza mescolata a un affollamento di dubbi sul valore di un organico chiamato a rappresentare un club glorioso e una città ricca di storia, tanto in campo quanto fuori. Col solito – e comodo – senno del poi, è lì che i rossoblu hanno preso l’aereo verso l’eccellenza.
Una cura e un faro
Alberto Gilardino (che, inciso doveroso, prima di salire in prima squadra stava disputando un magnifico campionato con la Primavera) è stato proprio questo per il Genoa: una cura e un faro. L’ex attaccante, che ha aggiunto la Serie B a un percorso che l’ha già visto organizzare squadre propositive in Serie D e Serie C, ha rimesso i tasselli al posto giusto, ordinando le idee di una squadra piena di talento ma colma di altrettante fragilità tattiche ed emotive.
Il Grifone, nel precedente mandato tattico, era una squadra in grado di gonfiare il petto con l’orgoglio derivante dalla mescolanza tra una maglia iconico e oggettive dosi di induscitibile talento, ma le crepe erano troppo evidenti per essere sottovalutate. Spirito poco propositivo, elementi sottotono, costante affidamento alle iniziative individuali non contornate dalla propensione al gioco che determinati interpreti hanno certamente nelle proprie corde.
Lo spartito attuale ha invece acquisito tutt’altra musicalità. Il Genoa, dalla sedicesima giornata (la prima con il Gila in panchina) a oggi, è la squadra che ha collezionato più punti (37, contro i 31 del Frosinone capolista). Una rappresentazione sintetica di un processo che ha plasmato una compagine ora meritevole dei più encomiabili elogi, tanto attitudinali quanto tattici.
I rossoblu giocano un calcio propositivo, a tratti dominante, corale nella gestione e occupazione degli spazi ma al contempo in grado di azionare il talento dei singoli, ora realmente parte di un tessuto dove le funzioni sono assorbite ed esercitate. Un solo KO (contro il Parma, il numero sale a due se si considera la sconfitta in Coppa Italia di Roma) non può essere un merito banale, ma la grandezza del Genoa è nei principi di gioco: la gestione del pallone con la creatività negli spazi stretti e la ricerca dello stress da distribuire nelle reti difensive avversarie quando è possibile accelerare con giocate verticali; la qualità di Gudmundsson (giocatore incredibile, doverosa sottolineatura), la famelica eleganza di Coda e la solidità che al momento consegna ai liguri la palma di miglior difesa. Il tutto sublimato da un atteggiamento consapevole, effervescente e famelico.
Tutto ciò non può essere casuale, e la ricerca dei meriti non necessita di alcuna declinazione di fatica: il direttore d’orchestra ha un nome, un cognome e tanta storia. Alberto Gilardino, professione allenatore che incide.