Carpi-Benevento, la “normalità” alla ribalta
Alla vigilia del campionato cadetto in pochi avrebbero accreditato a Carpi e Benevento i favori del pronostico: due buone rose, nulla più. La squadra emiliana, reduce dall’esperienza in Serie A, sicuramente poteva vantare un organico tignoso e compatto, ma sembrava difettare del talento che invece si celebrava in piazze ambiziose come Bari, Verona, Frosinone, Cesena; […]
Alla vigilia del campionato cadetto in pochi avrebbero accreditato a Carpi e Benevento i favori del pronostico: due buone rose, nulla più. La squadra emiliana, reduce dall’esperienza in Serie A, sicuramente poteva vantare un organico tignoso e compatto, ma sembrava difettare del talento che invece si celebrava in piazze ambiziose come Bari, Verona, Frosinone, Cesena; i sanniti, matricole in Serie B, hanno proposto un interessante mix di calciatori giovani e navigati che appariva affidabile per una tranquilla permanenza in categoria e funzionale alla valorizzazione economica del club. Una variabile, tuttavia, è stata sottovalutata ai nastri di partenza, cioè l’incidenza degli allenatori: Castori, confermato dopo la stagione in massima serie, un mister che della cadetteria ha imparato, nell’ultimo decennio, ogni segreto e Baroni, in rampa di lancio dopo i playoff conquistati, ma non vinti, l’anno precedente a Novara. Il comun denominatore dei due tecnici lo si è potuto riscontrare di settimana in settimana, una qualità spesso bistrattata, relegata all’ambito della mediocrità, ma rivelatasi tremendamente vincente: la normalità. Carpi e Benevento, nonostante la conferma di Lasagna e l’esplosione di Ciciretti, non hanno potuto contare né su una folta schiera di singoli in grado di risolvere le partite con una giocata, né su un gruppo dalle spiccate abilità nel palleggio a cui far costruire trame di gioco entusiasmanti, ad imporsi, dunque, è stato l’ordine. I numeri, tuttavia, ci dimostrano che le due squadre hanno avuto percorsi tutt’altro che identici: se al Cabassi si è fatto dell’equilibrio, del sacrificio, dell’agonismo e dell’umiltà il fiore all’occhiello, i campani, al contrario, hanno affrontato ogni partita sulle ali dell’entusiasmo, affermandosi come miglior attacco della Serie B, ma ciò non deve deviare l’analisi sul percorso delle Streghe. Ceravolo, riscopertosi goleador implacabile a 30 anni, mai aveva superato le 12 reti in un singolo campionato, la cerniera di centrocampo composta da Chibsah ed Eramo non brilla certo per proprietà tecniche; il contropiede, feroce ed inarrestabile, è stata la mossa mai stanata dello stratega Baroni, arma che ha messo a nudo i limiti di tutte le linee difensive avversarie ed esaltato giocatori affamati di successo e di riscatto. Una domanda, però, in prospettiva del match d’andata della finale playoff di stasera sorge spontanea: che margini ha in 180 minuti una formazione che vive di ripartenze, ma avrà di fronte l’impianto difensivo più solido ed affiatato in circolazione?