Fedele al Calcio – Claudio Ranieri: passione ardente, eleganza intramontabile
Claudio Ranieri: un uomo che fa bene al calcio
Un cerchio che si chiude, così come una linea che prosegue. Un contenitore che accoglie, una torre che si innalza verso vette inesplorate. È multiforme il ritorno di Claudio Ranieri in quel di Cagliari, non ha alcuna parvenza di piattezza, non può né deve essere trattato come un capitolo che si limita ad aggiungere eventi. Questione di meriti e spessore, di puro romanticismo, di estraneità ai grigi modi di stare al mondo odierni, di mani che si tendono, di un’eleganza sempreverde, medicina per la vita.
È difficile non peccare di ovvietà quando si analizza il percorso nel calcio di Claudio Ranieri. Oggi – purtroppo o per fortuna, chissà – la novità è dinamica rara, introvabile, abusata nei termini ma spesso vacua nei contenuti. Tutto si sa, tutto è disponibile, tutto è commentabile. Ranieri per il Belpaese del pallone ha fatto tanto, sia tra i confini che fuori. Lo sapete, lo sappiamo: l’ha coccolato, studiato, onorato, certamente migliorato.
La freddezza dei numeri e l’analisi degli eventi ha un unico ostacolo: non essere in grado di entrare nelle menti – e nelle conseguenti elucubrazioni – dei protagonisti. La speranza che in 1984 Orwell ripone nella lotta alla psicopolizia (la thinkpol), insomma: il pensiero non è controllabile da agenti esterni, è circondato da una corazza di esclusività che lo rende inaccessibile a chi tenta di forza la serratura. È nostro, di nessun altro (“non avevano ancora scoperto una tecnica segreta per scoprire cosa stava pensando un altro essere umano“).
La sensazione è che Ranieri – nella sua carriera – abbia sempre pensato tanto, muovendosi su codici non negoziati ma costantemente sollecitati, uno su tutti il fortissimo peso conferito alla passione, anche quando quest’ultima ha recitato un ruolo probabilmente da antagonista rispetto alla razionalità, altra componente che Sir Claudio non ha mai accantonato.
Prima Roma, ora Cagliari, situazioni in cui l’amore per il ricordo era inserito in una mescolanza con il timore per il futuro, creando una relazione consequenziale che avrebbe potuto stoppare la fioritura del nuovo mandato.
In entrambi i casi, così non è stato, e ad aver trionfato è stata l’intenzione di tranciare il possibile rimpianto. Tutto ciò è in un certo senso (piacevolmente) fanciullesco: incertezza, aspettativa, desiderio, smania, tratti che condividono un ring che l’allargamento delle spalle grazie all’esperienza avrebbe dovuto teoricamente contribuire a ordinare, ma Ranieri non ha storicamente preso in considerazione questa fredda forma di equilibrio.
Sotto quest’ultimo punto di vista, Claudio mai ha optato per una direzione contraria a quella che ne ha contraddistinto il cammino: un tracimante trasporto emotivo generato dal calcio. L’accensione indotta dal rettangolo verde non ha cambiato la reazione del tecnico negli anni: osservarlo durante una partita o un allenamento restituisce l’incontrovertibile sensazione che il tempo non abbia assolutamente congelato questo modo di essere e vivere. Ranieri sembra non temere il fluire degli anni, i cambiamenti che apportano, gli aggiornamenti da seguire, gli archetipi caratteriali degli interlocutori inevitabilmente differenti.
La focosità della passione – nel nostro protagonista – viene bilanciata, per meglio dire accompagnata, da un impareggiabile stile, termine che è doveroso articolare in tanti rami: eleganza, virtù, rispetto, spessore. Ranieri sa comunicare, è empatico, ammalia per com’è in grado di amalgamare la serietà con la serenità. Calmo ma intenso, deciso ma leggero, risoluto ma stimolante. Un elenco di possibili contraddizioni che diventano magnifici componenti di un unico puzzle.
Claudio Ranieri fa bene al calcio: Cagliari, goditelo (e donagli altri applausi come quelli di sabato scorso, quando al calcio italiano è stata consegnata un’accoglienza invidiabile e istanti commoventi).