Cosenza, la strada tracciata con Alvini è chiara
Il Cosenza cambia forma sotto la guida di Alvini
Il calcio moderno corre ormai ad una tale velocità per cui un gol sbagliato o segnato può cambiare le redini di una stagione, così come una parata, un intervento fallito, o una scelta piuttosto che un’altra.
A tale velocità si dividono poi due categorie che operano all’interno di esso: opinione pubblica e chi del calcio ne porta avanti l’aspetto pratico: le società.
Da una parte (opinione pubblica) troviamo l’estenuazione di concetti quale la bellezza e la ricercatezza di qualcosa che si tramuta poi nell’estetica della proposta.
Dall’altra (società) troviamo la schiacciante necessità di portare a casa un risultato (salvo rare eccezioni) che quasi mai combacia con la creazione di un prodotto che possa aiutare ad accrescere il valore del club stesso nel futuro.
Detto ciò, si comprende la difficoltà nel provare a portare avanti un’analisi che possa dirsi quanto più equilibrata possibile tra il concetto di estetismo inteso non come fine a se stesso e tra quello della praticità legata al risultato.
Equilibrio, appunto. Concetto cardine espresso da Massimiliano Alvini in ripetute circostanze.
Tanto con i giocatori, presumo, quanto in conferenza stampa verso i giornalisti. Ma facciamo un passo indietro.
Il Cosenza, come ha spesso abituato, anche nel corso dell’attuale sessione di calciomercato ha dato il via ad una vera e propria rivoluzione. Sportiva e dirigenziale. Questa volta, a differenza del passato, il cambio è stato drastico. Via direttore sportivo e tecnico che hanno fatto le fortune del club nelle passate stagioni e dentro quel Beppe Ursino a lungo corteggiato da Guarascio come direttore generale, Gennaro Delvecchio nel ruolo di direttore sportivo e Massimiliano Alvini come guida tecnica.
Il progetto che si è deciso di sposare, almeno per quanto visto fin qui, ha connotati ben differenti rispetto quelli della passata stagione. Dopo l’artificioso mercato effettuato lo scorso anno, il nuovo asset societario ha dato la priorità alla valorizzazione del marchio Cosenza decidendo di investire su giocatori di proprietà in ottica futura, piuttosto che affidarsi ad un usato sicuro ma pur sempre legato a formule quali quella del prestito.
E, per portare avanti tale discorso, dg e ds, in maniera molto discreta e a tratti sorprendente, hanno deciso di affidare la conduzione sportiva della squadra a Massimiliano Alvini. Quali siano i reali obiettivi del club in ottica futura non è dato saperlo, ma è lecito pensare che per raggiungere l’ennesima sofferta salvezza sarà necessario qualcosa di speciale. Perché, oggettivamente, a questa squadra qualche pezzo sembra mancare.
La sensazione avuta nel corso della prima apparizione al “Marulla” e prima ancora in fase di preparazione, è che questa volta la squadra proverà a raggiungere l’obiettivo prefissato dalla società attraverso una proposta, un’identità. Una partita non basta e mai basterà per avanzare considerazioni che possano dirsi approfondite. Ma che il Cosenza con Alvini abbia deciso di intraprendere una strada definita è cosa chiara. Non sono io a dirlo, è la storia. Il curriculum di un tecnico che alla base del suo percorso ha sempre messo concetti definiti. Modi di intendere la partita che poi si sono ritrovati nelle gare successive: Mantova, Spezia e Palermo.
La squadra, a livello numerico così come a livello tecnico è palesemente incompleta. E’ cosa risaputa. Nonostante ciò, nelle prime uscite stagionali tre aspetti hanno concesso ai Lupi di ergersi al pari o (saltuariamente) sopraffare squadre che da qui a fine stagione lotteranno per obiettivi ben più prestigiosi (ad eccezione del Mantova): idea di gioco, organizzazione e predisposizione al sacrificio. Quest’ultima favorita da una condizione fisica ottimale rispetto alla media, con conseguente aggressività che si eleva e in fame che nell’arco dei novanta minuti portano a compensare il divario tecnico-numerico con le altre.
Questo per dire che, nel senso più pregevole del termine, quella che Alvini sta costruendo è una squadra operaia. Come diversamente non potrebbe essere. Perché attualmente il Cosenza, per rosa, è nettamente inferiore ad una buona fetta di squadre con cui si giocherà la permanenza in cadetteria. Perché l’attinenza a giocare per certi obiettivi ancora non fa parte della mentalità del club, vedasi la passata stagione. Ma soprattutto perché la distanza tra società e gente è ancora ampia e l’unica componente che può far da tramite per un riavvicinamento tra le parti è proprio la squadra. E, affinché ciò avvenga, servono prese di posizione, risultati ma soprattutto gente che lotta in campo. Le prove offerte in queste prime giornate hanno evidenziato una squadra capace di mettere in mostra un’organizzazione tattica importante. Predisposizione, preparazione e personalità a giocare nell’uno contro uno contro avversari sulla carta maggiormente dotati qualitativamente. E, per finire, voglia e capacità di giocare a calcio. Il Cosenza di Massimiliano Alvini, che ancora ha tanto da lavorare ed ampi margini di crescita, ha mostrato fin qui in diversi frangenti una bellezza calcistica nella proposta funzionale al raggiungimento del risultato finale. E’ bene evidenziarlo poiché non passi in secondo piano la qualità del gioco espressa.
La strada per poter affermare che ciò avverrà per tutto l’arco della stagione è lunga. Per il momento la sola cosa che si può affermare è che nonostante una rosa incompleta, tecnico e giocatori hanno intrapreso questa strada. Se la squadra riuscirà a seguire Alvini da qui alla fine è tutto da scoprire. Come è da scoprire se il tecnico riuscirà a farsi seguire.
Ciò che resta, per il momento, è l’urlo del “Marulla” al triplice fischio dopo la vittoria sulla Cremonese: “Alvini, Alvini, Alvini”.
Cosenza ha trovato il suo condottiero.
Che le parti adesso siano brave a remare tutte verso la stessa direzione.