Venezia, Zanetti ha plasmato il miglior Di Mariano: tecnica e sacrificio
DI MARIANO VENEZIA – Dovessimo fermarci alle statistiche, la miglior versione di Francesco Di Mariano dovrebbe essere quella della stagione 2018/2019, quando i gol furono 8 e gli assist 2. I dati, per quanto importanti ed esplicativi, alle volte non sono esaurienti come l’apparenza suggerirebbe. Il caso dell’attaccante classe ’96 supporta questo concetto, perché il […]
DI MARIANO VENEZIA – Dovessimo fermarci alle statistiche, la miglior versione di Francesco Di Mariano dovrebbe essere quella della stagione 2018/2019, quando i gol furono 8 e gli assist 2. I dati, per quanto importanti ed esplicativi, alle volte non sono esaurienti come l’apparenza suggerirebbe. Il caso dell’attaccante classe ’96 supporta questo concetto, perché il Di Mariano dell’annata in corso non ha eguali in termini di mix tra qualità e incisività.
La casacca rispetto a due stagioni fa non è cambiata, è sempre quella del Venezia che, da quell’annata turbolenta (i lagunari persero i playout contro la Salernitana ma ottennero la permanenza in cadetteria “grazie” all’esclusione del Palermo) ha costruito un progetto entusiasmante, dal dolce sapore con riferimento sia al presente che al futuro. Questo Venezia diverte, convince e vince, ulteriore dimostrazione che la dicotomia tra gioco e risultati è carburante per i miopi, dato che uno è il mezzo mentre l’altro è il fine. Tanti i meriti della riuscita dei lagunari, uno su tutti: quel Paolo Zanetti che si è definitivamente palesato agli occhi dell’Italia del calcio e che ha contribuito a valorizzare diversi calciatori, dinamica spesso sottovalutata ma che palesa, così come una vittoria, la bontà del lavoro svolto.
Uno degli elementi nettamente cresciuti è proprio Di Mariano. Il valore dell’estrosa ala era noto ma, nel corso delle diverse esperienze raccolte tra Serie C e Serie B, c’era la sensazione più o meno fondata che fossimo al cospetto di un calciatore tecnicamente indiscutibile ma incompleto per poter competere ai massimi livelli. Mancava continuità nell’arco dei novanta minuti prima e delle partite poi: le ragioni possono essere diverse, non sta a noi avventurarci nell’analisi socio-calcistica del ragazzo ma, da spettatori e (si spera) addetti ai lavori, la percezione è che lo scatto in avanti di Francesco derivi da un’asticella della convinzione nettamente alzata.
Di Mariano ora sa di poter incidere. Ulteriore aggiunta: sa di poterlo fare anche senza il pallone. Nei movimenti in entrambe le fasi, quando c’è da coprire così come quando bisogna invadere lo spazio (generato in maniera sapiente e sublime da una squadra che è un moto perpetuo) per rifinire o concludere, il prodotto del settore giovanile di Lecce prima e Roma poi ha una consapevolezza ora diversa e sicuramente più ampia. Una conoscenza del calcio che viaggia verso la completezza e che ha arricchito un calciatore sublime nel dribbling ma, in precedenza, non altrettanto ammirevole negli altri principi di tattica individuale che devono pervadere i grandi calciatori: la capacità di sapersi associare con i compagni, i movimenti senza palla propedeutici allo sviluppo della manovra oppure alla gestione di una sortita avversaria, le scelte che abbinano qualità a ragionevolezza.
Questa crescita, condita fino a questo momento da due gol e sette assist, presenta sicuramente margini di ulteriore miglioramento, perché una pausa sarebbe sinonimo di stagnazione, fattispecie che non sembra interessare Di Mariano. La giusta predisposizione al lavoro, il costante dialogo con il tecnico, la consapevolezza di dover dare una sterzata alla carriera della stessa qualità di quelle offerte in campo: ingredienti che hanno regalato al Venezia e alla cadetteria la miglior versione di un profilo che ha ancora tanto da regalare.