Fedele al Calcio – Viviano sta indicando una strada: la comunicazione non è pericolosa
Perché i calciatori non sono liberi di parlare?
Il calcio, a detta di chi scrive, ha un grosso equivoco: è l’unico settore socio-economico italiano (per geolocalizzare la questione, ma fuori dai nostri confini la situazione non cambia, anzi subisce ancora di più il paragone con le altri grandi leghe sportive) in cui la visibilità e l’inserimento nel tessuto in cui si vive/opera sono inversamente proporzionali. Salve rare, rarissime, eccezioni, delle opinioni dei calciatori si sa poco, pochissimo. Le dichiarazioni rilasciate sono spesso riciclate dal Manuale dell’Ovvio, e non sembra essere prossimo alcun disgelo della categoria, ibernata dalla palese e alienante iper professionalizzazione che ne accompagna la quotidianità oramai dall’età pre-adolescenziale, così come da un’inspiegabile ovatta che una cospicua fetta di uffici stampa pongono per eliminare qualsiasi, potenziale, angolosità.
Bipedi seguiti da migliaia di persone, i calciatori – dunque – potrebbero comportarsi da casse di risonanza di qualsivoglia messaggio, e ciò che si è appena scritto non è menzionato con una scontata intenzione positiva, anzi, perché sarebbe legittima l’obiezione circa l’imprevedibilità e la diffusione di eventuali posizioni contornate dalla rischiosità di eventuali basi farinose. Evitando dunque di divagare, il nocciolo di una questione certamente ampia è che oggi sono tante le informazioni sui calciatori ma risicate quelle su quest’ultimi quando svestono i completini. Il modus vivendi cucito addosso a tali atleti li porta quasi a dare l’impressione di vivere su un pianeta differente, dal quale si spostano per scendere in campo prima di tornare dei propri feudi. Latita, di conseguenza, una connessione con la società civile.
Tutto ciò, come già menzionato, viene foraggiato dal rapporto tra gli uffici comunicazione e la stampa, per la mania del controllo dei primi e – così da non lasciar intendere alcuna volontà di tirare acqua a ipotetici propri mulini – la passione per Google Analytics o di indici vari ed eventuali dei secondi. Il risultato, dunque, è che i calciatori dicono sempre le stesse cose, rispondendo sempre alle stesse domande.
Le eccezioni, dunque, vanno applaudite, salvaguardate e stimolate. Quanto fatto a partire da questa stagione da Emiliano Viviano rientra certamente in tale, ristrettissima, casistica. Impegnato con un progetto ad ampio respiro come quello di TV Play, un progetto oramai noto che ha scalato i gradini verso una notorietà oramai nazionale. Collaborazione avviata in estate, le ospitate dell’esperto portiere hanno confermato la sua tendenza, che già traspariva oramai da anni, a non aveva ingessature dinanzi a un quesito, mostrando un grado di empatia tale da renderlo interessante, e piacevolmente simpatico, da ascoltare.
Come da lui stesso dichiarato prima di firmare il contratto con l’Ascoli, proseguire quest’avventura editoriale sarebbe stata una delle condizioni poste al club che ne avrebbe gradito le prestazioni. Così è stato, con discreta sorpresa da parte di chi scrive in quanto quella marchigiana è una realtà poco propensa a concedere alla stampa i propri tesserati, se non nelle conferenze di rito o in occasioni più che sporadiche di interviste singole.
Viviano, pertanto, sta portando avanti questa serie di interventi, nel corso dei quali dà liberamente concretezza alle sue opinioni calcistiche, indipendentemente dal tema trattato, ed è tanto integrato nel gruppo di lavoro quanto “coraggioso”, riprendendo la passività della categoria quando ne vengono solleticate le idee. Accompagnato da professionisti di vario tipo, sia calciatori (lo stesso Mario Balotelli è stato coinvolto spesso nelle ultime settimane) che giornalisti o content creators, il classe ’85 si è dunque calato in una realtà che funziona ed è interessante da seguire.
Una convinta provocazione sorge dunque spontanea: i calciatori non sono perniciosi, non nuocciono alla salute né emettono ultrasuoni pericolosi per il proprio club o per le sorti del Paese. Liberandoli da inutili catene, hanno dunque modo di mostrarsi molto più affabili, gradevoli (in questa sede abbiamo non troppo tempo fa elogiato il modo di utilizzare Twitter di Romano Perticone) e, al contempo, forse maggiormente propensi a sviluppare curiosità in senso lato, data la seguente possibilità di condividere. Chapeau a Emiliano, con la speranza che i suoi colleghi, così come chi ne pilota le apparizioni, svecchino un sistema anacronistico e monotono.