Il Frosinone e una stagione altalenante: analizziamo le due facce dei Ciociari
La regular season di Serie B volge oramai al termine ma, a 180 minuti dal gong che sancirà promossi, rimandati e bocciati, tanto – se non tutto, con le spiacevoli eccezioni delle già retrocesse Crotone e Pordenone – è ancora da decidere. Un’annata esaltante, piacevolmente frenetica e impossibile da codificare. Ciononostante, è inevitabile tentare di […]
La regular season di Serie B volge oramai al termine ma, a 180 minuti dal gong che sancirà promossi, rimandati e bocciati, tanto – se non tutto, con le spiacevoli eccezioni delle già retrocesse Crotone e Pordenone – è ancora da decidere. Un’annata esaltante, piacevolmente frenetica e impossibile da codificare. Ciononostante, è inevitabile tentare di accostare premesse e rendimenti, aspettative e potenziali risultati, valori tecnici e qualità nel gioco. Elementi che tenteremo di fondere in un’analisi riguardante una delle compagini più altalenanti del campionato, ovvero il Frosinone.
Tanta qualità, altrettante incertezze
Completamente rivoluzionato dall’importante lavoro di Guido Angelozzi, il Frosinone si è presentato ai nastri di partenza come una delle compagini potenzialmente più impattanti del campionato, status ottenuto in virtù di una campagna di rafforzamento che ha portato in giallazzurro elementi dall’eccelso valore, per giunta potrendo patrimonializzare, un tratto poco comune nella gestione sportiva di un club cadetto. Calciatori forti, diversi dei quali – ribadiamo – di proprietà del club e nel pieno della maturità, mentre altri sono fioriti in terra ciociara ma andranno a far fortune altrove. Con queste premesse, e con il tanto banale quanto approssimativo senno del poi, la squadra allenata da Fabio Grosso ha rispettato la propria forza?
È inevitabile sottolineare (dunque il timing dell’articolo è probabilmente sbagliato, ma la ragione della stesura in questa data risiede proprio nella volontà di non farsi obnubilare dall’epilogo) come l’accesso o meno ai playoff (che vede attualmente il Frosinone all’ottavo posto, l’ultimo valido per guadagnarsi la battle finale per la A, con tre punti di vantaggio sul Perugia) influenzi notevolmente la risposta. Detto ciò, è al contempo opportuno fornire ai lettori la possibilità di scegliere, evitando sentenze ma tentando di sciorinare un’analisi sull’annata certamente ondeggiante vissuta.
Come scritto: tanta qualità, altrettante incertezze. Il Frosinone, lapalissiana sottolineatura, è una delle squadre complessivamente più talentuose del campionato. Gatti, Matteo Ricci, Garritano, Boloca, Zerbin, Ciano, Canotto, Lulic, Zampano: elencazione che potrebbe essere rinforzata da diversi altri profili, capaci di strutturare un arsenale robusto e vigoroso. Affiancare e sommare calciatori è un esercizio lezioso, sterile e inesatto, perché una squadra è tale quando il tutto è superiore alla somma delle parti, fattispecie che – qui menzioniamo l’allenatore Fabio Grosso – non sempre si è presentata.
Grande con le grandi, timoroso con le medio-piccole
Un’evidenza, a detta di chi scrive, aiuta maggiormente a inquadrare il Frosinone: contro le prime sette della classifica, ergo quelle attualmente avanti, i Canarini – su tredici scontri (manca il ritorno contro il Pisa) – hanno perso solo due volte, entrambe in trasferta, contro Lecce e Monza. Bisognerebbe entrare dentro ognuna di queste partite, ma possiamo sincretizzare il tutto evidenziando come l’approccio e il gioco, in questi grandi appuntamenti, siano spesso stati volitivi e propositivi. Quando bisogna liberare talento, intensità e personalità contro i migliori avversari, il Frosinone difficilmente viene meno. Ultima conferma di quanto scritto arriva dal recente e roboante 4-1 rifilato proprio al Monza: sedici tiri, spazi intasati per gli avversari, grande dinamismo, ferocia, difensori praticamente a metà campo, ritmo.
I problemi – qui l’altra faccia della medaglia – sono arrivati spesso nelle circostanze in cui bisognava certificare una superiorità tecnica sulla carta certificata. In queste occasioni sono venute a mancare l’intensità e la personalità collettiva che abbiamo già menzionato. La sensazione restituita è stata quella di una squadra alle volte timorosa, restia a fagocitare l’avversario, eccessivamente chinata a un’attenzione e a un equilibrio che, erti a uniche condizioni da garantire, hanno causato un simil-braccino, scivolato poi nella sconfitta o in farraginosi pareggi. Il 2-2 casalingo contro il Pordenone, il netto 3-0 patito a Perugia, oppure il KO 2-0 di Crotone: esempi di match in cui il Frosinone ha offerto prestazioni scialbe, ondivaghe, confuse, a tratti tediose da osservare.
Dove nasce quest’eccessiva incertezza? Non vivendo la settimana con la squadra, non possiamo – né dobbiamo – fornire risposte che non abbiamo, ma il fattore mentale (unito a probabili letture strategiche errate) è quello che ha probabilmente inficiato maggiormente i passaggi a vuoto del club, inducendo i singoli all’errore, palesando la coralità mancata e scompaginando le opinioni che si possono avere su una squadra che avrebbe potuto produrre un calcio più compatto e qualitativo.
Le ultime due sfide – sul campo della SPAL e in casa contro il Pisa – ci diranno che strada seguire, ma una cosa è possibile esternarla con ragionevole cognizione di causa: mancare i playoff renderebbe insufficienteil giudizio. Il Frosinone dovrà decidere cosa essere, se il fiore di primavera visto pochi giorni fa oppure la nebulosa brutta copia (ad esempio) di Perugia: seguiranno aggiornamenti.