Fedele al Calcio – Mirko Antonucci: un uomo che fa il calciatore
L'appuntamento settimanale è dedicato a Mirko Antonucci
Cresciuto a Roma e nella Roma, talento di un settore giovanile che sforna brillanti promesse che l’industria calcistica desidera vedere luccicare. Mirko Antonucci correva su questi binari, circondato dalla fiabesca frenesia di un sogno, il suo sogno.
Sembrava tutto così semplice
“Quando esci dalla Primavera ti sembra tutto bello e facile, sei sempre stato coccolato e protetto, ma quando vai a giocare in altre società non è semplice. Serve sempre una persona che ti aiuti a comprendere quale sia la giusta strada. Ne avevo bisogno in quei momenti e non avevo nessuno. È una scelta che consiglio ai giovani dopo la Primavera“. Parole, quelle di Mirko, che mescolano una genuina forma di esperienza resa profonda da un vissuto caratterizzato da ombre inaspettate.
Questo virgolettato rilasciato a DAZN, in cui il classe ’99 racconta della sua esperienza con un mental coach, scoperchia un capitolo della sua vita in cui le cose non sono andate come suggerito dalla piatta linearità che continuamente cerca di alienare il calcio dalla vita, rendendo i calciatori automi non scalfibili da alcuna forma di disturbo.
Siamo al cospetto di chi doveva personificare un altro caso: giovane, talentuoso, tecnico, tratti di una potenziale gemma che ha tra l’altro risposto presente al primo appuntamento tra i grandi. Era il 24 gennaio 2018, e l’assist a Dzeko nel match tra i giallorossi e la Sampdoria consegnava ad Antonucci la prima apparizione alla voce assist di un tabellino. Tutto ciò all’esordio: semplicemente fantastico, in effetti – direbbero gli stolti – era davvero scontato.
Una fiaba che non è la realtà
Per Mirko, che aveva (e ha) tutte le carte in regola per marchiare il calcio italiano con la propria presenza, la codificazione degli eventi ha subito un’evoluzione differente. Sono appena trentaquattro le partite giocate in tre stagioni (2018-2019 a 2020-2021) condite da un gol, realizzato nella complicata esperienza portoghese con il Vitória Setúbal, nettamente condizionata dal COVID e inficiata da questioni extra-campo sulle quali noi – la stampa – siamo entrati senza rispettare il diretto interessato (che, secondo il superficiale parere di chi scrive, ha subito un trattamento esageratamente ingiusto).
Antonucci, dunque, ha dovuto faticare più degli altri, e la motivazione è riscontrabile nel doloroso processo di innalzamento della montagna da scalare, che a quelli come lui raccontano essere una collina. Ogni scalino è conseguenza dell’altro, la struttura da salire ed esplorare non presenta sporgenze acuminate, non c’è pericolo di cadere, perché non è una dinamica percorribile: questa la realtà che propinano ai giovani più fiorenti, cui non viene fatto capire che questa banalizzazione del tutto è una fiaba che si poggia su un filo che rischia di ingenerare una caduta aberrante in termini di effetti.
La panacea Cittadella
Quanto descritto aiuta a comprendere cosa abbia rappresentato – e stia rappresentando – Cittadella per questo ragazzo: la tranquillità che stimola la nuova fioritura della passione, un locus amoenus in cui riscoprire i propri colpi e i sorrisi che conseguono, così da ritrovare il senso e la positiva ferocia dell’adolescenza dove la formazione rischia di essere solo calcistica, quando dovrebbe essere anche umana.
Il Mirko odierno è un uomo che fa il calciatore, mentre in passato si è cercato di venderlo al mercato come un calciatore da rendere uomo solo durante determinate pause. La maturazione è stata personale e professionale, perché la responsabilità che Antonucci ha acquisito si riflette – partita dopo partita – anche in campo: non è più una succulenta ala, ma un concreto ed elegante rifinitore, imprevedibile per vie centrali e desideroso di segnare, così da assaporare “esa sangre“, come Marcelo Bielsa confessò a Pep Guardiola. Antonucci – oggi – è un leader, e per diventarlo ci ha donato la giocata più coraggiosa di tutte: quella di lavorare su se stessi, aiutato e accompagnato da un un ambiente impareggiabile sotto questo punto di vista.