Fedele al Calcio – Oyono e la convinzione di Angelozzi
Uno dei tanti capolavori di Guido Angelozzi
Gli argomenti per evidenziare i meriti del Frosinone cadono dal cielo in maniera legittimamente fragorosa, come una scrosciante pioggia d’estate che si abbatte con tutto il proprio impeto ad alterare la quiete altrui. I Ciociari, in un certo senso, hanno vissuto una stagione di questo tipo: costantemente al vertice della classifica (primo posto in solitaria dalla decima giornata di campionato), spesso dominanti, compatti contro ogni contraddittorio tattico, variopinti in termini di possibilità di tecniche, capaci di valorizzare tante, tantissime individualità. Una di queste ha brillato nonostante i problemi fisici, una storia atipica e poche sottolineature giornalistiche: soggetto interessato è Anthony Oyono.
Il successo è nella ricerca
Il calcio dilettantistico francese, per definizione, è un contesto inevitabilmente nascosto, complicato da seguire, caratterizzato da un’inevitabile difficoltà di accesso per seguire e scovare calciatori interessanti. Il discorso può parzialmente cambiare se la compagine di riferimento è la seconda squadra di un club i cui “grandi” competono un paio di piani più su, nel terzo livello del calcio locale, ma la percezione di lontananza rispetto ai contesti più luminosi è inevitabilmente – ugualmente – netta.
È da questa fioritura che viene Oyono, portato in Italia dal Frosinone dopo che meno di un anno e mezzo prima debuttava in terza divisione francese, ponendo fine alla gavetta nella seconda squadra del Boulogne.
Un’operazione, quella riguardante il classe 2001, che è una delle più fulgide certificazioni di bontà di un sistema di scouting, che nelle lande di cui parliamo vede Guido Angelozzi come figura apicale e un contorno di collaboratori cui il Direttore ha donato i propri parametri, i propri occhi e la propria visione. Determinati uomini di calcio vanno certamente elogiati per l’intuito, ma l’intelligenza del sapersi circondare di persone con le quali costruire una rete in cui si parla un’unica lingua operativa denota notevole capacità gestionale e un arguto modo di ottimizzare un modus operandi che altrimenti rischierebbe di generare confusione.
Nel Frosinone ciò non accade, e quella di Oyono è una dimostrazione che si aggiunge a quelle già note, ovvero Boloca e Gatti, quest’ultimo emigrato in quel di Torino per indossare colori meno accesi ma contornati da un’impareggiabile storia.
Le tante qualità di Oyono
Professione terzino, Oyono è un calciatore su cui Fabio Grosso ha lavorato molto, vivisezionandone le caratteristiche. In grado di giocare su entrambe le fasce, questa duttilità è accompagnata da diverse possibilità offerte in base alla posizione: galoppate sul proprio binario quando si è a destra, giocate interne quando la corsia è quella mancina. Il Nazionale gabonese sa condurre, dribblare, associarsi, smistare palloni. Il suo modo di stare in campo è sublimato da una forma di coraggio che non diventa dirompente incoscienza, tratto di un equilibrio che lo rende solido con o senza il pallone.
Questa declinazione di completezza ha esaltato chi ne ha caldeggiato l’approdo in cadetteria, ovvero quel Guido Angelozzi già menzionato, che dai suoi uffici non perde occasione per esaltarne le qualità con gli interlocutori inizialmente incuriositi (e scettici, doverosa ammissione) da un profilo praticamente sconosciuto. Il deus ex machina gialloblu è un convinto sostenitore del ragazzo, che vede proiettato ad alti livelli, pur essendo ovviamente consapevole della necessità di un percorso umano e calcistico contraddistinto da regolarità.
Le quattordici presenze stagionali di Oyono hanno dunque restituito tante sensazioni positive, seppur qualche acciacco ne abbia assottigliato il minutaggio: nella storica promozione il suo nome è stato segnato, assieme a quelli dei fidi compagni di battaglia, con inchiostro indelebile, ma in questa storia – oltre ai meriti agonistici – c’è la quintessenza del saper fare calcio.