Fedele al Calcio – Storie di simbiosi: Pohjanpalo a Venezia come Mertens a Napoli
Un rapporto intenso e intriso d'amore
“Un luogo non è mai solo ‘quel’ luogo: quel luogo siamo un po’ anche noi. In qualche modo, senza saperlo, ce lo portavamo dentro e un giorno, per caso, ci siamo arrivati“. Tratto da “Viaggi e Altri Viaggi” di Antonio Tabucchi, che in vita è stato uno dei (molto probabilmente il) principale e maggior esperto del credo di Fernando Pessoa, questo estratto aiuta tanto – tantissimo – a raccontare storie che cominciano accompagnate da una dose di incertezza, un grosso blocco all’apparenza di solido materiale ma che, a un certo punto, si riscopre come un ammasso di sabbia che vola via per lasciare spazio al più rigoglioso degli scenari.
Potrebbe essere – e in effetti lo è – l’introduzione (e la contestuale spiegazione) della simbiosi in essere tra il Venezia e Joel Pohjanpalo. Un finlandese diventato Doge per i – tanti, tantissimi – gol (siamo già a trentanove and counting), ma anche, se non soprattutto, per una totale immersione umana nel contesto sociale. Non era scontato, né prevedibile, che l’ex Bayer Leverkusen e la città si scegliessero con tutta quest’intensità. Lontano da qualsiasi etichetta, il centravanti con la casa in centro – che viene raccontata come una scelta fortemente in contrasto con la maggior parte dei casi – ha scoperto nuove declinazioni di serenità, stabilità umana, piacevolezza verso una quotidianità che onora vivendo a pieno il posto, passeggiando come un comune cittadino, desideroso di condividere frammenti di limpida semplicità, elevati da scatti toccanti come il ritorno verso casa in motoscafo con la figlia neonata.
La gente del posto, contenitore in cui non è necessariamente obbligatorio inserire unicamente i tifosi del club lagunare, ha accolto il ragazzo con ospitale dolcezza e, al contempo, costanti dimostrazioni d’amore volte a far ulteriormente comprendere il bisogno di un sentimento di questo tipo in una realtà desiderosa di gonfiare il proprio petto (anche) attraverso il calcio, manifestazione più sacra – e in certi versi rapida – per raccontare le proprie lande. Quella che – e non può essere un caso che questo racconto abbia proprio tale ambientazione – è la mission della società, ovvero connettere sport e territorio.
Non è complicato, a detta del sottoscritto, accostare quest’amore inaspettato a quello fiorito tra Dries Mertens e il Napoli, ora salvaguardato nei cassetti dell’eternità a seguito dell’arrivederci – direzione Galatasaray – dell’attaccante. Un’impareggiabile sommatoria di momenti che, all’arrivo del folletto belga nel 2013, nessuno avrebbe immaginato riempisse nove stagioni. Uno è diventato Ciro (diffuso e rappresentativo nome partenopeo), l’altro Doge. Tessiture inaspettate, legami nati per opportunità professionale per poi germinare come gemme incastonate nei muri dell’eternità. Un’unificazione totale, che trascende gli ambiti e genera vibrazioni positive per ciò che si sta ammirando. Tanta, tantissima vita, che sublima il calcio e aiuta a rivelarne ulteriormente la potenza. Joel, il Doge che Venezia non vuole più lasciare.