Fedele al Calcio – Venezia, il capolavoro di Vanoli
Vanoli, una manna dal cielo per il Venezia
Non è la prima volta che in questa sede discutiamo del Venezia, un club inebriato dall’eleganza congenita della piazza che rappresenta ma, al contempo, poco ordinato negli ultimissimi passaggi della propria storia, complici le tangibili difficoltà di declinare la propria vision manageriale in maniera pratica, genuina, passionale.
Le difficoltà del Venezia
La retrocessione, i tanti cambiamenti, la connessione persa tra società e tifosi, che dopo essersi rivisti nelle lacrime del Doge Bocalon di quel mistico 27 maggio 2021 si ritrovavano in labirinto con indicazioni sparse e indecifrabili, creando un accavallamento confusionario e arido.
Una situazione che all’inizio della stagione in corso non era cambiata, anzi: tanti calciatori nuovi, alcuni dalle indiscutibili carriere (uno su tutti è quel Joel Pohjanpalo che ha confermato il proprio status di centravanti superiore, con una certificabile qualità da massima serie), ma da amalgamare e rendere inseriti nel tessuto sociale, prima che calcistico.
Passaggi, quelli menzionati, infruttiferi fino alla prima metà di novembre, quando la musica è decisamente cambiata e – finalmente – diventata armoniosa.
Vanoli e una nuova luce
L’approdo di Paolo Vanoli sulla panchina arancioneroverde ha segnato un prima e un dopo. Il miglioramento è stato totale: nella proposta, ora definita, rispettosa di un’identità chiara, che mira a creare e incidere senza apparire imprudenti. Un passaggio, quest’ultimo, significativo: il lavoro di Vanoli è stato (almeno inizialmente) concentrato soprattutto sulla creazione del concetto di gruppo, perché probabilmente le relazioni tra i calciatori non erano ancora chiare e salde. Tutto ciò si è poi esteso ai meccanismi di gara, che vedono oggi il Venezia compatto, capace di offendere ma in grado di leggere i rischi della partita.
Tanti i giocatori impiegati (ben 36, nessuno primeggia in questo dato rispetto al Venezia), dinamica che probabilmente è stata implementata perché Vanoli ha dovuto conoscere i propri soldati giocando, dato che al suo arrivo la situazione era così zoppicante (è bene sottolineare come i lagunari fossero penultimi) da necessitare un’iniezione rapida, convinta, noncurante di alcuna forma di incertezza. Gli effetti sono ora palesi ed encomiabili: la leadership di Pohjanpalo viene accompagnata da ottime fioriture, come il talento di Ellertsson, che da gennaio ha conferito tecnica e senso della posizione alla manovra, oppure le geometrie di Tessmann, che sembra essere diventato il giocatore ordinato che la piazza auspicava. Carboni è stata un’operazione decisamente indovinata, mentre Johnsen soprattutto nelle ultime uscite pare abbia definitivamente capito di avere un talento e delle possibilità da contesti luccicanti, cui andava però abbinata una dedizione ora presente.
L’elenco dei miglioramenti potrebbe migliorare, ma probabilmente la dimostrazione più utile è la seguente: dalla prima partita della gestione Vanoli (era la tredicesima giornata) ad oggi, il Venezia è la quinta forza del campionato, con trentatré punti raccolti. Piena zona playoff, dunque, la reale sfera di appartenenza di un club che, dopo tanti stenti, potrebbe ora aver ritrovato la via del sorriso (e, in particolar modo, gli strumenti per conquistare una salvezza ampiamente meritata).