23 Luglio 2020

Autostima, tenacia e talento al servizio della Reggiana: Ivan Varone si riprende la Serie B dalla porta principale

“Ho provato, ho fallito. Non importa, riproverò. Fallirò ancora. Fallirò meglio.” Samuel Beckett, scrittore irlandese novecentesco ed esponente di spicco del “Teatro dell’Assurdo”.   Dopo la notte magica del “MAPEI Stadium” sarebbe semplice ridurre il percorso calcistico di Ivan Varone al delizioso assist di esterno che ha permesso a Kargbo di regalare la storica promozione in Serie B alla Reggiana. Dietro […]

“Ho provato, ho fallito. Non importa, riproverò. Fallirò ancora. Fallirò meglio.”

Samuel Beckett, scrittore irlandese novecentesco ed esponente di spicco del “Teatro dell’Assurdo”.

 

Dopo la notte magica del “MAPEI Stadium” sarebbe semplice ridurre il percorso calcistico di Ivan Varone al delizioso assist di esterno che ha permesso a Kargbo di regalare la storica promozione in Serie B alla Reggiana. Dietro l’eccezionalità e la scaltrezza del gesto tecnico, però, ci sono anni di sacrifici, affermazioni, incomprensioni, bocciature e rinascite che contro l’ambizioso Bari di mister Vivarini hanno trovato la sintesi in una definitiva consacrazione.

La carriera del classe 1992 nato a Napoli ma da anni residente a Bologna non è stata lineare e neppure semplice, ma si è sviluppata nel segno del sudore e del duro lavoro. Solo a 23 anni, reduce da un’annata in Serie D al Chieti conclusa con ben 11 reti, la mezzala atipica si è affermata in modo perentorio in Lega Pro a Fondi guidata da un tecnico come Sandro Pochesci che delle idee, della corsa, del talento e del dinamismo ha fatto il suo credo. Non è immediato comprendere come un calciatore a posteriori premiato miglior centrocampista di quel campionato non fosse stato notato e portato alla ribalta in età più tenera e tale evidenza getta inevitabili ombre sulla mancanza di acume che i club italiani palesano quando osservano i profili delle categorie minori.

Lo spostamento del progetto Unicusano dalla provincia di Latina alla Ternana è la prima grossa sliding door dell’avventura del Primavera Siena nel mondo del pallone. Inizialmente al centro del progetto tecnico-tattico di Pochesci, il Puma ha un impatto notevole realizzando l’assist per il primo gol della squadra rossoverde in serie cadetta nell’1-1 contro l’Empoli all’esordio e trovando poche settimane dopo la prima gioia personale che coincide però con una bruciante sconfitta a Venezia. Col passare del tempo la spumeggiante squadra umbra, pur raccogliendo plausi per il suo sfrontato approccio alle gare con una rosa composta quasi esclusivamente da debuttanti reduci da Fondi, vede la propria classifica divenire sempre più deficitaria e elementi come Varone inizialmente considerati imprescindibili progressivamente scivolano verso la panchina fino a sparire dai radar. La stagione termina con una dolorosa retrocessione e cambiare aria diviene inevitabile al fine di ricostruire su basi solide la propria carriera.

Nell’estate del 2018, venticinquenne, il calciatore riparte dal Cosenza neopromosso in Serie B e nel pre-campionato mister Piero Braglia pare intenzionato a puntare su di lui come interno di destra nel centrocampo a 3, ma dopo la sconfitta in Coppa Italia col Torino ottiene un minutaggio di appena 111 minuti, decisamente pochi per pensare di incidere o anche solo mettere in mostra qualsivoglia qualità. Dopo un anno e mezzo così particolare e sul piano delle occasioni deludente, in molti si sarebbero persi d’animo virando nella direzione più negativa. In prestito alla Carrarese, con un altro indiscusso maestro di calcio come Baldini, il ragazzo vive invece mesi entusiasmanti e trascina i propri compagni fino ai play-off riprendendo esattamente da dove si era fermato con la maglia del Fondi. Per reggere un simile urto e riproporsi ineluttabilmente su alti livelli è necessaria una forza d’animo e un’autostima umana e sportiva per nulla scontata, una qualità che al ragazzo va riconosciuta con decisa convinzione.

Come segnalato da tutti gli addetti ai lavori, Varone si ripresenta al ritiro rossoblù tirato a lucido e sin dai primi giorni si distingue dal resto del gruppo per stato di forma e determinazione. L’intenso sforzo compiuto in pre-season, però, non è sufficiente a convincere Braglia, che avalla il suo passaggio a titolo definitivo alla Reggiana. Per la terza volta in carriera, incontra un tecnico le cui capacità, di produzione offensiva, intensità, organizzazione e di valorizzazione della rosa, sono ora incensate da tutti: Massimiliano Alvini. Nei meccanismi del 3-4-1-2 granata ritrova gli stessi principi di gioco che ai remoti tempi del Chieti si rivelarono ideali per far emergere le sue doti da goleador e la visione negli ultimi 25 metri. La presenza di un trequartista molto tecnico come Radrezza e l’intesa naturale con uomo d’ordine e di geometria come Fausto Rossi l’hanno parzialmente svincolato da compiti di creazione dell’azione e reso essenziale invece in fase di conclusione della stessa: così si spiegano le 7 reti con la maglia della Regia e le miriadi di occasioni pericolose prodotte nell’arco della stagione.

Il campionato del Puma è però ben al di là del numero di gol e di assist e risulta una prova lampante delle sue possibilità di confermarsi come protagonista anche in Serie B. Nella finale play-off si è rivelato enormemente cresciuto dal punto di vista della continuità e dell’intensità. Con la consapevolezza di chi per l’obiettivo è disposto a dar tutto, è stato un autentico moto perpetuo in tutte le fasi di pressione in tutte le zone del campo facendo pesare la miglior condizione e preparazione fisica rispetto a un Bari forse più talentuoso nei singoli ma nettamente inferiore per preparazione e condizione fisica, oltre che per concetti calcistici.

Con l’applicazione e la maturità degli ultimi 18 mesi, grazie anche all’aiuto di un allenatore che lo ha voluto fortemente e che ora lo conosce ancor di più, il terzo tentativo in cadetteria potrà essere quello giusto. Alla soglia dei 28 anni, il momento è ideale per compiere il meritatissimo step successivo. Le sirene di mercato sono molteplici già da tempo, ma per Ivan Varone non esiste ambiente migliore di quello trovato alla Reggiana per esprimere al 100% il proprio potenziale.