1 Febbraio 2018

Perché la Serie B ha ancora bisogno di Sandro Pochesci?

“Ibrahimovic alla Ternana? Non giocherebbe: lui è un solista, noi tocchiamo il pallone massimo due volte.” In molti si chiederanno perché un’analisi che già dal titolo si prepone lo scopo di sottolineare il valore dell’ormai ex allenatore della Ternana Sandro Pochesci utilizzi come incipit una di quelle battute che se da un lato gli hanno suscitato le simpatie della […]

Ibrahimovic alla Ternana? Non giocherebbe: lui è un solista, noi tocchiamo il pallone massimo due volte.”

In molti si chiederanno perché un’analisi che già dal titolo si prepone lo scopo di sottolineare il valore dell’ormai ex allenatore della Ternana Sandro Pochesci utilizzi come incipit una di quelle battute che se da un lato gli hanno suscitato le simpatie della piazza, dall’altro hanno creato i presupposti affinché venisse bollato da diversi addetti ai lavori ed appassionati come “personaggio”, piuttosto che uomo di campo. La risposta al quesito è di estrema semplicità. Il panorama del campionato di Serie B è enormemente sfaccettato anche per quanto riguarda il capitolo mister: sono presenti vecchie volpi, nobili decaduti in attesa di rilancio, giovani rampanti, ex emergenti in cerca di una definitiva consacrazione. Tutti questi profili, però, sono accomunati da una matrice di fondo che ne limita profondamente le diverse peculiarità: l’impostazione politicamente corretta, eretta a mo’ di totem in qualsiasi circostanza. Sandro Pochesci, invece, nel calcio che conta non ci aveva mai messo piede e l’ultima conferenza stampa prima dell’esonero ha dimostrato che col passare dei mesi ha continuato ad esserne estraneo. La sua ingenuità rispetto al bon ton che regna negli ambienti adiacenti al rettangolo verde, talvolta grossolanamente comica, ma spesso in grado di divenire sfacciatamente tagliente, è stata una spada sempre sguainata con cui ha difeso lo spessore delle sue umili origini, considerate un tesoro da preservare e non un peso di cui disfarsi. Atteggiamento più unico che raro per chi è stanco di mangiare la polvere delle periferie, che rispecchia una fierezza di sé e del proprio percorso troppo spesso mitigata, o persino rinnegata, da chi compie il medesimo tragitto. Tornando al punto di partenza, ciò che il tecnico di Tor Vergata ha ricordato, o insegnato, all’intero campionato cadetto è il significato più intimo di uomo di campo. Uomo, concetto messo tra parentesi da chi ha trasformato un gioco in un format da vendere al più alto prezzo possibile e che, paradossalmente, tornando in auge si è dimostrato più mediatico di ogni recita ben orchestrata.

Mettendo ora da parte la componente goliardica della dichiarazione di quasi un girone fa, un’annotazione di carattere tecnico è necessaria: la Ternana, abbastanza frequentemente, a due tocchi ci ha giocato davvero. Il calcio proposto da Pochesci non è semplice da recepire ed è altrettanto complesso da praticare, ma costituisce un unicum in una categoria in cui si ritiene di poter conseguire risultati solo badando al concreto. Più spregiudicate del Foggia di Stroppa, più sistematiche della Pro Vercelli di Grassadonia, con singoli ampiamente inferiori rispetto ad una corazzata come l’Empoli, le Fere hanno espresso le loro idee su quasi ogni campo della Serie B. Ottenendo la miseria di 22 punti, si potrebbe obiettare. C’è un dato, tuttavia, che scagiona l’allenatore dalle responsabilità affibbiategli per la preoccupante terzultima posizione in classifica: esclusi Daniele Gasparetto, difensore in involuzione rispetto alla scorsa stagione alla SPAL, e l’ultimo Marino Defendi, messo in crisi da molteplici acciacchi, tutti i calciatori in rosa, pacchetto arretrato compreso, hanno offerto un rendimento pari o superiore rispetto agli anni passati. Basti pensare agli ultimi mesi di Martin Valjent, giovane slovacco che ha sempre promesso molto, ma che solo adesso ha trovato, grazie alla difesa a 3, una precisa collocazione tattica che ne esalta le doti, o constatare la mole di occasioni generate dal piede di Andrea Paolucci, rinvigorito dai tagli continui di esterni e mezzali che ne hanno sublimato la visione di gioco. Se poi si analizza l’attacco, non si può che ammirare la mano del tecnico. Luca Tremolada, trequartista ventiseienne alla seconda stagione in serie cadetta, avvicinato alla porta è stato in grado di realizzare 6 gol in 22 partite ed è ora cercato dalla Sampdoria di Giampaolo, uno che per i 10 puri dotati di buon tiro stravede. Mirko Carretta, un anno in più dell’ex Entella, giocatore appena alla prima esperienza in B, dallo strappo in velocità devastante, ma non inquadrabile agevolmente,  si è trasformato in una seconda punta mobilissima, perfettamente funzionale alla squadra ed al centravanti, nonostante il disordine che lo contraddistingue. Non è casuale che a lui si sia interessato il Chievo Verona. Parlare di Adriano Montalto, dati i suoi numeri, è quasi banale: 13 gol in 19 partite, statistica ancor più impressionante se si pensa che il classe 1988, esclusa la sfortunata avventura a Trapani, ha sempre calcato campi di serie minori. Allora cosa è possibile imputare a Pochesci sul fronte della gestione degli uomini? In molti additano la vocazione spiccatamente offensiva, ma trascurano quanto spiccati siano, anche sul piano strettamente numerico, i limiti difensivi della squadra. 3-3-1-3 0 3-4-1-2, per quanto congeniali all’ideologia dell’allenatore, rappresentano inconfutabilmente i moduli più adeguati alla struttura dei rossoverdi, privi di terzini abili a svolgere le due fasi all’intensità che il campionato richiede. Anche considerando l’aspetto mentale, è innegabile che l’ultima prestazione sia stata indice di grande abnegazione da parte del gruppo e le parole di Montalto a fine partita testimoniano quanto lo spogliatoio avesse serbato la fede nel suo condottiero. L’esonero, dunque, appare più come il tentativo di nascondere problemi ed addossare colpe che uno strumento per scuotere l’organico, che si era confermato compatto e determinato nel perdurare delle avversità.

Al termine di questo approfondimento più che un punto di vista emerge una speranza: che le porte della Serie B Sandro Pochesci non restino chiuse per sempre.