7 Agosto 2020

ESCLUSIVA PSB – Cosenza, Corsi: “Prima di Occhiuzzi mancavano certezze, ha fatto la differenza”

CORSI COSENZA – Un capitano condivide gli onori e gestisce gli oneri. È in prima linea nelle difficoltà e non ha paura di esporsi quando è necessaria una sterzata per allontanarsi dalla negatività. Per gestire un gruppo con tante personalità differenti bisogna avere spalle larghe, consapevolezza del noi prima dell’io e una positività che deve […]

CORSI COSENZA – Un capitano condivide gli onori e gestisce gli oneri. È in prima linea nelle difficoltà e non ha paura di esporsi quando è necessaria una sterzata per allontanarsi dalla negatività. Per gestire un gruppo con tante personalità differenti bisogna avere spalle larghe, consapevolezza del noi prima dell’io e una positività che deve fare strada nei pochi o tanti tunnel che un’annata può presentare. Angelo Corsi, per il Cosenza, rappresenta ciò che è stato descritto. Bandiera dei Lupi, è stato chiamato a compattare un gruppo che, prima dell’arrivo di Roberto Occhiuzzi in panchina, soffriva a causa di un’annata che non sembrava poter avere altro epilogo se non quello della retrocessione. Così non è stato, ed è il percorso ciò che abbiamo analizzato con il classe ’89, intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni.

Angelo, la salvezza del Cosenza non è stata compromessa dalla sentenza di ieri. Ogni esito, ad ogni modo, non avrebbe impedito di esaltare un finale di stagione, il vostro, dove avete espresso un calcio propositivo, corale, qualitativo. Quanto è stato gratificante, per voi, riuscire a superare la tensione insita nella zona retrocessione e a offrire prestazioni così dominanti?

“Molto gratificante, soprattutto considerando una stagione cominciata male, con l’entusiasmo che poco a poco andava scemando e le difficoltà che una squadra vive quando si ritrova nella zona rossa della classifica. Abbiamo dovuto affrontare dinamiche dall’intensità emotiva elevata, perché ai problemi in classifica si sono aggiunti anche gli avvicendamenti in panchina, seguiti poi dall’interruzione dovuta al COVID-19. Durante il lockdown abbiamo lavorato molto, Occhiuzzi ci è stato molto vicino e, dalla ripresa in poi, l’inversione di tendenza ritengo sia stata palese. Il mister è preparatissimo a livello tattico, ci ha permesso di scendere in campo con delle certezze che prima mancavano. Alcuni calciatori, inoltre, hanno ritrovato una forma notevole e fatto la differenza. È stato molto gratificante riprendersi così, perché quando tocchi il fondo riprenderti è difficile ma sicuramente più bello”.

Questa stagione è stata indelebilmente segnata da tanti, troppi fattori dentro e fuori dal campo. Gli avvicendamenti in panchina e il dramma sociale vissuto condizionano probabilmente l’analisi, ma che bilancio è quello del Cosenza secondo Angelo Corsi?

“È un bilancio positivo, in primis per l’obiettivo raggiunto quando non sembrava più possibile. Se questa squadra non avesse centrato la salvezza, sarebbe rimasto il dubbio circa l’effettiva qualità della rosa. Serviva la prova del campo, che dalla ripresa è sicuramente arrivata. Nelle ultime dieci partite abbiamo alzato l’asticella e palesato la nostra forza. Faccio degli esempi: Rivière, un grande giocatore, ha fatto sicuramente cose egregie nel corso di tutto il campionato ma, dalla ripresa in poi, è stato determinante. A Baez veniva contestata la difficoltà di trovare la via del gol: ecco, anche queste voci sono state messe a tacere. Il direttore, probabilmente, è stato uno dei più criticati quando le cose non andavano bene, ma il campo gli ha dato ragione: le scelte fatte erano giuste”.

Abbiamo parlato della magnifica versione del Cosenza targata Roberto Occhiuzzi, che vi ha trasmesso concetti di una bontà ed efficacia tali da rendervi, come dicevamo, dominanti. Di solito non è facile correggere così nettamente l’umore e le sensazioni di una squadra in netta difficoltà, eppure tra allenatore e gruppo si è creata una relazione tale da superare le difficoltà e comprendere come i limiti potessero essere dissolti. Dove ritieni che il tecnico abbia insistito, con merito, maggiormente?

“Sicuramente sulla tranquillità del gruppo e su un’identità tattica ben precisa. Non parlo propriamente del modulo, seppur la base sia stata quella della difesa a tre e del centrocampo a quattro. In avanti alle volte giocavamo 1-2, altre con il tridente, ma il discorso verte maggiormente sulle certezze di cui parlavo, cosa che prima del suo arrivo non avevamo. Faticavamo a sviluppare la manovra dalla retroguardia, così come a trovare spazi tra le linee. Quando i risultati non arrivano, poi, un allenatore comincia a perdere fiducia e a cambiare continuamente, dinamica che non fa bene alla squadra. Occhiuzzi è stato bravo a ridare consapevolezza e, ribadisco, certezze. Ci conosceva uno per uno, perché è stato il secondo di Braglia e di Pillon, così come nelle passate stagioni, ergo vive e comprende da anni l’ambiente Cosenza. Sappiamo tutti che tipo di persona sia, è affidabile, quando parla non hai il minimo dubbio su cosa stia dicendo. È un lavoratore ed è preparatissimo. Durante il lockdown è stato costantemente vicino alla squadra, il gruppo si è compattato e in campo i risultati si sono visti. Sembrava che il nostro fosse un gioco provato da una vita”.

Hai parlato di identità tattica ma, andando oltre, cosa credi che sia mancato al Cosenza prima dell’arrivo di Occhiuzzi?

“Tante cose. All’inizio della stagione la nostra era una squadra totalmente nuova ma si voleva giocare con le certezze dell’anno precedente. Ciò non era possibile, una parte dei calciatori era cambiata, ergo nel gruppo c’erano personalità diverse, tra cui diversi stranieri che, ovviamente, necessitavano di tempo per ambientarsi. Hanno una cultura diversa dalla nostra, l’integrazione in un gruppo non può essere immediata. I risultati precari, poi, hanno rallentato questo processo. Mancava tranquillità, ci siamo innervositi ed è partita la caccia al colpevole, quando l’unica cosa da fare era mettere la testa bassa e lavorare. Sotto questo punto di vista siamo stati deboli, lo spogliatoio è sacro, non bisogna puntare il dito ma fare auto-critica e dare il massimo per il bene del collettivo”.

Come vive una simile stagione un capitano come te, sempre in prima linea nella gestione delle difficoltà del gruppo? A una figura come la tua si richiede, oltre che apporto tecnico, incoraggiamento, dialogo, confronto. In un’annata così, probabilmente sarà stato difficile, per te, trovare le giuste parole.

“Sono rientrato alla prima giornata dopo un infortunio al crociato, dunque avevo perso certezze anche su me stesso. Avevo bisogno dei miei tempi di recupero, ho giocato una partita ufficiale dopo cinque mesi, forse era un po’ troppo presto. I ritmi sono stati subito importanti, perché cinque partite in un mese, dopo un infortunio così grave, non sono poche: Crotone, Salernitana, Pescara, Benevento, Livorno. In questi incontri, come detto poc’anzi, in primis non avevo certezze, poi sono arrivati i primi mugugni, dunque gestire è stato difficile. Non è facile entrare nella testa di una persona in un lasso di tempo relativamente ridotto, non puoi ridurre il tutto a un: “Vieni dietro di me, ci penso io”. Tutto ciò è stato molto complicato fino a quando non ho capito che questo gruppo non potesse essere gestito alla maniera classica, con un certosino rispetto delle regole. Qui bisogna essere flessibili e assimilare le idee e i modi di fare di ognuno, ovviamente senza che si superi un certo limite. Tra compagni di squadra ci siamo sempre voluti bene, tante tensioni sono nate per cose inutili, che potevano essere evitate. Occhiuzzi, non appena è arrivato, ha fatto la differenza, perché è stato fondamentale ritrovare tranquillità in campo. È un allenatore molto meritocratico nelle scelte, il vento ha spazzato via ogni chiacchiera”.

Il presidente Guarascio ha detto che rinnoverai. Possiamo confermare la sua affermazione?

“Non ho mai avuto problemi di questo tipo con il presidente, non ho bisogno di un contratto scritto per sentirmi coinvolto nella causa che ho sposato. Ad ogni modo, ci incontreremo e discuteremo, ma se c’è volontà da parte sua posso dire che c’è altrettanto da parte mia”.

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