ESCLUSIVA PSB – Guido Carboni: “Tre mesi vissuti a Castellammare ti lasciano molto di più di anni trascorsi altrove. Taglio stipendi? In B e C è difficilmente proponibile”
CARBONI ESCLUSIVA PSB – Guido Carboni, ex calciatore di Benevento ed Empoli, nonché tecnico di tanti club che attualmente militano in cadetteria, è stato raggiunto, in esclusiva, dai nostri microfoni. Salve mister, partiamo da due delle squadre in cui lei ha giocato e che poi ha anche avuto la possibilità di allenare, ovvero Empoli e […]
CARBONI ESCLUSIVA PSB – Guido Carboni, ex calciatore di Benevento ed Empoli, nonché tecnico di tanti club che attualmente militano in cadetteria, è stato raggiunto, in esclusiva, dai nostri microfoni.
Salve mister, partiamo da due delle squadre in cui lei ha giocato e che poi ha anche avuto la possibilità di allenare, ovvero Empoli e Benevento. Che piazze sono e come giudica i rispettivi campionati, che possiamo definire un po’ all’opposto?
«Purtroppo a Empoli non sono rimasto tantissimo, ma la mia esperienza lì non è stata fortunata nonostante l’ottima partenza con 2/3 vittorie importanti. Ho avuto una serie di infortuni non da poco. Persi in una settimana Tavano, Buscè e Valdifiori, che in quel periodo rappresentavano la colonna portante della squadra. Da quel momento facemmo fatica, fu un’annata travagliata. Anche dopo il mio esonero si salvarono ai play-out, con il Vicenza che sbagliò un rigore al 90′ altrimenti erano retrocessi. Sono capitato nel momento sbagliato. Si tratta comunque di una grandissima piazza, sanno fare calcio, è un posto dove ogni allenatore vorrebbe andare. Quest’anno, dopo un avvio stentato, con l’arrivo di Marino, un amico e un tecnico preparatissimo cui faccio un grande in bocca al lupo, le cose sono cambiate. Benevento ha un motore per poter fare per tanti anni la Serie A, nel senso che è una società talmente forte e ambiziosa che se riesce, grazie all’organizzazione societaria, alla generosità di Vigorito, all’investimento sul settore giovanile, a confermarsi ad alti livelli, potrebbe diventare un modello stile Atalanta che è un apripista per tutti i club che ambiscono a fare bene».
Sempre in riferimento a due realtà del suo passato, ovvero Crotone e Frosinone, qual è il suo giudizio su Stroppa, che dopo un anno in cui è riuscito a salvare con estema difficoltà i pitagorici, sembra aver trovato la quadra, e su Nesta, che dopo la parentesi col Perugia, sta rilanciando i Ciociari?
«In merito a Stroppa, Giovanni è stato anche un mio calciatore, l’ho allenato avendo qualche anno in più a lui, nella mia prima esperienza in Serie B a Genova, dove sono rimasto 6 mesi. Quindi lo ricordo con grande affetto anche perché si è creato un bel rapporto fra di noi, ha dimostrato di essere un tecnico ed un ragazzo intelligente attraverso quelle che sono state le sue mancanze da giocatore a livello caratteriale. Credo che quindi si diventa allenatore anche sulle proprie debolezze e insicurezze, cercando di assorbirle e non trasmetterle alla squadra. A Foggia ha dimostrato di essere un tecnico preparato, che merita la massima serie. Nesta lo conosco come grande difensore. E’ un tecnico alle prime esperienze, prima quella non trascendentale in Umbria, ora al Frosinone. Dopo un avvio in salita, sta facendo bene e si sta giocando la promozione diretta. Dovrà sfruttare tutto il suo bagaglio e la sua esperienza calcistica per diventare un tecnico vincente, ha tutte le qualità per farlo. Mi permetto di dire che lavora in una piazza a cui sono molto legato. Conosco bene Stirpe e l’ambiente, hanno anche la fortuna di essere in uno stadio nuovo, forse uno dei primi in B ad essere stato ristrutturato, quindi è un posto dove si cerca di fare calcio a 360°».
Che ricordi serba di Castellammare e del periodo, relativamente breve, alla Juve Stabia?
«A volte in alcuni posti ci stai un anno o due e ti rimane poco, mentre a Castellammare ho vissuto tre mesi talmente intensi dal punto di vista emotivo che mi hanno lasciato tanto anche a livello umano. E’ una piazza dove si ha fame di calcio e una città a dimensione d’uomo dove si respira sempre calcio tutta la settimana. Sono rimasto poco perché in quel momento lì Manniello era intenzionato a cedere la proprietà. Uscimmo dai play-off con demerito, a causa di un errore, eravamo una squadra in salute ed ero convinto già allora che si poteva fare qualcosa di importante. I risultati raggiunti da Caserta hanno dimostrato che le mie intuizioni erano giuste, nel senso che lo zoccolo duro è stato mantenuto e rinforzato nella maniera giusta. Ora la Juve Stabia è ritornata in B e ha tutti i mezzi per poterci rimanere. Sono convinto che raggiungerà l’obiettivo salvezza se questo campionato riprenderà, perché lo merita e perché sia Potito che Caserta stanno facendo un ottimo lavoro e quindi gli auguro tutto il meglio».
Voci sempre più insistenti parlano di ripresa dei campionati a fine maggio. A suo avviso è una scelta coraggiosa?
«Me lo auguro, ma ho grandissimi dubbi se e con quali criteri si possa riprendere un’attività in piena emergenza. Facciamo l’ipotesi che in una partita c’è un positivo, a quel punto riblocchi tutto il campionato. Quindi la ripresa a fine maggio è una prospettiva molto ottimistica. Ovviamente me lo auguro perché darebbe un senso di regolarità a tutto. Se non si dovesse riprendere, immagino che debbano essere prese altre decisioni che creerebbero degli scontenti, con ricorsi e controricorsi. L’importante è che si scrivano le regole adesso: se il campionato riprende si porta a termine; se non riprende è necessario stabilire promozioni, retrocessioni, quindi decisioni che tutti possano accettare. Sono situazioni che devono studiare Leghe e organi competenti, cercando di agire per tempo e di non perdere di credibilità».
Capitolo taglio stipendi. Come lo giudica, considerando che non tutti i calciatori sono uguali e c’è un’enorme differenza tra una categoria e l’altra?
«Credo che il taglio stipendi possa riguardare solo la Serie A, perché in C, ad esempio, per le cifre che girano in questa categoria, non è assolutamente proponibile. Ci sono ragazzi che hanno famiglia con stipendi da normale lavoratore dipendente. In A è più facile perché si raggiungono cifre a più zeri. Mentre nelle altre categorie, viste anche le tasse, la fiscalità, i contributi, non penso sia possibile risparmiare in questo modo. Ad es. 50 mila euro per una società sono 100 mila euro. Abbiamo un regime tassativo tra i più alti in Europa, quindi le società non hanno la possibilità di respirare. Bisogna trovare delle alternative perché non è giusto che ci rimettano solo i calciatori. I sacrifici vanno fatti in quei campi, in quei settori in cui è possibile farli. Inutile chiedere succo a un limone già spremuto. Credo che questo virus segni la fine di tanti club perché ci sono presidenti che non possono andare avanti così. Quindi speriamo di metterci questa catastrofe alle spalle e di voltare pagina al più presto».