ESCLUSIVA PSB – Pergolizzi: “Il Palermo non può sbagliare, dovrà centrare la Serie A. Programmazione ok, ma occhio alla trappola…”
L'ex allenatore rosanero è intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni
Negli ultimi giorni, il Palermo ha dimostrato di essere la compagine di Serie B più attiva sul fronte calciomercato, assicurandosi gli innesti Lucioni, Ceccaroni, Mancuso e Vasic e continuando a seguire numerosi altri profili col fine di coltivare l’ambizione di centrare la Serie A nella prossima stagione. Una crescita costante e progressiva quella dei rosanero, rafforzatasi ulteriormente nell’ultimo anno grazie all’avvento della nuova proprietà del City Group. Col passare degli anni, infatti, il percorso dei siciliani ha acquisito una notevole rilevanza, nonostante siano trascorsi soltanto quattro anni dalla ripartenza in Serie D. In quel frangente, la panchina venne affidata al palermitano Rosario Pergolizzi, scelta rivelatasi vincente in virtù dell’immediata promozione in C nel 2020. L’allenatore è intervenuto in esclusiva ai microfoni della nostra redazione analizzando il percorso e le ambizioni future del club di viale del Fante. Di seguito l’intervista integrale.
Buongiorno Mister. La stagione di Serie B è ormai alle porte. Nonostante la costruzione delle rose sia in piena evoluzione, intravede già delle squadre potenzialmente protagoniste nel prossimo campionato?
“Ancora è presto, ma il Palermo sta operando davvero bene. Credo che possa essere la principale pretendente alla promozione. Subito dopo c’è il Parma, che possiede le qualità per arrivare fino in fondo. In generale, noto grande equilibrio e l’assenza di corazzate, ciò mi fa pensare che la differenza tra zona playout e playoff continuerà ad essere sottile. Spesso accade che possa esserci una rosa in grado di fare un campionato a parte: Parma e Palermo hanno le potenzialità per esserlo, avvalendosi di organici costruiti per vincere. Nel caso dei rosanero mi sembra che si stia verificando una situazione simile a quella risalente alla mia esperienza in D. Non puoi permetterti di non vincere, soprattutto dopo un anno di pianificazione e consolidamento. I siciliani dovranno centrare a tutti i costi la Serie A. Rispetto agli avversari hanno il vantaggio di poter fare affidamento su una società in grado di far la differenza con la programmazione. Molti altri club, invece, potrebbero riscontrare dei limiti di carattere economico e andare in confusione di fronte ad eventuali problemi”.
Oltre a chiederle quali sensazioni abbia provato nel seguire i rosanero dopo la mancata conferma in panchina nel 2020, avrebbe mai immaginato un percorso di crescita così netto da parte della squadra?
“Resto dell’opinione che il Palermo abbia vinto uno dei campionati più difficili, se non il più complicato, con me in panchina. Non è assolutamente facile imporsi in realtà quali la Serie D e la C. Nella mia annata c’erano due-tre formazioni forti come Acireale e Savoia che hanno provato a metterci in difficoltà giocandosi tutto dal punto di vista economico. Dopo quella stagione, infatti, entrambe hanno riscontrato diversi ostacoli. Il Catania, ad esempio, ha vinto facilmente in D perché quasi tutti i club hanno deciso di non investire in modo massiccio. Nella terza serie, invece, il Palermo ha pagato il primo anno: c’è stato un pizzico di presunzione, molti pensavano che si potesse vincere la Lega Pro al primo tentativo semplicemente puntellando la squadra con degli accorgimenti. La storia è cambiata definitivamente con l’avvento del City Group che ha rinforzato notevolmente il tessuto societario. Adesso – per fortuna – è arrivato il momento di puntare in alto. Per quanto riguarda la mia posizione, sarebbe bugiardo dire che non ci sono rimasto male. Ma è stata una sensazione passeggera. È chiaro che quando vinci – non stentando e avendo il miglior attacco e la miglior difesa a sette giornate dalla fine del campionato, poi sospeso per Covid – ci fai l’abitudine e pensi che puoi essere riconfermato. Ma sono un uomo di calcio e so benissimo che le cose possono andare positivamente e negativamente. Alla fine Palermo mi ha sempre portato bene, dallo Scudetto Primavera nel 2009 alla promozione in C“.
I movimenti di mercato stanno portando in Sicilia nomi altisonanti per la categoria. Basta questo per acquisire le credenziali utili a primeggiare in campionato oppure c’è il rischio di ritrovarsi una squadra di cosiddette “figurine”? Facendo riferimento alle rose ricche di calciatori validi che – negli ultimi anni – hanno faticato in Serie B.
“L’operato del Palermo è assolutamente giusto, sembra che stiano costruendo delle fondamenta importanti. Tuttavia, credo che la pianificazione passi soprattutto dal ruolo dell’allenatore. Corini è un gran gestore del gruppo, ma da parte sua serviranno fermezza e mentalità per fare la differenza. In tal senso, il mio punto di riferimento è Fabio Grosso che – nonostante una formazione senza grandi nomi – ha fatto un lavoro di spessore a Frosinone praticando anche un ottimo calcio. I nomi possono rivelarsi anche un’arma a doppio taglio, una trappola: conteranno soltanto le prestazioni sul campo e sarà necessario correre più degli altri. In tal senso, eviterei le “prime donne”, proseguendo la linea di puntare su giocatori vincenti per la Serie B e che possano trasmettere la loro personalità al gruppo. Ai rosa servirà anche l’aiuto dei tifosi, considerando che qualunque avversario moltiplicherà le proprie motivazioni soltanto per mettere in difficoltà una rosa di questo calibro“.
Negli ultimi anni, la piazza siciliana ha vissuto dei rapporti complicati con gli allenatori susseguitisi in panchina, fatta eccezione per Silvio Baldini. Così come lei ricevette delle critiche in Serie D, la stessa situazione si sta verificando oggi con Eugenio Corini. Dal punto di vista di un tecnico, come vanno gestiti gli umori di una piazza calorosa ed esigente come quella palermitana?
“Essendo semplicemente sé stessi. Ogni allenatore è consapevole del fatto che non può ricevere elogi dal 100% dei tifosi. La nostra carriera è fatta anche di questo. Credo che Corini sia stato scelto dalla società perché ha tantissime caratteristiche funzionali al progetto: non solo l’abilità di poter raggiungere il risultato sportivo, ma anche notevoli doti umane e comunicative. Quest’anno, credo che anche lui sia consapevole di dover dare qualcosa in più. Si prospetta una stagione in cui non si può sbagliare“.
Al netto dei calciatori rientrati dal prestito e fuori dal progetto, con le scadenze contrattuali di Lancini e Peretti sembra essersi chiusa l’era dei calciatori che hanno caratterizzato la sua annata nella quarta serie. Qualcuno avrebbe meritato un trattamento migliore?
“Forse sì, qualcuno avrebbe meritato più spazio. Qualcun altro, invece, non ha espresso a pieno le sue potenzialità. Molto è dipeso dai tanti cambiamenti che si sono verificati in panchina: ogni tecnico ha le sue idee e si può perdere l’equilibrio sulla valutazione del singolo calciatore. Nel percorso le ambizioni aumentano e si finisce per volere sempre qualcosa in più. Il calcio è cambiato perché non esistono più bandiere e ognuno va per la propria strada”.
Uno di quei calciatori, Mattia Felici, potrebbe tornare in Serie B. Nelle ultime settimane, il classe 2001 è stato accostato alla neopromossa Feralpisalò. Ritiene che abbia le potenzialità per potersi esprimere al meglio anche in cadetteria?
“Personalmente lo ricordo come un ragazzo fortemente motivato e con voglia di crescere e di migliorarsi. Tecnicamente è molto bravo, ma alcune volte lo stimolavo con dei comportamenti forse ingiusti, ma necessari per un giovane. Sotto la mia supervisione ha vissuto l’ultimo campionato ad alto livello, poi a Lecce ha avuto diverse difficoltà tra infortuni e panchina. Possiede le qualità per recitare un ruolo da protagonista in Serie B, ma bisognerà capire quanto possa essere considerato al centro dei progetti delle diverse squadre che potrebbero decidere di puntare su di lui”.
Considerate le esperienze da allenatore e da calciatore, la sua carriera è legata anche all’Ascoli. Il nuovo progetto tecnico firmato Viali potrà apportare nuova linfa alle ambizioni del Picchio?
“Negli ultimi anni, l’Ascoli ha raggiunto l’apice soltanto con Sottil in panchina e avendo a disposizione un organico importante. La passata stagione, invece, è stato cambiato poco ma non nella maniera più idonea. Bastava davvero poco per dare continuità a quel lavoro. È stata allestita una rosa di caratura, ma non all’altezza dei diversi moduli adottati nel corso del campionato. Anche quest’anno si ripartirà da una squadra confermata al 60-70%, con le posizioni incerte di Collocolo e Caligara e qualche giovane in rampa di lancio. Allo stato attuale è ancora un’incognita, ma gli ultimi campionati disputati dall’Ascoli si somigliano tra loro. Non si punta molto su tecnica e qualità, ma su gente motivata che lotta e che vive le partite con intensità. Chiaramente se ti ritrovi due attaccanti da doppia cifra, puoi anche sperare di competere per obiettivi ben più importanti della salvezza”.