ESCLUSIVA PSB – Reggiana, Melegoni: “Obiettivo salvezza, ma siamo forti e ambiziosi. Sono pronto a riconquistare tutto”
Il centrocampista in esclusiva ai nostri microfoni
Filippo Melegoni ne ha vissute diverse di carriere, in barba a qualsiasi declinazione di linearità. È stata la nuova gemma dell’Atalanta, rasserenata dal talento del classe ’99 quando il picco di rendimento di Gagliardini coincise con il trasferimento all’Inter, dopodiché ha indossato l’armatura e abbandonato il nido, accumulando esperienze, gioie e dolori che ne hanno guidato il passaggio all’età adulta, dove i sogni persistono ma l’ovatta viene poco a poco strappata dallo spessore doppio della quotidianità e di tutto ciò che essa contiene. Oggi, a ventiquattro anni, il talentuoso centrocampista – in forza alla Reggiana ma di proprietà del Genoa – è un uomo con tanto da raccontare, analizzare e, al contempo, poter ancora desiderare. Raggiunto in esclusiva dai nostri microfoni, sono stati diversi i temi approfonditi.
Siete in una meritata serie positiva, con prestazioni di indiscutibile livello, come l’ultima – notevole – in quel di Bari. Che clima c’è nello spogliatoio?
“Siamo in un buon momento, che dura da un po’ e speriamo che non smetta di essere tale. Secondo me avevamo sin dall’inizio quest’identità sviluppata sulla propensione a giocare il pallone, ma ogni tanto peccavamo in difesa e concedevamo gol stupidi. Ora ci sentiamo molto più sicuri di noi stessi, mostriamo un buon calcio e siamo ben messi sia in fase difensiva che offensiva. C’è un clima piacevole nello spogliatoio, siamo positivi, i ritmi in allenamento sono molto alti”.
La vostra è una squadra che sembra avere due anime: una operaia, pratica, combattiva, l’altra propensa a distribuire estetica e qualità nelle giocate. Ciò sembra combaciare con le tue caratteristiche, dato che in questi anni ti sei costantemente mostrato abile sia nella tecnica applicata che nell’interdizione.
“Sono d’accordissimo, mi trovo benissimo con il mister e i suoi principi di gioco, questo è uno dei motivi per cui ho deciso di venire qui in estate. Sapevo che la Reggiana avesse quest’identità, perfetta per le mie caratteristiche. Qui si gioca a calcio come piace a me. All’inizio dovevamo fare gruppo, conoscerci, e ciò è stato fatto in maniera naturale col passare delle partite. Cominciando a tessere connessioni con i compagni si è poco a poco in grado di dare forma in maniera sempre più concreta alle idee dell’allenatore. Ora sento che determinate giocate vengono in automatico, perché stiamo lavorando bene in allenamento e in partita, in campo riusciamo a trovare più spazi e la qualità ne beneficia. Come dicevi poc’anzi, sono questo tipo di calciatore, desidero giocare a pallone, con due tocchi e dribbling, evitando di concentrarsi unicamente sulla fase difensiva, tratti propri anche della Regia. Ci sono dei momenti in cui bisogna ovviamente pensare al contenimento degli avversari, come accadutoci nel secondo tempo di Bari, ma non ci tiriamo mai indietro quando bisogna proporre. Ritengo che ora la nostra squadra sia in grado di fare entrambe le cose”.
La resilienza è un tema che probabilmente viene poco discusso quando la stampa ha modo di parlare con voi calciatori. Cresci in un settore giovanile di primissimo livello e hai modo di esordire in un momento in cui l’Atalanta aveva deciso di diventare grande con i suoi giovani. Sali al piano superiore, quello del professionismo, con più di quaranta partite con la Primavera, dunque – a detta del sottoscritto – arrivi pronto all’appuntamento. A Pescara incappi in un grave infortunio al crociato, per poi ripartire con fatica ma tanta ambizione. Come hai gestito mentalmente il passaggio dalla purezza delle prime esperienze tra i grandi a questo tipo di difficoltà?
“Venivo considerato fenomeno e predestinato. Le cose andavano davvero bene, come certificato dall’esordio in Serie A e dalla possibilità di andare a raccogliere minutaggio a Pescara, dove sono partito in maniera positiva prima della nefasta rottura del crociato patita in Nazionale, la mia prima batosta. In quei momenti bisogna rimboccarsi le maniche e capire come il calcio sia questione di attimi, sia per salire che per scendere. Da quel momento il mio percorso è stato un po’ rallentato, complici i sette mesi e mezzo di riabilitazione, a seguito dei quali ho deciso di ricominciare proprio da Pescara, e fu una scelta giusta visto che il mio rendimento fu positivo, con picchi come il rigore quasi decisivo dei playout. Tornato in voca il mio nome, sono arrivate diverse offerte dalla Serie A, il tutto contornato dalla convocazione in Under 21, con cui ho segnato all’esordio. Il Genoa è stata una scelta dettata dallo spessore del club e dal calore del pubblico, parliamo ad ogni modo di una piazza particolare, strana ma tanto calda: un anno ti salvi con dieci giornate d’anticipo ma magari retrocedi quello dopo. La stagione 20/21 è stata davvero buona, con la salvezza e la gioia del gol in Coppa Italia contro la Juventus, mentre nel 21/22 – che comunque ricordo per il primo gol in Serie A, arrivato contro la Lazio – ci sono stati tanti allenatori, così come il cambio della proprietà del club, una situazione atipica che ha portato poi alla discesa in Serie B. Dopodiché è arrivata l’esperienza allo Standard Liegi, dove ci siamo giocati gli spareggi per l’Europa League, un calcio di altissimo livello, tappa seguita da un altro infortunio e dalla ripartenza con i colori della Reggiana. Insomma, ho avuto qualche problema fisico e un po’ di sfortuna, ma sono convinto che la ruota giri. La mia famiglia, i miei amici e la mia mental coach mi hanno aiutato nella gestione di tutte queste cose, pressioni e ricadute. Ora mi sento pronto a riconquistare tutto”.
Sei calcisticamente nato come un elemento di talento tecnico, posizionale e, aggiungo, intellettivo, perché le tue scelte lasciavano intendere una qualità e velocità di pensiero di altra categoria rispetto ai tuoi coetanei. Le varie esperienze ti hanno inevitabilmente completato in termini tattici e di apporto atletico, oramai un fattore nelle tue partite. Che giocatore senti di essere a questo punto del percorso?
“Da piccolo spiccavo come giocatore elegante e raffinato, ma crescendo gli allenatori chiedono anche altro, perché a non tutti basta l’interprete che fa giocate di fino. Il calcio è in continua evoluzione, oggi un trequartista deve ancora corsa e propensione a rientrare. Ho imparato quest’ultima cosa al Genoa, dove in tante partite c’era bisogno di difendere e bisognava saper soffrire per mantenere il risultato. Lì ho parzialmente cambiato le mie caratteristiche, mentre in Belgio ho giocato con compiti un po’ più offensivi, ma anche lì mi veniva chiesto spesso di fare il quinto e tornare in difesa. Ho deciso di dedicarmi a questa crescita, lavorando tra l’altro anche nelle situazioni di uno contro uno da difendente. Chiaramente sarò sempre un giocatore principalmente votato al gioco offensivo, con dribbling e tocchi di prima, ma ho capito di doveri adattare alle richieste tattiche attuali”.
La più classica delle conclusioni: quest’ottimo momento di forma vi ha concesso di riconoscere l’inebriante atmosfera playoff: che prospettive vedi nella Regia e, soprattutto, quanto sarà importante gestire equilibrio e ambizione?
“Sono arrivato in una squadra molto ambiziosa. Il primo obiettivo è sempre stato la salvezza, ma già mesi fa tra noi calciatori si sottolineava che fossimo davvero forti e che potessimo fare di più, stazionando in altre zone di classifica. Ora ciò sta succedendo, abbiamo l’ambizione di arrivare lì e sogniamo. Restiamo ovviamente con i piedi per terra, perché la classifica è corta e le cose cambiano in un attimo. Puntiamo in alto, sappiamo che possiamo farlo, abbiamo vinto con le prime e perso gli scontri con le ultime, ma questo ha dimostrato che abbiamo gli strumenti per giocarcela con tutti. Sabato decidiamo che campionato fare, vincendo le cose si farebbero davvero divertenti. Ci crediamo, il primo traguardo da raggiungere resta ovviamente la salvezza, ma siamo ambiziosi”.