ESCLUSIVA PSB – Fini: “Cagliari, serve unità di intenti. Il Brescia non risentirà della situazione societaria, Cellino persona competente”
L'analisi dell'ex calciatore di Cagliari e Ascoli, nonché vice di Diego Lopez durante l'esperienza di Brescia
Protagonista in Serie A e B con diversi club, Michele Fini è riuscito a legare indissolubilmente il proprio nome ad alcune protagoniste del campionato cadetto tra cui Cagliari e Ascoli. Successivamente, la sua avventura calcistica è proseguita in panchina al fianco del tecnico Diego Lopez con cui è riuscito a togliersi diverse soddisfazioni, dal grande contributo alla promozione del Bologna nel 2015 fino alla conquista del titolo nazionale in Uruguay col Peñarol, senza dimenticare le esperienze in Sardegna e a Brescia. Intervenendo in esclusiva ai nostri microfoni, l’ex calciatore ha analizzato diverse tematiche inerenti alla cadetteria soffermandosi sul momento vissuto dalle realtà a lui più vicine. Di seguito l’intervista integrale:
Buongiorno Signor Fini. E’ pronto a ripartire con una nuova avventura al fianco di Diego Lopez oppure sta pensando di avviare un percorso da allenatore in prima?
“Avendo finito da poco l’esperienza in Cile abbiamo deciso di prenderci un attimo di pausa e restiamo in attesa di novità. Credo che chi faccia questo mestiere debba sempre avere l’ambizione ad allenare da solo, in futuro si vedrà. Posso dire di essere contento di aver intrapreso questo percorso assieme a Diego e lo ringrazio per l’opportunità. Non nutro alcun tipo di aspettativa perché è un mestiere in cui devi dare sempre il massimo per evitare di incappare nelle difficoltà. Sicuramente la gavetta mi ha permesso di acquisire competenza e conoscenza da poter trasmettere agli altri e in tal senso credo di poter allenare in tutte le categorie. Non sarebbe un problema tornare tra i giovani perché non si smette mai di imparare. Grazie alle esperienze passate conosco a 360 gradi ciò che concerne il lavoro settimanale”.
Nella sua carriera calcistica una significativa esperienza al Cagliari. Nonostante i favori del pronostico e una rosa di elevata qualità, avrebbe mai pensato ad un avvio di campionato altalenante da parte dei sardi?
“Quando ci sono delle grandi aspettative tutto diventa più difficile. Ad inizio stagione il Cagliari era chiaramente una squadra che doveva vincere il campionato a mani basse. Tuttavia, sia io che gli altri addetti ai lavori sappiamo quanto sia difficile imporsi in questo campionato e soprattutto dare continuità ai risultati. Con una serie di vittorie ti ritrovi catapultato in cima, mentre con qualche sconfitta rischi concretamente di toccare con mano la zona retrocessione. I rossoblù dovranno lavorare duramente per risalire la china e arrivare fino in fondo”.
Un momento complicato che ai rossoblù potrebbe anche costare caro per la promozione diretta. Cosa serve per innescare la svolta?
“A livello di organico c’è davvero poco da dire, è una squadra forte con calciatori di categoria e abituati a vincere. Credo che siano soltanto dei momenti che verranno superati. La squadra è stata ricostruita su alcune certezze e colmando le carenze con l’arrivo di profili importanti. Per un cambio di marcia servirà che i calciatori si guardino faccia chiedendosi quale obiettivo intendono raggiungere, cercando un’unità di intenti e applicando sul campo le richieste del tecnico Liverani. Forse è proprio questo che manca, a prescindere dai risultati che sono fondamentali per elevare il morale del gruppo nel corso della stagione. Il Cagliari deve assolutamente lottare per la vittoria del campionato“.
Con Diego Lopez ha avuto anche la possibilità di conoscere l’ambiente Brescia. Nelle ultime settimane le Rondinelle sono apparse un po’ ingolfate dal punto di vista dei risultati, considerando che l’ultimo successo risale a due mesi fa. Ritiene che la delicata situazione societaria possa riversarsi sull’andamento della squadra?
“Penso di no. Chiaramente ciò che è successo al presidente Cellino è una questione personale che spetta a lui risolvere. I suoi passi, però, sono sempre andati nella direzione di voler tranquillizzare l’ambiente e rasserenare la squadra che è un capitolo a parte. Sono sicuro che la formazione di Clotet non ne risentirà e continuerà il proprio cammino da pretendente per la Serie A“.
A prescindere dai risultati il rapporto fra Massimo Cellino e Diego Lopez si è rivelato quasi sempre saldo, talmente da sfiorare la terza avventura bresciana nello scorso mese di febbraio, prima del clamoroso dietrofront che ha “costretto” alla conferma di Inzaghi. Come avete vissuto quel momento?
“Alla fine il cambio non ci fu per motivi burocratici, nello specifico per la clausola anti-esonero. Al di là di questo tra Cellino e Diego Lopez c’è sempre stato un rapporto di tipo lavorativo, non c’è una sorta di beneficio che possa identificare Diego come il “figlio di Cellino” come si suol dire in questi casi e come ci è successo a Verona di recente perché considerati vicini al direttore Marroccu. Noi siamo legati al lavoro, non siamo raccomandati. E’ chiaro che, oltre alla bravura, bisogna avere tanta fortuna. Se penso alla prima esperienza di Brescia abbiamo fatto pochissime partite per via della pandemia, ritrovandoci una squadra in grave crisi di risultati e di classifica. Nella stagione successiva, invece, il presidente decise di cambiare e ci ritrovammo una rosa con lacune. Se penso alle altre annate, a Bologna abbiamo ottenuto quasi una promozione venendo esonerati nonostante il terzo posto in classifica. Quello fu davvero un bel lavoro, così come al Peñarol dove abbiamo vinto il campionato. A Palermo, invece, non siamo riusciti ad esprimerci al meglio perché la situazione era ormai compromessa. Con le condizioni ideali abbiamo sempre lavorato bene”.
Dal punto di vista personale e professionale qual è stato il suo rapporto con Cellino?
“Personalmente mi ha sorpreso. Prima di Brescia non lo conoscevo ma ha dimostrato sin da subito di essere una persona competente. Con uno sguardo riusciva a capire che persona fossi. Per il resto è un grande conoscitore di calcio che ti dà dei consigli e devi farne buon uso. Studia molto le persone e con noi alla fine si è comportato benissimo riconoscendoci quello che ci spettava ed evitando di crearci problemi. Ha visto in noi due uomini dediti al lavoro“.
Voltando pagina giungiamo ad Ascoli, un altro capitolo rilevante del suo passato. Una prima parte di stagione positiva per il Picchio, capace di collezionare dei successi pesanti. Crede che la squadra di Bucchi abbia tutte le carte in regola per confermarsi in ottica playoff?
“Penso proprio di sì, è una delle pretendenti più accreditate per i playoff nonostante qualche risultato altalenante. Finora i bianconeri hanno fatto un percorso davvero di spessore. Dopo il risultato ottenuto nella passata stagione è chiaro che la piazza abbia delle aspettative. C’è tanta pressione ma è necessario fare attenzione a non trasformarla in un pericolo, evitando di far subentrare timore, paura e di conseguenza risultati non positivi. Conoscendo Cristian (Bucchi, ndr), allenatore intelligente e preparato, sono sicuro che riuscirà a gestire la situazione nel miglior modo possibile. Magari in futuro i bianconeri potranno permettersi di lottare per qualcosa di più“.
Dalla squadra rivelazione alla delusione di questa prima parte di campionato, le chiedo soltanto due nomi.
“La rivelazione è sicuramente il Südtirol, una neopromossa partita male che ha cambiato drasticamente la propria mentalità grazie all’arrivo di Bisoli, bravo a trasmettere ai calciatori i valori e i concetti fondamentali di chi deve lottare per centrare la salvezza. Inoltre, è una società organizzata che, nonostante i tanti anni di Serie C, nutre degli obiettivi importanti. Credo che nessuno si aspettasse questo tipo di percorso da parte degli altoatesini. Per la parola delusione scelgo il Benevento, è chiaro che quando hai un ambiente carico di entusiasmo e una dirigenza forte alle spalle ti aspetti un altro campionato. Magari è una formazione che alla lunga verrà fuori“.