ESCLUSIVA PSB – Da Torregrossa a Maita, passando per Adryan, Mastinu ed Ekuban: Ribeiro ricorda il passato e immagina il futuro
Il prodotto del settore giovanile del Flamengo ricorda alcuni passaggi della sua carriera
L’amore per il calcio riduce le distanze, assottiglia le difficoltà, cerca di rendere pianeggianti anche i percorsi più impervi. Per inseguire i sogni non si guarda indietro, a ciò che si lascia, ma si alza lo sguardo per puntare avanti e raggiungere le proprie mete. Non è detto che la destinazione sia quella sperata, con accezione tanto migliorativa quanto peggiorativa, ma onorando il percorso la crescita e le soddisfazioni arriveranno in ogni caso. Gabriel Ribeiro è una corretta e precisa personificazione di tutto ciò, perché per i sogni dalla forma tondeggiante, quella del pallone, ha lasciato il suo Brasile per volare in Europa, dove il suo nome è oramai associato all’Italia, Paese dove ha giocato tanto (e bene), convissuto con infortuni gravi ed estenuanti, e mostrato che la speranza è sempre il miglior carburante per ritrovarsi e ricominciare. La sua carriera l’ha finora visto giocare con tanti calciatori, spesso diventati campioni, che oggi si alternano tra Serie A e Serie B, come l’attaccante classe ’94 ha avuto modo di raccontare in esclusiva ai nostri microfoni.
Chi ha analizzato e vissuto i campi di Serie C e Serie D ti ha certamente già incontrato nel proprio percorso, ma per presentarti in maniera completa e descrivere il tuo rapporto con l’Italia, ti va di raccontare cosa questo Paese ti ha dato a livello umano e calcistico?
“Innanzitutto vi salauto, è un piacere parlare con voi di PianetaSerieB. L’Italia mi ha permesso di crescere come calciatore e come uomo. Questo Paese mi ha accolto nel 2010, oramai lo considero casa mia. Sono stato sempre trattato benissimo da tutti, ho legato tanto con il vostro territorio, dove ho tanti amici che porterò con me per tutta la vita. È un rapporto che, dunque, estendo al di là del calcio. A livello sportivo, posso dire di aver fatto tutta la mia carriera in Italia, dato che ho giocato lì per più dieci anni, ho imparato tutto da voi. Nel mio percorso sono stato allenato da tecnici importanti, come Nicolato, ora CT dell’Under 21, oppure Marcolini e tanti altri, che mi hanno insegnato tanto”.
Nel corso delle varie esperienze che hai vissuto in Italia, il tuo cammino si è incrociato con quello di diversi calciatori che nell’ultima stagione sono stati protagonisti in Serie B. Sarebbe interessante partire da Ernesto Torregrossa, con il quale hai condiviso l’esperienza in quel di Lumezzane. Che compagno di squadra e che giocatore era? Hai qualche aneddoto da raccontarci?
“Ho avuto il piacere di condividere lo spogliatoio con Ernesto per un anno e mezzo, posso dire innanzitutto che è una persona eccezionale: aiuta sempre gli altri, dà una mano ai giovani, lavora tanto e va sempre al massimo negli allenamenti, fattori che spiegano come e perché sia arrivato da alti livelli. C’è una storia che mi fa tanto ridere: quando sono arrivato a Lumezzane avevo 18 anni, mentre lui due in più, ma per come parlava a me sembrava già grande, e quindi una volta gli chiesi se avesse 28 anni, ma mi rispose dicendomi di averne appena 20. Non gli credetti, aveva un atteggiamento da leader affermato, dimostrava di essere davvero più avanti con l’età, quindi ora scherzo dicendogli che è un quarantenne”.
In quel Lumezzane c’era anche Mattia Maita, centrocampista che ora detta geometrie e dà grande equilibrio al Bari. Immaginavi che potesse incidere in questa maniera in Serie B?
“Il Lumezzane in quel periodo fece davvero una bella squadra, con tanti giovani poi arrivati in Serie A e B. Su Maita posso dire di aver sempre avuto la certezza che sarebbe prima o poi approdato nelle categorie superiori, perché tecnicamente, a mio avviso, era fortissimo, faceva la differenza. Era molto diverso da tutti gli altri ed era giovanissimo. In ritiro condividevamo la stanza, stavamo sempre insieme, abbiamo legato tanto, ho conosciuto tra l’altro la sua famiglia, gli auguro tante cose belle e sono sicuro che arriverà in A: lo merita, è davvero fortissimo”.
Andando indietro di qualche anno, precisamente alla stagione 2015/2016, Serie D Girone G, l’Olbia ebbe modo di beneficiare del talento tuo e di Giuseppe Mastinu, ora anch’egli al Pisa, che dopo quella tappa fece un doppio salto in Serie B per giocare con lo Spezia. Il classe ’91 veniva da ben otto stagioni di D, e la sua carriera – così come la sua vita – cambiò radicalmente. Che ricordi hai dell’esperienza che avete condiviso?
“Con Giuseppe abbiamo ottenuto la promozione dalla Serie D alla C con l’Olbia. È un giocatore che, secondo me, giocava in D perché molto legato alla Sardegna, la sua terra. A mio avviso non voleva spostarsi, per questo è rimasto tanti anni in quella categoria, impressione che lui stesso tendeva a confermare quando parlavamo, perché all’epoca mezza Italia lo voleva. Al momento della chiamata dallo Spezia, che gli avrebbe concesso di fare un doppio salto in B, ci ripensò e accettò la proposta. Fu un passaggio meritato, perché segnava tantissimo, era davvero sprecato per la categoria, come ha dimostrato facendo molto bene in cadetteria”.
Per raccontare il calciatore che ci apprestiamo a menzionare non basterebbe un’intervista, ma il tema è davvero interessante: sei legato da un rapporto di grande amicizia con Adryan, un ragazzo che sembrava destinato ai più importanti palcoscenici mondiali e che abbiamo ritrovato in Italia con il Brescia dopo la tappa con il Cagliari. Nei limiti di ciò che è concesso dire, cosa secondo te non gli ha permesso di mantenere le aspettative che a suo tempo gli gravitavano attorno?
“Abbiamo un rapporto molto bello, siamo cresciuti insieme nel settore giovanile del Flamengo, esperienza che abbiamo condiviso dall’Under 11, senza dimenticare che studiavamo tra l’altro insieme. Quando è arrivato a Brescia, sapendo che ho giocato a Lumezzane, mi ha chiesto una mano, infatti l’ho aiutato a trovare un appartamento a Brescia per lui e la famiglia. Confesso una cosa: pensavo potesse una carriera ancora più importante di quella che ha comunque fatto, perché ha giocato in Serie A italiana, francese, svizzera, turca e brasiliana, ma con le qualità che ha immaginavo avesse i mezzi per fare la differenza in squadre più blasonate. Non so cosa sia successo, ci sono dei giocatori che crescono con aspettative molto grandi, ma che hanno l’effetto di generare pressioni che non permettono di esprimere il proprio calcio al meglio. Il suo resta, ad ogni modo, un percorso importante”.
Altra storia molto peculiare che hai incontrato è quella di Caleb Ekuban, che con Torregrossa e Maita animava il tuo Lumezzane. Attualmente al Genoa, immaginavi per lui una prospettiva di questo tipo? Era un attaccante poco prolifico, eppure con perseveranza è arrivato in una delle più importanti piazze italiane.
“Vivevamo in casa insieme a Lumezzane. È un ragazzo d’oro, si impegna tantissimo e fisicamente ha delle doti assurde. Non ha mai fatto tanti gol ma è un attaccante che lavora incessantemente per la squadra: pressa i difensori, corre per sé e per i compagni, inoltre sa fare assist, dunque secondo me è un calciatore molto importante, che tutti gli allenatori vorrebbero in squadra. Ritengo meriti di stare nel Genoa e aggiungo una cosa: se segnasse un po’ di più raggiungerebbe un livello da top club mondiale. Ribadisco: fisicamente è incredibile e tecnicamente è forte, oltre a tutto ciò che fa per il collettivo”.
Per concludere, è doveroso chiederti quando ti rivedremo in campo, così da poterti seguire in questo percorso che tante emozioni e incontri speciali ti ha donato.
“Spero e pretendo di tornare in Italia nel mercato estivo. Sto parlando con alcune squadre, il mio obiettivo è rientrare in questo Paese. L’anno scorso sono stato a Casarano, mentre negli ultimi mesi ho giocato qui in Brasile. Mi auguro, dunque, di riprendere il mio percorso lì e – spero – poter giocare ancora tanti anni con altri campioni”.