ESCLUSIVA PSB – Galeoto: “Il Palermo è una fede incancellabile. Genoa? Squadrone, vinceranno il campionto senza problemi”
L'intervista esclusiva a Francesco Galeoto, tra la fede rosanero e le grandi promozioni raggiunte in carriera
Basterebbero i numeri alle volte per parlare dei giocatori, ma ci sono storie che meritano di essere raccontate. Un po’ come quella di Francesco Galeoto, palermitano doc e rosanero nel cuore, che da calciatore ha coronato il suo sogno di giocare per la squadra della sua città. Una carriera in crescendo e di primo livello, per un terzino moderno già ai suoi tempi, e ricordato con affetto ovunque sia andato, da Salerno a Crotone, per un vero e proprio maestro delle promozioni. Oggi Galeoto si è reinventato nel mestiere di allenatore e formatore dei più giovani presso la sua scuola calcio, ma in fondo al cuore coltiva ancora un sogno: quello di fare ritorno al Palermo in veste di allenatore.
Cosa fa Francesco Galeoto oggi? É rimasto inevitabilmente nel mondo del calcio oppure ha intrapreso una strada diversa dal pallone?
“Sarò sempre legato al mondo del calcio, infatti oggi alleno nella Scuola Calcio Ciccio Galeoto, quella che ho creato quando ho smesso di giocare nel 2012. É una grande soddisfazione e un grande onore per me aver potuto costruire una cosa del genere, adesso possiamo contare su 150 ragazzi. La mia idea di allenare è nata durante la fase finale della mia carriera, ero rimasto senza squadra e con l’aiuto e il consiglio del mio procuratore ho deciso di andare a fare il corso a Coverciano per 18 giorni. Ho incontrato grandissimi giocatori ed è stata un’esperienza pazzesca, che mi ha portato ad intraprendere questo percorso fino ad oggi: la mia scuola calcio, nella mia città, a Palermo. Dopo il grande girovagare della mia carriera non mi volevo più muovere da Palermo, e qui sono felice, lavoro e do tutto per la mia creazione”.
Riavvolgiamo il nastro della carriera da giocatore. Ti aspettavi un curriculum del genere? E soprattutto, ti aspettavi di arrivare a giocare al Palermo?
“Diciamo che in cuor mio ci ho sempre sperato e creduto, ma non era semplice. Ho giocato a Ierfini in prima categoria, e da lì il Palermo mi ha prelevato a 19 anni prima di girarmi a Cerveteri e Trapani. Proprio a Trapani ho lavorato con mister Ercoleo, è lui che mi ha voluto portare con sè a Palermo e io non potevo di certo rifiutare. Per quella maglia non pensavo ad altro, non guardavo ad altro. Quella maglia rosanero era il sogno della mia vita e ho potuto indossarla per due anni, per un palermitano è davvero il massimo. Tra le altre cose ho avuto anche la fortuna di segnare al Barbera nei quarti di Coppa Italia con il Vicenza di Guidolin che l’anno prima aveva vinto la coppa. Ho fatto un gran gol, poi lo stadio ha fatto il resto, era pienissimo, un’emozione incredibile. Sicuramente per il Palermo, a qualsiasi livello, il valore aggiunto è la tifoseria. Noi amiamo i colori del Palermo a prescindere dalla categoria. É una fede che non si può spiegare a parole, ma basta guardare il Barbera per capirlo”.
Come è cambiato il calcio da quando giocavi tu? Il tuo era il Palemro dei “Picciotti”, un folto gruppo di palermitani che difendevano la loro città. Oggi è ancora possibile? E c’è un giocatore che in campo ti rispecchia?
“Oggi è completamente diverso rispetto a quando giocavo io. In squadra eravamo 10 o 12 palermitani, oggi con l’evoluzione del calcio è una cosa praticamente irrealizzabile. Ci sono altri obiettivi anche per i singoli giocatori, è cambiato in toto il sistema. Un giocatore simile a me? Devo ammettere che non ne ho visti, molto spesso mi avvicinano a Buttaro, un gran giocatore ma più difensore di quanto non fossi io. Come piace dire a me io ero già moderno al mio tempo, quella fascia la bruciavo letteralmente ma non era solo merito mio, no. Il pubblico te lo chiedeva e ti dava quella spinta in più per cui non potevi non dare dare tutto. Quello che posso dire oggi però, è che bisogna guardare le partite e imparare da tutti, lo ripeto sempre anche ai ragazzi della mia scuola calcio. Anche io da calciatore lo facevo, i miei punti di riferimento sono stati Balleri con il Padova da cui ho rubacchiato qualcosa e anche Benarrivo“.
Da maestro delle promozioni, ce n’è una che ricordi con maggior piacere? Da Salerno passando per Treviso fino a Crotone, senza tralasciare Genova. Di sicuro sei stato fortunato, tante promozioni non possono essere dimenticate.
“Le mie promozioni sono state tutte belle, ognuna a suo modo e non una più delle altre. Soprattutto sono state tuttte inaspettate, o comunque non eravamo i favoriti alla partenza. A Salerno ci siamo conquistati la Serie A dopo 50 anni, a Crotone siamo andati a vincere a Benevento e a guadagnarci una promozione da brividi. A Treviso siamo passati dalla Serie C alla Serie A, e a Genova, beh, abbiamo tagliato un traguardo importantissimo in un campionato in cui c’erano anche Napoli e Juventus. Riguardando indietro sono tutti ricordi indelebili e fantastici, forse l’unico rammarico è la finale persa con il Taranto contro il Catania, c’erano 40000 persone e non è andata come avremmo voluto. Poi per un palermitano perdere con il Catania è ancora più pesante”.
Nel tuo passato da calciatore c’è anche un grande filo comune: essere allenato da allenatori oggi importantissimi. Da Conte a Sarri, passando per Gasperini e Delio Rossi. C’è qualcuno a cui Francesco Galeoto si ispira?
“Anche in questo caso devo dire che la fortuna mi ha guardato bene. Sono tutti grandissimi allenatori e sono felice di averli avuti nella mia carriera. Quello che però mi ha lasciato di più forse è stato Gasperini, a me personalmente aveva detto che sarei stato la quinta scelta di quel Genoa, poi però lui fa parlare il campo, e lì io dimostravo di valere. Con Conte ho imparato tante cose sull’assetto mentale e sulla grinta, è incredibile quello che riesce a trasmetterti. Diciamo che si cerca di prendere qualcosa da ognuno, come un puzzle che costruisci pezzo per pezzo. Se devo avvicinarmi a qualcuno diciamo che oggi mi sento un po’ un Gasperini“.
Il Palermo di quest’anno in Serie B? Ti aspettavi di più o è in linea con le tue aspettative? E il Genoa? Può davvero ambire alla Serie A?
“Quest’anno al Palermo manca qualche punto ma per il momento siamo in linea. Questo è quello che i rosanero devono fare quest’anno, si pensa alla salvezza e a rimanere in categoria, se poi si pensa a tutte le vicende che ci sono state in questo avvio di stagione, diciamo che i risultati sono sufficienti. Il Palermo l’ho visto dal vivo spesso, alterna buonissimi momenti a partite tipo Modena, ma quello che posso dire è che per adesso va bene così, la macchina è nuova e deve fare il rodaggio, dall’anno prossimo si può puntare a qualcosa di più. Sul Genoa non c’è molto da dire. É uno squadrone e sono convinto che vincerà il campionato senza grandi problemi e in maniera tranquilla, scalzando a breve il Frosinone“.
Cosa aspettarsi dal Galeoto del futuro? Ti vedrai ad allenare in giro per l’Italia?
“La risposta è molto semplice, ci sono solo due alternative. Sono contento e soddisfatto di quello che sto facendo con la mia Scuola Calcio, mi diverto e ci metto tanta passione, sono convinto di rimanere e continuare a crescere. Solo una cosa potrebbe farmi cambiare idea: una chiamata del Palermo, se arriva vado subito, ad occhi chiusi. Al momento non c’è stato nulla ed è anche uno dei motivi che mi hanno portato a costruire la mia scuola, ma al Palermo non si può mai dire di no. Mi aspettavo magari una chiamata è vero, ma i colori non si cambiano mai, il tifoso è e rimarrà sempre tale”.