ESCLUSIVA PSB – Tutino: “Sono pronto per giocare e affermarmi in Serie A. Cosenza è casa mia, Viali e Caserta faranno strada”
L'attaccante in esclusiva ai nostri microfoni
In Italia, sosteneva nel 1963 Pier Paolo Pasolini, il calcio “non ha ancora avuto l’onore di un interesse intelligente”. Pochi erano gli sforzi di comprendere quello che, secondo l’iconico scrittore bolognese, era un vero e proprio linguaggio, un sistema di segni in cui i cifratori erano – e sono – i calciatori. Attraversare il calcio, dunque, porta a intercettare tante cose oltre i momenti di una partita, perché è analizzandone ogni manifestazione che se ne potrebbe – e dovrebbe – cogliere l’essenza. Il gioco di Eupalla, la divinità che secondo un’altra eccellenza come Gianni Brera protegge e ispira lo sport che tutti amiamo, consente (o consentirebbe) di collezionare sensazioni ma, al contempo, comprendere molte più cose che la patina generata dalla superficialità porta a intercettare. Gennaro Tutino, per dare applicazione al discorso, personifica una dissertazione troppo più ampia rispetto alle semplici sottolineature sul rendimento. Nato con il tocco di luce che non si poggia su tutti, anzi; cresciuto tra sfide, cadute, risalite, sogni, obiettivi; salito agli onori della ribalta, entrato a pieno titolo nella storia del Cosenza, ripetutamente portato a mordere la vita, perché per un atleta è impossibile – o quasi – isolare quest’ultima dalla carriera. Raggiunto in esclusiva dai nostri microfoni, l’attaccante classe ’96 ci ha concesso di toccare tanti – interessanti – temi.
La stagione del Cosenza non è stata lineare: fino a dicembre avete flirtato con i playoff, per poi vivere mesi complicati e, dopo il KO in casa con il Brescia della trentunesima giornata, ritrovarvi addirittura a pari punti con lo Spezia quintultimo. Scricchiolii che avete nettamente sanato nelle ultime uscite, dove i tuoi gol (in sette match consecutivi, ndr) e il lavoro dell’intero gruppo-squadra vi hanno portato a terminare il campionato solleticando nuovamente le zone altissime di classifica. Come hai e avete gestito emotivamente tutto ciò?
“A mio avviso, tenendo in considerazione i valori della squadra, avremmo potuto fare qualcosa di più. Il nostro è stato un campionato con alti e bassi, sono contento perché ci siamo salvati ma, secondo me, quello avrebbe dovuto essere l’obiettivo minimo, per la qualità dei giocatori e il calcio mostrato, nell’ultimo periodo così come durante la gestione di mister Caserta. Abbiamo sempre cercato di giocare a calcio, provato a imporre le nostre idee, pur avendo poi avuto dei problemi. Ci siamo ritrovati in una situazione di classifica complicata, c’è stato l’esonero del tecnico, è arrivato Viali che è stato molto bravo a farci ritrovare il filo, perché inizialmente forse non abbiamo assorbito l’avvicendamento in panchina. Il lavoro fatto è stato poi importante, il mister ci ha tolto quella pesantezza che inevitabilmente si genera quando ci si ritrova in determinate situazioni, e siamo poi riemersi”.
Hai menzionato il vostro gruppo, che – nel momento dell’esonero di Caserta – ha dimostrato notevole umanità e professionalità, ringraziando lo staff oltre che il tecnico, una cosa che nel calcio non è all’ordine del giorno.
“Il nostro era un gruppo molto legato a Caserta, l’ho sempre detto, così come al suo staff. Siamo stati presi alla sprovvista quando è stato esonerato, il mister è bravo, al momento dell’addio eravamo a tre punti dai playoff e con quattro lunghezze di vantaggio sui playout, mancavano ancora 7-8 giornate, sapevamo che il percorso non fosse stato fino a quel momento molto positivo ma avevamo la convinzione di potercela giocare. Non ce l’aspettavamo, abbiamo avuto bisogno di metabolizzare la cosa. Non conoscevo mister Viali, alcuni dei miei compagni avevano già lavorato con lui l’anno prima, e posso dire di aver trovato un allenatore che, così come Caserta, secondo me farà strada. Ritengo entrambi bravissimi. Viali ha preso una squadra con determinate difficoltà mentali ed è stato bravissimo, soprattutto in queste cose si vede la bravura di un tecnico”.
Entriamo nell’analisi della tua stagione. La prima considerazione che ti chiedo di commentare è la seguente: osservando le partite del Cosenza emergeva in maniera netta e fragorosa la percezione che tu fossi il trascinatore tecnico e attitudinale della squadra. Sembra quasi che i tuoi compagni ti abbiano scelto. È un’investitura che hai avvertito?
“Anche se in modo diverso da quest’anno, mi sono sempre sentito un leader tecnico, in qualsiasi squadra dove ho giocato. Il primo anno a Cosenza, a Salerno quando ho vinto, ovunque. In questa stagione, secondo me, sono cresciuto tanto sotto l’aspetto caratteriale, in termini di rapporto con i compagni di squadra più giovani, di gestione di determinate dinamiche di gruppo, e altro ancora. Sono cose che si acquisiscono con il tempo. Sapevo, conoscendo la piazza, di dover andare il mio contributo in misura maggiore, in campo così come fuori. Tutto è venuto in maniera naturale, ho sempre pensato a lavorare alacremente, con applicazione, facendo le cose per bene. Sentivo come i miei compagni riconoscessero tutto ciò, dunque avevo e avvertivo una responsabilità in più”.
Il tuo 2024 ha poco senso e tanta impetuosità, e non è una questione che riguarda unicamente i gol, perché nelle tue partite c’era tutto: ferocia, qualità, giocate associative, resistenza, attitudine. Il primo punto in merito che vorrei toccare è quello tattico: la tua è una mescolanza unica dell’anima del centravanti con quella dell’aratore di fascia, in pratica tra le tue origini calcistiche e la tua evoluzione. Osservandoti si percepisce la tua comodità nel giocare come riferimento offensivo, però non accetti alcun compromesso con la staticità del ruolo.
“Nasco esterno, ho fatto tutta la trafila del settore giovanile con questi compiti, cosa che poi non è cambiata in alcune esperienze tra i professionisti come Empoli e Parma. Ti dirò, è una posizione che oggi non metto in cima alla mia lista delle preferenze. Ho capito che, per le mie caratteristiche, riesco a determinare maggiormente giocando vicino la porta. Il gol di Ascoli, così come quello contro la Reggiana, sono giocate che a quaranta metri dalla porta non avrei potuto fare. Parliamo di colpi che ho sempre avuto, anche da piccolo, ma oggi mi sento davvero forte negli ultimi venti metri: se prendo una palla in area di rigore oppure appena fuori, so di avere il gol in canna, nella mia testa penso di segnare prima ancora di colpire la sfera. Chiaramente capitano situazioni in cui mi apro per ricevere palla defilato, oppure mi abbasso, insomma interpreto la circostanza in maniera dinamica, sono cose che faranno sempre parte del mio bagaglio. Ad ogni modo, come dicevo, percepisco di essere cresciuto davvero tanto in area di rigore. Ho costantemente aggiornato il mio modo di giocare. Faccio un esempio: a Salerno giocavo proprio punta centrale, ma era un calcio fatto di transizioni e contropiedi, mentre oggi so comportarmi come riferimento contro una squadra chiusa, che magari difende con un blocco basso e concede unicamente scelte spalle alla porta. Come dicevo, dentro di me restano dribbling, sterzate, corse lungo la fascia, ma sono tutte dinamiche che mai abbandonerò in virtù del percorso che ho avuto”.
Arriva poi la questione mentale. Durante la tua parentesi a Empoli, correva l’anno 2020, dopo un gol all’ultimo minuto contro il Pisa, la prima cosa che dicesti nell’intervista a bordocampo fu: “Il giocatore determinante lì fa gol”. Oggi, dunque, è questa la condizione che avverti?
“Ricordo quel gol e quel momento, fu tutto bellissimo. Oggi mi sento il giocatore che ho sempre pensato di essere. Ritengo di aver acquisito notevole mentalità, so di poter incidere, ho piena consapevolezza delle mie possibilità di determinare. Mi sento fortissimo, ma so che non basta riflettere su determinate cose, bisogna lavorare duramente, curare il proprio corpo, avere sempre il giusto atteggiamento, tanto in settimana quanto in partita. Tutti step, questi, fatti nel corso della mia carriera, che oggi mi portano, tra l’altro, ad avere questo modo di pensare. C’è chi mi dice che mai si sarebbe aspettato che io potessi fare venti gol, ma io rispondo ribaltando la cosa: avrei dovuto farne trenta. Sapevo di poterci arrivare (considerando il numero di pali e traverse, la considerazione di Gennaro è legittima, ndr)”.
Il tuo percorso ti ha visto cambiare tanto, tastare piazze con diversi approcci al calcio e provare sensazioni tanto dolci quanto sgradevoli. Personalmente ho sempre avuto la sensazione che tu stessi cercando qualcosa, probabilmente una forma di stabilità che mancava, come se le tue scelte dipendessero fortemente anche dalla questione umana.
“Penso che ogni calciatore abbia bisogno di un ambiente sano. Nel caso specifico, i giocatori estrosi come il sottoscritto necessitano in particolar modo di affetto, fiducia e serenità. Ritengo che tutto ciò sia normale. Detto ciò, dopo le parentesi avute a Parma e Palermo ho ritenuto centrale, nella mia scelta successiva, la componente tattica. Cosenza era casa mia già prima di tornare, ma ho posto alla base della decisione un discorso di campo. Come dicevo pocanzi, oggi so di poter rendere al meglio delle mie possibilità giocando in una determinata maniera, cosa che qui si è realizzata e sviluppata”.
La domanda sul futuro è inevitabile, ma al contempo lo sarebbe anche la risposta, perché il tuo amore per il Cosenza che mai hai nascosto dietro dichiarazioni di circostanza va necessariamente affiancato dalla consapevolezza di dover dialogare con il Parma. La pongo, dunque, in maniera differente: cosa cerchi in questa fase per la tua carriera? Il tuo livello di calcio è altissimo, così come ragguardevoli sono gli attestati di stima che stai meritatamente ricevendo.
“So di essere maturato, mi sento pronto e forte per poter fare quello che non sono riuscito a fare, eccezion fatta per i mesi all’Hellas Verona, ovvero giocare e affermarmi in Serie A. Questo è ciò che voglio oggi. Sono molto legato a Cosenza e al Cosenza, chiunque non può che confermare, ma parlo da giocatore e da ragazzo che vuole dimostrare di poter fare sempre meglio. Ho segnato venti gol in Serie B? Desidero farne 10-15 anche in A. Ho tanta fame, punto a incasellare il mio talento anche al vertice della piramide del calcio italiano”.