ESCLUSIVA PSB – Mignani: “La Pianese ha creduto in me. Il Cesena di mio padre non ha paura. Dico una cosa su Shpendi”
L'attaccante in esclusiva ai nostri microfoni

Foto: US Pianese
Sostiene Pereira, memorabile romanzo di Antonio Tabucchi, concede spazio alla teoria della confederazione di anime di Théodule Ribot e Pierre Janet, secondo cui è un’illusione credere che la nostra natura sia unica, granitica e impenetrabile, dato che la realtà dei fatti risiede in un io-egemone, deputato a supervisionare la molteplicità di anime – appunto – che ci contraddistingue. Guglielmo Mignani, oggi, è uno dei talenti più dirompenti dell’intera Serie C, dove sta giocando molto bene e segnando tanto con l’ottima Pianese di Alessandro Formisano (allenatore di cui sentiremo parlare), eppure ce ne sono state tante versioni: delusa, speranzosa, resiliente, contenta, ferita. L’attaccante classe 2002 è anagraficamente giovane ma, al contempo, già in grado di poter spiegare quanto e come il calcio sia un flusso di eventi spesso di opposta natura, motivo per il quale la resilienza è una dote da mescolare con la passione verso ciò che si fa. Il Guglielmo odierno è un ragazzo solare, decisamente a modo, motivo per il quale è intuitivo pensare che sia stato magnificamente educato dai suoi genitori. Ecco, la famiglia. Il cognome Mignani evoca inevitabili ponti con la Serie B, dove il padre sta guidando con estremo profitto il Cesena. Intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni, sono stati diversi i temi trattati con il ragazzo.
Guglielmo, il primo intento del sottoscritto è sgrassare la Pianese dalla sottovalutazione mediatica che una categoria così sovrappopolata come la Serie C comporta. Nonostante le ultime uscite, dove tra l’altro – soprattutto con il Rimini e nel secondo tempo di Gubbio, mentre è difficile commentare le condizioni climatiche in cui si è giocata la partita contro la SPAL – avete come sempre messo in campo la vostra identità, siete una delle squadre più convincenti del Girone B. In quanto eroe della scorsa stagione e trascinatore in questa, qual è la tua valutazione in merito?
“Stiamo facendo un campionato importantissimo, secondo me nessuno si sarebbe aspettato di fare così bene, ma sin da luglio abbiamo percepito qualcosa di speciale nell’aria. Soprattutto noi reduci dall’anno scorso, così come Fabio Prosperi, l’allenatore con cui abbiamo trionfato in Serie D e cominciato questa stagione, eravamo consapevoli di avere basi importanti e solide. Dopo un buon girone d’andata è arrivato mister Formisano, che sin da subito ci ha dato una grande mano per ritornare in auge dopo un periodo di flessione. Il girone di ritorno è stato, finora, incredibile. Siamo reduci da tre sconfitte, ma le prestazioni sono state comunque positive. Detto ciò, ritengo che alla fine del campionato avremo raccolto quanto meritato”.
La Pianese è una società che sta costruendo le proprie fortune sulla proposta, con un allenatore che vede il gioco come mezzo per arrivare al fine e l’identità poc’anzi menzionata come arma contro status, curriculum e cognomi. Che ruolo senti di avere in quest’orchestra?
“Ho percepito grandissima fiducia nei miei confronti. Ho deciso di restare qui perché il direttore e l’intera società mi hanno fatto capire con estrema convinzione di voler puntare su di me anche in Serie C, dove non avevo mai giocato. Cambiare categoria non è mai scontato, è un salto che porta con sé tante incertezze, ma la Pianese ha creduto e crede nel sottoscritto, motivo per il quale cerco durante ogni allenamento e partita di ricambiare la fiducia che ho menzionato in apertura. Abbiamo un’identità molto marcata, con un modo di giocare ben preciso, sappiamo cosa fare e, secondo me, tutti riconoscerebbero la nostra squadra anche senza la divisa societaria. Tutto ciò grazie, ribadisco, all’identità confezionataci addosso dal nostro allenatore”.
La tua carriera è sempre stata contrassegnata dal cambiamento, dalla ricerca di nuovi stimoli e di opportunità per crescere. Ti chiedo, in primis, se questo è il punto più alto finora raggiunto e, successivamente, in che fase senti di essere.
“Penso che si possa sempre migliorare, sia umanamente che calcisticamente. Questo è senza alcun dubbio il miglior momento della mia carriera, perché al primo anno di Serie C ho raggiunto e superato la doppia cifra, ma non ho intenzione di fermarmi. Lavoro ogni giorno per migliorare ogni aspetto del mio gioco, così come la tenuta mentale, che oggi è un fattore di rimarcabile importanza. Spero di continuare a crescere, affinché la prossima stagione sia migliore di questa, e così via”.
Sei un attaccante energico, dinamico, abile nell’attacco della profondità, in possesso di una notevole rapidità di esecuzione e, a detta del sottoscritto, netti e costanti miglioramenti nelle giocate associative. C’è un giocatore in particolare al quale ti ispiri?
“Sono cresciuto osservando due attaccanti della Nazionale italiana. Mi ispiro tantissimo a Ciro Immobile che, come me, probabilmente non aveva grandissime doti tecniche, ma era fenomenale nell’attacco dello spazio e della porta. L’ho sempre visto come un riferimento, e al contempo ho un debole per Belotti, che forse avrà caratteristiche diverse dalle mie, ma di cui ho sempre apprezzato la cattiveria agonistica e il lavoro che è in grado di fare per la squadra. Detto ciò, in questo momento il mio calciatore preferito è Lautaro Martinez: mi emoziono ogni volta che lo vedo giocare”.
Il tuo cognome crea un inevitabile e rapido collegamento con la Serie B, dove tuo padre è senza alcun dubbio uno dei tecnici più affermati. La prima domanda in merito, augurandomi di non essere invadente, è questa: che rapporto calcistico c’è tra di voi?
“Abbiamo un bellissimo rapporto, sia umano che calcistico. Siamo l’uno il primo tifoso dell’altro. Guardo ogni partita del Cesena, e lo faccio con la stessa intensità di quando gioco, perché è difficile spiegare quanto tenga a mio padre. Discorso analogo quando è lui a vedere me. Parliamo tanto, cerco di dargli consigli e, al contempo, solleviamo reciproche critiche, ovviamente costruttive, quando necessario (ride, ndr). Bastone e carota in base alle situazioni, per intenderci. Se la mia prestazione non è stata positiva, mio padre non ha alcun timore di dirmelo, ma lo stesso vale per me”.
Cosa ti dice più spesso quando commenta le tue partite?
“Lui è un ex difensore, motivo per il quale mi dice sempre che l’attaccante è il ruolo più bello del mondo. Bisogna stare sempre sul pezzo, perché una partita giocata male per ottantanove minuti viene riscattata da un gol al novantesimo”.
Che opinione hai maturato del Cesena di quest’anno?
“Il Cesena mi diverte. C’è una cosa che spesso ribadisco: forse il Bari di mio padre era più compatto e tosto, mentre ogni volta che guardo i romagnoli mi diverto, perché creano tante occasioni ma, al contempo, si espongono a subire le sortite degli avversari. Non ci si annoia mai, insomma. È una squadra sbarazzina, divertente, molto bella da vedere. Mi piace, lo dico con sincerità. Il Cesena può vincere e perdere con tutti, è una formazione che lascia incollati al televisore”.
C’è un calciatore dei romagnoli che ti ha particolarmente impressionato?
“Assolutamente sì, mi ha impressionato Cristian Shpendi: l’ho conosciuto di persona, ha delle doti incredibili e, al contempo, è un bravissimo ragazzo. Aggiungo: non mi addentro in alcun tipo di paragone, ma su qualcosa, in termini di stili di gioco, forse ci assomigliamo. Lui è molto più forte di me, parlano i numeri e le prestazioni, mi piace veramente tanto”.
Chiudiamo così: cosa auguri a te e a tuo padre?
“A mio padre auguro di fare da allenatore ciò che ha fatto da calciatore: vincere in tutte le categorie, fino ad arrivare in Serie A. Il suo percorso in panchina è cominciato in D, è stato promosso in C, dove ha vinto il campionato, ed è arrivato a pochi centimetri dalla massima serie con il Bari. Il mio desiderio più grande, dunque, è che riesca a trionfare anche in Serie B. Per quanto riguarda il sottoscritto, voglio unicamente continuare a scandagliare il percorso intrapreso, senza fare voli pindarici. Guardo alla prossima partita, giocheremo contro la Torres, non riesco né è mia intenzione agire diversamente. Devo lavorare, punto. Il calcio non ha memoria: poche partite sotto la sufficienza bastano a vanificare tutti i successi raggiunti precedentemente”.