3 Ottobre 2024

ESCLUSIVA PSB – Nico Erbaggio: “Vergara? Nel settore giovanile aveva colpi incredibili. Su Ambrosino e Sgarbi…”

Il giornalista in esclusiva ai nostri microfoni

Foto: AC Reggiana 1919

La sua è stata, per anni, la voce del settore giovanile del Napoli con i colleghi di “Gol del Napoli“. Per chi ne ha seguito il percorso, Nico Erbaggio ha, contestualmente, consegnato stupendi pomeriggi a tanti tifosi in giro per la Campania, regione dove le sue telecronache sono oramai un riferimento tali da averlo reso, a detta di chi scrive, uno dei cantori del fútbol più talentuosi tra i tanti sparsi nel Mezzogiorno. Giornalista per Planet Web TV e addetto stampa del Pompei, ambiziosa compagine militante in Serie D, è attraverso lui che abbiamo costruito un ponte con il passato di alcuni talenti cresciuti all’ombra del Vesuvio ed emigrati altrove – nella circoscrizione Serie B – per sbocciare definitivamente.

Nico, nel tuo percorso da voce del settore giovanile del Napoli hai incrociato tantissimi talenti desiderosi di trasformare il proprio sogno in piacevole e quotidiana realtà. Tra questi c’era Antonio Vergara, che ora sta facendo benissimo con la Reggiana.

“Quando ho iniziato a seguire il settore giovanile del Napoli, Vergara giocava nell’Under 15 dei partenopei, la categoria – tra quelle che monitoravamo – con i ragazzi, che in realtà erano dei bambini, più giovani. Antonio era minuscolo, piccolo, un ragazzino di quelli che dovevano ancora formarsi fisicamente. Questo tratto genera la prima considerazione, dato che i suoi coetanei più strutturati fisicamente facevano inevitabilmente la differenza, ed è questo un modus vivendi molto presente nei vivai italiani, dove si rincorre il risultato immediato. A titolo di esempio, menziono un compagno di squadra di Vergara in quel Napoli, Antonio Pesce, un attaccante del 2004, dunque sotto-età, che aveva già la barba e segnava tre gol a partita. Dopo non ha avuto la stessa traiettoria (ora gioca nel Cervinara in Eccellenza, ndr) di Vergara, che sembrava un bambino ma era già in possesso di grandi qualità tecniche e notevole intelligenze. Era uno di quei ragazzini che alla prima osservazione ti portano a dire ‘questo è giocatore’. Non è mai stato un goleador, ma aveva dei colpi incredibili. Successivamente, vissuta la fase dello sviluppo fisico, ha avuto una crescita che, secondo me, era visibile già in quegli anni. Non mi aspettavo, a onor del vero, un impatto così immediato in Serie B, soprattutto dopo un infortunio al crociato, per quanto sia sempre stato nei miei pensieri il fatto che potesse raggiungere un livello molto alto. Immagino un percorso un po’ più lento, invece sta già facendo cose importantissime”.

Altro talento di cui sei stato cantore è Giuseppe Ambrosino, ora al Frosinone dopo aver vissuto già diverse tappe in Serie B. A detta del sottoscritto, parliamo di un giocatore dall’impatto notevole in Primavera ma che, probabilmente, aveva e ha bisogno di un percorso con qualche tappa intermedia per completarsi.

“Ricordo Ambrosino in Under 15 e Under 16, dove non era un titolare fisso e viveva una costante alternanza con Paolo De Simone, che non ha avuto lo stesso tipo del percorso e che ho incrociato nella stagione 2021-2022, quando era aggregato alla Juniores Nazionale del San Giorgio, in Serie D (dal web le ultime informazioni sul ragazzo raccontano di un passaggio, nell’annata 23-24, nel San Valentino 1975, compagine militante in Promozione). Questo aiuta a comprendere come ci siano dei calciatori che necessitano di fare un certo tipo del percorso, che va rispettato e preso per quello che è. Servono pazienza e consapevolezza che, per tirare fuori qualcosa, siano fondamentali gli step giusti. Ambrosino è senza alcun dubbio una personificazione del concetto. Quando l’ho seguito dall’esterno, parlo dell’anno in Primavera in cui è esploso, non mi aspettavo un simile rendimento, proprio perché veniva da annate non aveva fatto la differenza come poi è stato proprio nel massimo livello del calcio giovanile italiano. Ritengo che ci siano dei calciatori che a 15-16 anni non riescono a brillare tecnicamente rispetto ai compagni, ma a quell’età comincia a subentrare un fattore cruciale, ovvero la testa, che declina poi la cultura del lavoro e la mentalità. In questi ragazzi così giovani, tra l’altro, incide ovviamente il contesto familiare, che può facilitare o rallentare la crescita umana, che il più delle volte si traduce in un’ascesa tecnica. Con questo non voglio sostenere di conoscere la famiglia di Ambrosino, faccio ovviamente un discorso generale. Ci sono dei calciatori che, quando li ho rivisti a certi livelli, mi hanno sorpreso. Uno di questi, a titolo di esempio, è Zanoli, che in Primavera forse non era tra i primi dieci terzini destri del campionato. Quando poi è arrivato in Serie A ci sono un po’ rimasto, ma dopo averlo visto giocare ho capito la ratio di quel salto, in quanto era cresciuto fisicamente e atleticamente. Forse, aggiungo, un osservatore mi avrebbe corretto, facendomi notare cose che già si intravedevano nel settore giovanile. Evidentemente questo criterio può essere applicato anche ad Ambrosino che, ad ogni modo, secondo me necessita di un percorso un po’ più lento e graduale rispetto a Vergara, che mi sembra già più che pronto: bello da vedere, tecnico, si inserisce. Mi ricorda Zielinski, è davvero un bel calciatore. Tra i due, se dovessi sceglierne uno per un successo non immediato ma comunque a breve termine, punterei su Antonio”.

Il terzo profilo di cui vorrei chiederti è Lorenzo Sgarbi, che dopo aver fatto molto bene in Serie C con l’Avellino è approdato in quel di Bari.

“Sgarbi è arrivato dopo a Napoli, non ha fatto tutta la trafila del settore giovanile all’ombra del Vesuvio. Quando scendeva in campo con i pari-età 2001, era un giocatore tra quelli più strutturati, non a caso la squadra giocava sempre palle lunghe per lui, che le prendeva tutte in qualsiasi modo, era assolutamente inarrestabile e faceva la differenza. Detto ciò, le cose migliori, secondo me, le ha fatte vedere quando giocava sotto-età, dunque con i 2000, cosa che accadeva spesso. Lì si è visto che tipo di calciatore fosse, perché oltre le doti fisiche era necessario altro, e nel bagaglio di Sgarbi non mancano altre cose rimarcabili: è molto tecnico, ha buonissima qualità, è intelligente e propenso al sacrificio. In questi anni è stato fortemente frenato dagli infortuni, ma ho avuto modo di vederlo ad Avellino e devo dire che mi ha impressionato tantissimo. Ho rivisto un giocatore molto forte, mi ha dato l’impressione di non avere nulla a che vedere con la Serie C. Avrebbe forse potuto fare questo step 2-3 anni fa, ma i problemi fisici già menzionati hanno avuto un peso in questi rallentamenti. Ora è nel percorso, e gli auguro di continuare così perché, ribadisco, per me parliamo di un calciatore davvero valido”.

Nico, concludiamo con una considerazione che tocca il modus operandi – in ambito di settore giovanile – della famiglia De Laurentiis, che soprintende sia il Bari che il Napoli. Tu, come ci siamo ampiamente detti, hai avuto a che fare con la cantera partenopea: che opinione hai del modo in cui viene gestita?

“Ritengo che il settore giovanile del Napoli sia molto indietro rispetto a società che in Serie A, a livello di prima squadra, sono percepite come concorrenti. Non parlo solo di Inter, Milan e Juventus, bensì di sodalizi come Atalanta, Bologna, Parma e altre, che lavorano benissimo con la cantera e sono nettamente avanti rispetto al Napoli. Questo non può essere frutto del caso, ma è una situazione figlia di precise politiche societarie e del valore che si ritiene possa avere il vivaio. Sono un portabandiera della crescita umana come motore dello sviluppo del calciatore, e a tal proposito faccio sempre questo esempio: al di sotto della Primavera, i ragazzi del settore giovanile del Napoli sono quasi tutti della zona, e seguono una routine che è praticamente identica a quella di un giovane che va a scuola calcio. Vanno a scuola o a lavorare, dopodiché fanno allenamento per poi rientrare a casa. Un giovane che, invece, da Napoli si sposta a Bergamo, va a scuola seguito dalla società, fa allenamento e rientra in convitto. È, insomma, già una quotidianità da atleta, cresce con una determinata mentalità, perché vive da calciatore H24. Questo genera un approccio alla professione che non può avere un ragazzo che prepara la borsa alle 13, va al campo e alle 17 torna a casa a fare altro. Chiaramente tutto dipende dai singoli, così come dai contesti familiari, ma si lascia decidere tutto al singolo, quando invece ci sono club che dettano la linea e guidano il calciatore. Cosa c’è alle spalle? Investimenti, ma al contempo l’importanza data al settore giovanile. Chiudo sottolineando di non voler giudicare, perché ritengo che chi è all’interno abbia sempre maggiore contezza e porti avanti delle decisioni grazie a determinati strumenti che non sono in nostro possesso, per quanto generare una propria opinione sia al contempo legittimo”.