ESCLUSIVA PSB – Reginaldo: “Parma, può essere l’anno buono. Cigarini impressionante, Bellomo da A. Su Lucarelli e Mastour…”
L'attaccante in esclusiva ai nostri microfoni
Ha duettato con Luca Toni e Adrian Mutu nella scintillante Fiorentina di Cesare Prandelli, prima di legare il proprio nome al Parma di un roccioso Cristiano Lucarelli. Senza dimenticare il suo Treviso, dove brillavano le tinte verdeoro che condivideva con Barreto. Tappe fissate su una cartina girata quasi per intero: dal settentrione al meridione, da Vercelli a Catania, passando per Monza, Siena e Reggio Calabria, senza dimenticare Pagani, Trapani e Picerno. Un itinerario lunghissimo, fiorente nella maggior parte delle esperienze vissute, guidato da un indiscutibile talento e da altrettanto desiderio di conoscere il calcio in tante sue componenti. Oggi, a quarant’anni e tante conquiste messe nell’album dei ricordi, Reginaldo è il trascinatore dell’ambizioso Real Casalnuovo, compagine della provicina di Napoli militante nel Girone I di Serie D. Intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni, il classe ’83 ci ha permesso di ascoltare con religiosa ammirazione i racconti di una carriera costellata di emozioni.
Per la prima volta nella tua scintillante carriera ti sei messo in gioco in Serie D. Che esperienza è stata finora?
“Sono veramente contento della scelta fatta, i risultati me ne stanno andando ulteriore conferma. Il Real Casalnuovo è una realtà è nuova, il percorso è partito da poco e inizialmente non c’era la certezza della possibilità di competere in Serie D. Il presidente è stato bravissimo a consentirci di giocare con questa denominazione. Risolte queste dinamiche, mi ha prontamente chiamato, con lui c’era il nostro allenatore. Stiamo facendo bene, siamo quinti e non si può non sottolineare la bontà di tale posizionamento, perché siamo partiti in netto ritardo rispetto alle altre compagini del girone, dunque era inevitabile vivere una fase di adattamento. Ci sono 4-5 elementi, compreso il sottoscritto, più esperti, che si sono messi a disposizione per dare il proprio contributo in questo percorso”.
Questa parentesi è unicamente una tappa in più oppure si inserisce in un discorso più ampio riguardante il tuo futuro?
“Sapevo di dover fare qualcosina in più anche fuori dal campo, dato che sono il più grande d’età del gruppo. So quello che posso dare all’interno del rettangolo verde, ma è mio compito trascinare in senso lato i miei compagni, cui dico sempre che l’allenamento quotidiano va fatto al massimo dell’intensità e della concentrazione, siamo pagati per dare tutto. Mi ha fatto tantissimo piacere essere reso parte di questo progetto, sono stato pienamente coinvolto da parte degli uomini del club per fare in modo che al gruppo non mancasse niente sin dall’inizio. Mi sento importante anche su questo aspetto. Avevo altre richieste, ma ho scelto di venire qui perché quando ho parlato con queste persone ho subito avvertito grande fiducia, così da potermi permettere di avere voce non solo sulla parte più nota del nostro lavoro”.
Tra le tante tappe dove hai brillato e inciso c’è indubbiamente Parma. Un biennio intenso, con luci e ombre, dato che fu caratterizzato dalla retrocessione in B e la rapida risalita in A. Che ricordi hai della piazza gialloblu?
“È stata una parentesi bellissima. Quando arrivai la squadra era forte ma il gruppo non era unito, motivo per il quale purtroppo arrivò la retrocessione. Fui chiamato dal Torino e da altre ottime squadre di quegli anni, ma dissi al mio procuratore di voler restare a Parma, perché mi sentivo in colpa per la discesa in Serie B. Sapevo che la società avrebbe provato a risalire subito, basti pensare che dopo le prime uscite con Cagni in panchina arrivò Guidolin, e uno come lui in cadetteria già fu un segnale molto forte. Desideravo dare il mio contributo per riportare i Ducali nel calcio che conta, perché era lì che una simile piazza merita di stare. Conseguito ciò, mi sentii a posto con la coscienza e feci la scelta di andare via”.
Nel tuo Parma sgomitava Cristiano Lucarelli, che fino a poche settimane fa guidava la Ternana, per poi ripartire da un’altra piazza affascinante come Catania. Immaginavi per lui un futuro da allenatore?
“Assolutamente sì, perché era già un allenatore in campo. Vedeva il gioco, era un attaccante molto coinvolto, si muoveva in maniera perfetta. Ritengo che abbia fatto bene nei suoi primi anni a Terni, è stata un’esperienza che complessivamente gli sarà servita, a mio avviso farà bene in quel di Catania. Secondo me può arrivare ad allenare le grandi squadre, per la personalità che ha e per il modo in cui lavora. Alcuni miei ex compagni l’hanno avuto come allenatore a Terni e me ne hanno parlato veramente bene. Gli auguro di fare una grande carriera”
Il tuo primo anno di Parma è coinciso con l’ultimo di un giovanissimo Luca Cigarini, oggi in B con la Reggiana. Che giocatore era e che ricordo hai di lui?
“È stato uno dei calciatori tecnicamente più impressionanti che abbia mai visto. Mi piaceva davvero tantissimo, ero convinto che potesse giocare ancora più anni in Serie A. È un bravo ragazzo e in campo dava il massimo, oltre a godere di una tecnica di calcio incredibile. È ancora lì a battagliare ad alti livelli, in Serie B, spero che possa continuare così quanto più a lungo possibile”.
Come valuti il Parma attuale?
“Parliamo di una squadra alla terza stagione consecutiva in Serie B, ma ritengo che l’aggiunta di quest’annata sia stata aver inserito calciatori mirati, di categoria. Vincere il campionato cadetto non è semplice, bisogna adattarsi alle difficoltà di un torneo dove le richieste tecniche, tattiche e atletiche sono importanti. Nell’organico attuale dei Ducali sono presenti giocatori di qualità e, al contempo, quantità, fattispecie necessaria per competere contro compagini che sono tutte attrezzate e complicate da affrontare. Penso che questa essere la volta buona, mi auguro che sia così perché parliamo di una realtà con una struttura complessiva tale da non poter restare in B”.
Nell’annata alla Reggina hai spesso condiviso squisiti duetti dal talento sopraffino con Bellomo, ora al Bari. Che giocatore e che compagno di squadra è?
“Un giocatore fortissimo, con qualità tecniche notevoli e anche fisicamente ben strutturato. È pigro (ride, ndr), corre solo quando ha voglia, e questa era una cosa che gli facevo sempre notare. Così come nel caso di Cigarini, anche Nicola avrebbe meritato di stare molti più anni nel calcio che conta. Si parlava della sua testa, ma nella stagione che abbiamo condiviso io ho vissuto un Bellomo completamente diverso da come lo raccontavano, non ha mai manifestato alcun atteggiamento sbagliato, anzi è sempre stato tranquillo. Spero che riesca a continuare a giocare ad alti livelli, che sia in Serie B così come in A, perché sono del parere che possa tranquillamente militare in squadre come il Verona o comunque di quel livello”.
Data l’ampiezza e la profondità del tuo vissuto, sorge in maniera quasi spontanea una curiosità su un tuo ex compagno di squadra, anche in questo caso in quel di Reggio Calabria: Hachim Mastour. La narrazione che ne ha accompagnato l’evoluzione della carriera è nota e – a detta di chi scrive – a tratti tossica, complici le accuse verso un ragazzo, prima che un calciatore, chiamato a convivere con pressioni ingestibili. Qual è la tua idea in merito, dato che per qualche mese ne hai vissuto la quotidianità?
“Un bravissimo ragazzo e un grandissimo professionista. Ha avuto tanti fari accesi su di lui sin da piccolino, questo ha portato a edificare questa concezione di fenomeno dalla tenerissima età. Sotto un aspetto tecnico è così, perché ne ho visti pochi come lui, è in grado di saltare l’uomo con il primo controllo. Probabilmente avrebbe dovuto ricevere più indicazioni sul gioco di squadra, perché lui ha questo difetto: è talmente innamorato del pallone che gioca da solo, mentre a calcio si è in undici contro unici, il collettivo – soprattutto al giorno d’oggi – è fondamentale. I primi difensori siamo noi attaccanti, ma lui ha questa pecca. Nei mesi condivisi a Reggio glielo dicevo ogni giorno, spero che abbia capito, perché per me è un calciatore che può fare cose importanti in questo sport”.
Sei ancora tecnicamente e atleticamente strutturato per incidere, ma a questo punto della tua carriera è probabilmente inevitabile capire che abito indossare in futuro.
“Ho la fortuna di lavorare con delle persone davvero bravissime, tra le quali menziono il mio procuratore Fabio Graziani. Hanno un’azienda veramente grande, con dei collaboratori competenti, e so di poter immaginare un mio futuro con loro. Detto ciò, finché gioco non desidero pensare ad altro. Quando smetterò, ad ogni modo, mi prenderò del tempo per riposare, la vita da calciatore non è comoda come viene percepita, e arrivato a quarant’anni sento i dolori in maniera ovviamente più intensa. Durante questa pausa che ho appena menzionato valuterò il da farsi, ma spero di restare in questo mondo, perché mi diverte e non voglio lasciarlo: amo lo spogliatoio, mi sento ancora un ragazzino quando sono con i miei compagni. Sollevo un altro punto: non è così scontato permanere in quest’ambiente, i dati dicono che meno del 10% dei calciatori hanno poi modo di avere una seconda carriera in un’altra veste. Mi auguro, dunque, di essere in grado di ottenere questa possibilità”.